FRA ANONIMI, RICATTI E POI MINACCE
AGRUMIA È PROPRIO IL REGNO DELLE ERBACCE . . .?
«CORRERE la cavallina» è una delle espressioni più simpatiche che conosca. Mi ricorda, in prima battuta, non quello che di solito la gente ci vede (far del casino con le donne: che non è male, anche se le femministe se ne avranno a male – e chissenefrega!), ma il messaggio più ampio che contiene: essere liberi da qualsiasi condizionamento e pregiudizio – e oggi di pregiudizi ce ne sono abbastanza, specie nelle sinistre che un dì predicavano la liberazione e ora, al contrario, vogliono la comunione (quella dei preti rossi come il cardinal Tofani, delle toghe rosse alla Palamara e delle teste vuote – molto spesso “di minchia”).
Il mondo aglianese è fatto di cavalli di razza (magari bastarda); cavallucci di Siena & marini; cavalloni sul Tirreno a Viareggio; cavalli di Frisia per stoppare gli avversari; cavalletti per esporre, in Comune, le scritte in arabo a favore dei pakistani clandestini; cavallette politiche che schizzano di qua e di là, una volta a destra e un’altra a sinistra; cavalli dei pantaloni dentro i quali qualcuno non riesce a tener buona la bestia che vuole schizzar fuori a ogni costo; cavalline graziose (anche storne) che hanno da reclamizzarsi in Realpolitik del PDik e non solo. E infine – la peggio cosa – cavalli di Troia e, più spesso, e tantissimi, perfino di puttana.
L’Agliana dell’Anpi; dei vari Gallo, Magnanensi & Ciampolini in corsa con GdF su scooter; delle sfilate mediatiche di Libera da ciottiani; l’Agliana democratica per la pace e l’arcobaleno; l’Agliana da bere e da pere è, in realtà, perfettamente descritta nel quadro che ne fa, sotto lo pseudonimo di Agrumia, una scrittorA di nome Blimunda. Adopero scrittorA e non scrittrice perché potrebbe incazzarsi e onorarmi del titolo di “maschio alfa” lei che, progressista & progressiva, ama travestirsi da femmina alfa, dominante e mai dominata da maschi infami e traditori.
Ma in questo caso la Blimunda “azzeccòcci” nel rappresentare la Città dell’Aglio in una specie di sentina malorum omnium, ora pro nobis.
È una città, Agliana, non sotto una cupola, ma – per maggior proprietà di linguaggio e di adattamento all’àmbito espressivo – a una cappella rossa e non solo cardinalizia.
E la sua struttura amministrativo-burocratica è, vista da vicino, una specie di palazzo del Kgb come quello di San Pietroburgo, dove la leggenda metropolitana dei tempi di Stalin voleva che da lì, in sotterranea, partisse direttamente la ferrovia con capolinea in Siberia.
Dal palazzo comunale di Agliana – se quel che si racconta è vero – si va direttamente non in Siberia, ma nelle fogne, come accadde con l’episodio dell’uccisione di alcune persone – vedi 3.1 Al Cancello dei Marini in agliana. l’anpi, la liberazione e le polemiche: fate parlare i documenti da Provincialia di Arnaldo Nesti.
Fra parenti, affini, amici, consanguinei di partito, sistemati d’oro, cooptati, prescelti, graditi al signor Pd, figli del dio di sinistra, Lgbt e quant’altro, il Comune di Agliana somiglia a un caravanserraglio in cui tutto ciò che arriva finisce come lo scarabocchio di un tempo sulla vecchia cartasuga: risucchiato si espande e, per contatto, s’allarga, s’ingrossa e vola per l’aer perso (= rosso scuro) di Dante – metafora dell’Agliana da pere.
La pura razza eletta dei democratici sa, interpreta e provvede per tutto ciò che filtra dal protocollo del Comune. Così alcune cose – classificate come utili dal Kgb locale – riaffiorano, magari, in lettere anonime con cui qualche stronzo cerca di terrorizzare qualche scemo di guerra con operazioni tipo: «C’ho questo in mano (e càcciatelo in culo – n.d.r.). E c’ho anche tanta altra merda di questo tipo. O tu ti mòvi, Pallino, e fai questo e questo, o io butto tutto in circolazione, idiota!».
Altre volte il tenore è diverso. Batte su pisda & pula, in certe lingue comunistico-balcano-sovietiche – tipo il rumeno – indicanti il nostro pipi e la nostra topina. Ai comunisti piace assai intrallazzar di cazzo: da Mosca espellevano i capitalisti occidentali, nemici del popolo, mandando loro in camera le curve sovietiche, filmandoli e poi ricattandoli sul sesso. In tal caso le lettere anonime suonano più o meno così: «La tizia dell’ufficio X pipa con il tizio dell’ufficio Y» e tutto il resto in fila. Aglianesi brava gente!
