PISTOIA. Un lavoro di livello europeo, accolto dal plauso unanime della critica, arriva al Teatro Manzoni di Pistoia dal 9 all’11 dicembre (festivi alle 21, feriali alle 16): Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo nella particolare rilettura di Antonio Latella e prodotto da Teatro di Roma – Teatro Nazionale, è un’anteprima ideale a Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017.
Con il progetto drammaturgico di Linda Dalisi, le scene di Simone Mannino e Simona D’Amico, i costumi di Fabio Sonnino, le luci Simone De Angelis e il suono Franco Visioli, il testo eduardiano torna in scena sotto l’attenta regia di Latella che tende a portare allo scoperto i significati del ‘sottotesto’ con una dirompente carica innovativa. In scena 12 attori, tra cui molti collaboratori storici del regista napoletano, a partire da Francesco Manetti, nella parte di Luca Cupiello.
Nuovamente in scena al Manzoni Monica Piseddu (Premio UBU 2015, Premio della Critica Anct 2015, Premio Hystrio 2016), stavolta nella parte della moglie Concetta. A questi si aggiungono: Lino Musella, Valentina Acca, Francesco Villano, Michelangelo Dalisi, Leandro Amato, Giuseppe Lanino, Maurizio Rippa, Annibale Pavone, Emilio Vacca, Alessandra Borgia.
Tra gli altri premi: il prestigioso Le Maschere del Teatro Italiano 2015 per la Miglior Regia, il Premio della Critica Anct 2015 e il premio Nico Garrone 2016, tutti attribuiti ad Antonio Latella, recentemente nominato direttore della sezione Teatro della Biennale di Venezia.
In occasione dello spettacolo, per il ciclo “Il teatro si racconta”, la compagnia incontrerà il pubblico sabato 10 dicembre (17:30) al Saloncino Manzoni (Corso Gramsci 131); a condurre l’incontro sarà il critico di teatro Graziano Graziani.
Antonio Latella incontra per la prima volta il teatro di Eduardo e ritorna alle sue radici napoletane. Un classico, capolavoro di “amarezza dolorosa”, che il Latella reinterpreta attraversando l’eredità di Eduardo come autore, artista e personaggio, dal respiro europeo.
Un’eredità che ha il suo filo conduttore nello studio e nel confronto con la tradizione alla ricerca di forme nuove, affrancate dalla riproduzione e dai condizionamenti.
Domina e sottende Natale in casa Cupiello la ricerca continua di un dialogo tra lingua italiana e napoletana, non dimenticando mai il confronto tra tradizione e riforma, radici e trasformazione, origini e innovazione. Proprio nella lingua risiede l’omaggio di Latella all’ “Eduardo” artista e uomo, drammaturgo di portata europea.
Mentre la conquista di quello “spostamento” dalla tradizione come eredità, si manifesta e si dispiega nella drammaturgia “visiva” che si concentra sul Presepe. Il Presepe è corpo, voce, parola, sguardo, è l’animale chiuso in ogni personaggio, è il dono che ogni personaggio porta al suo Creatore.
“La stella cometa non porta nessuna buona notizia, non mi interessano i buoni sentimenti – afferma il regista – Luca Cupiello insegue la stella come le pale di un mulino a vento. Lievita in assenza di concretezza e si riduce ad un dolore fasciato di pelle e ossa; un pater fuori ruolo che parla un’altra lingua e si muove in un altro modo. La stella cometa illumina un presepe dietro il quale abbiamo messo tutto quello che non vogliamo vedere o che non vogliamo accettare, mentre arrivano le feste.
La famiglia e le sue relazioni interne. La casa e gli equilibri che governa. Il carrozzone da trainare per un’altra ‘madre coraggio’. Quello che i genitori vogliono e quello che i figli fanno, le aspirazioni degli uni e la libertà degli altri, come si dovrebbe essere e come si vuole apparire. Vuoti di senso sempre più difficili da colmare che diventano risacche di risentimento, odio, perbenismo formale diventato un abito troppo stretto per emozioni e sentimenti.
E poi i parenti, i vicini, gli altri. Le generazioni si avvicendano e sono portatrici di valori diversi, distanti, inconciliabili, dagli esiti imprevedibili. Sguardi pronti a diventare giudizi e a indurci in comportamenti che qualcuno ha assunto come adeguati.
Tutti sono immersi in un rituale funebre di interessi e di apparenze. Tutti sono schiavi di un dedalo di aspettative scontate, immobili come i personaggi del presepe, ma qui non ci sono nascite in vista”.
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