L’ALTRA SERA, in un orario praticamente perfetto (intorno alla mezzanotte: i giovani son fuori a far movida, i vecchi sono già a letto; ergo, il film non l’ha visto nessuno), la Rai, in onore della morte di Francesco Rosi (92 anni), ha mandato in onda uno dei suoi capolavori, Le mani sulla città.
Ci vuole cognizione di causa e senso per usare, così disinvoltamente, il termine capolavoro. In questo specifico caso cinematografico però più che opportuno, è doveroso, perché quella pellicola datata 1963 (52 anni fa), aveva un sottotitolo didascalico agghiacciante: i personaggi e i fatti narrati sono immaginari; autentica, invece, la realtà sociale e ambientale che li produce.
È una storia di abusi e condoni edilizi, cementificazione selvaggia, mazzette, deturpazione ambientale. Siamo a Napoli (ma potremo essere in una qualsiasi altra metropoli italiana). Edoardo Nottola (Rod Steiger) è un costruttore e consigliere moderato di centro che vuole in tutti i modi costruire un’isola edilizia.
Durante i lavori crolla un palazzo: un bambino ci rimette le gambe. Il dolore, il sangue e la disperazione non frenano la corsa al cemento e il consigliere, grazie ad accordi politici con la destra, riesce a far eleggere sindaco Maglione (Salvo Randone), che non può che sdebitarsi nominando il suo interessato galoppino assessore all’urbanistica. La pellicola si chiude con l’inaugurazione del nuovo centro edilizio alla presenza di autorità civili ed ecclesiastiche.
In questo mezzo secolo di mezzo le cose sono andate esattamente in questo modo. Ergo, Le mani sulla città, è un capolavoro!