Ecco la vera civiltà agrumica di cui la Blimunda fa il quadro esatto nei suoi racconti di notti d’estate e destate.
Il problema è che, nella civilissima Città dell’Aglio – quella retta, come i coglioni nel sospensorio, dalla sinistra degli ultimi 20 anni (punte minime Magnanensi/Ciampolini e soviet komissar Rino[ceronte] [nau]Fragai –, per giungere a queste minacce e ricatti, si viola la corrispondenza di terzi; si entra nelle loro caselle postali; si gattónano mail; si rubano documenti informatici del Comune e poi si piazzano come bombe a orologeria qua e là. Tipo merde di cane nelle aree di sgambatura.
Pòero don Paolo Card. Tofani che si lamenta che i suoi parrocchiani, in confessionale, gli raccontano solo d’aver messo le dita nella marmellata! I suoi compagni (di partito e di religione) pigliano per il culo pure lui: e magari vanno anche a dare una mano a Porte Aperte…
Ora riflettiamo. Un casino di queste portata e sconcezza, di chiara marca progressista antifascista, vi sembra cosa congrua per una comunità così civile come l’Agliana progressista della Noligni segretaria del Pd? O non è più degno di appartenere a una letteratura corleonese o di Scampia?
Il tutto sotto gli occhi di tutti in un Comune che – a quanto sembra – per decisione della dottoressa Domenica Morabito (miles Christi e cavaliera templare di Malta e di Cemento a difesa del Card. Tofani), avrebbe esteso munificamente le provvidenze dei buoni-spesa per i poveri, dai residenti ai domiciliati nella terra dell’Aglio.
Una determina dominicana che non si trova più in giro perché è stata eliminata dall’area dell’Amministrazione Trasparente (un corno).
Se a questo si aggiunge che a tutte le richieste rivolte all’amministrazione e al Capo dei Capi, la dottoressa Aveta, personalmente ho avuto riscontro solo ad una, mentre alle altre neppure un battito di ciglio, non sfuggirà a nessuno la ragione per la quale io, direttore di questo giornale – visto peggio del Covid-19 da GdF e compari –; io, cittadino di Quarrata, abbia invitato in privato, ma ora, col procombere degli eventi, anche pubblicamente, il sindaco Marco Mazzanti a non farsi ingannare dagli occhietti a mammola della segretaria, dottoressa Aveta.
Ella (per copiare l’ottocentesco Feltri) vorrebbe, infatti, sbarcare a Quarrata (26mila abitanti), così, per comodità (levandosi da Lamporecchio, troppo brigidinosa e lontana), quando Marco dovrà decidere chi assumere per la sede vacante in questo momento in mano alla dott.ssa Bianca Sottosanti.
Parlando, alla maniera mia, quindi molto fuori dei denti, infatti, sarei molto scontento e oltremodo contrariato se, delle mie tasse estorte da stato e Comune, anche un solo €uro all’anno finisse sul contocorrente della dottoressa Aveta, che, con i suoi comportamenti “distratti” e non di rado semplicistici, mi ha ingenerato (e non senza motivo) una argomentata opinione di scarsissima efficienza e modesta competenza in materia di segretariato comunale.
Ripeto e sottolineo quel «non senza motivo», che potrà comunque essere chiarito pubblicamente in aula ove se ne concretizzi la necessità.
Un saluto finale a tutti gli aglianesi nella speranza che riescano ad affrancarsi dai sudiciumi delle minacce e dei ricatti che puzzano d’aglio. Una verdura che fa bene alla circolazione, al cuore e che, nella cultura greca, indica (sarà un caso…?) anche l’oiseau, der Vogel, the bird, el pájaro e, in zulu, lo inyoni…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Posso farlo? Sì, per l’art. 21 della Costituzione guadagnata dai partigiani.
«Come? Al Forteguerri siete 95 professori e avete paura di una sola preside?» disse l’ispettore Luciano Favini.
Pretendeva, per levarci di mezzo la Rita Flamma, non la realtà fattuale, tutta dimostrata, ma almeno un 20 firme di scontenti onde nascondersi dietro il groppone di altri e non avere problemi con i comunisti ciggiellini che la proteggevano: mentre noi riuscimmo a trovarne solo 5 (bei docenti e formatori di giovani, eh?, al glorioso Classico pistoiese!).
Un’altra volta, magari, vi scrivo anche i nomi di coloro che firmarono senza paura di ricatti – che in séguito, regolarmente, ci furono.
Poi “se mi gira il buccino” vi pubblico gli atti dell’ispezione e vedrete che liberal-democrazia quella dei signori comunisti pistoiesi!
One thought on “agliana in metafora. CAVALLI, CAVALLUCCI DI SIENA & MARINI, CAVALLONI, CAVALLI DI FRISIA, CAVALLETTI, CAVALLETTE, CAVALLI DEI PANTALONI, CAVALLINE (ANCHE STORNE) E CAVALLI DI TROIA”
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