AGLIANA. Alla Caffetteria Il Moderno di Agliana (in piazza Magnani) nell’ambito della iniziativa “Caffetteria D’Autore” alle ore 17 di oggi sabato 27 dicembre a cura del Circolo “Moti di Parole” e della libreria “Il Mondo di Alice” sarà presentato il libro “Memorie di una casa viva” di Elisabetta Cipriani. La presentazione sarà accompagnata dalle ore 17 da una degustazione di thè e dolci del giorno. Il volume era stato già presentato a Pistoia nell’ottobre scorso presso lo Spazio di via dell’Ospizio.
“Memorie da una casa viva” è il secondo romanzo di Elisabetta Cipriani, 38enne insegnante di lettere pistoiese, un’opera “distopica” costruita sullo scenario di una società globalizzata, omogenea, autoreferenziale e “tecnotrofica”. In questo scenario opaco, spettrale e paradossale, la penna arguta e visionaria dell’autrice, quasi come una telecamera, va a “zoomare” sulla vicenda specifica di cinque persone: la professoressa Ilaria Folli – una di quelle insegnanti che “amano i propri alunni, sebbene non possano ammetterlo neppure sotto tortura” – e quattro suoi allievi.
La totale anomalia della situazione provocherà una rottura degli schemi e del convenzionale rapporto docente/alunno, traghettando l’informale conversazione dei cinque verso un’immersione negli abissi dell’esistenza umana.
La postfazione del libro è curata da Alessandro Zaccuri che a proposito del libro (e dell’autrice) scrive:
Elisabetta Cipriani ha un talento per i titoli. Non solo per quelli, d’accordo. Ma “I temerari”, il suo romanzo d’esordio targato 2008, esibiva fin dalla copertina una sintesi perentoria e impeccabile della storia d’amore tra Diana e Daniel, sposi promessi nel turbine della Storia. Adesso, a sei anni di distanza, “Memorie da una casa viva” mette subito in guardia il lettore: è una citazione (da Dostoevskij, certo), ma capovolta e quindi arricchita, o “aumentata”, come si direbbe nell’universo distopico evocato dal libro. Un futuro dominato dal pensiero unico della tecnologia e dall’insondabile disponibilità finanziaria della Cina. Non troppo diverso dal nostro presente, tanto da farci sospettare che il Life-phone non sia già un marchio registrato, o comunque un prodotto allo studio nelle segrete di qualche roccaforte digitale.
Si resta vivi, in un mondo come questo? Si rimane umani? E, più che altro, si può ancora imparare a essere umani? Si può ancora insegnare a vivere? A dispetto di ogni retorica del pessimismo, la “casa viva” evocata dal titolo è proprio la scuola. Meglio, una scuola ben precisa, quella in cui l’impavida Ilaria Folli (sì, un’altra “temeraria”) continua a snocciolare il programma di Italiano davanti a classi di adolescenti che, come di prammatica, fanno finta di pensare ad altro e invece hanno in mente solo la poesia.
In aula, durante una mattinata di attese e di tumulti, rimane giusto un gruppetto di studenti, quanto basta per inscenare un esperimento. Capovolgere, di nuovo. Mettere la realtà a testa in giù, per obbligarla a mostrare il suo vero volto. Anziché il gran ripasso in vista degli esami, un piccolo Decameron formato scolastico. Ognuno racconta una storia, perché la vita di ognuno è una storia da raccontare. Non fa eccezione la professoressa, che non rinuncia a se stessa, né si maschera per compiacere i ragazzi. Loro inventino pure, frughino negli album di famiglia e provino a spingere lo sguardo nel futuro. Lei, Ilaria Folli, ha pronto il suo apologo su Michelangelo e a quello si attiene, nonostante intorno a lei stia per scatenarsi il finimondo. Non è quello che facciamo tutti noi, del resto? Continuare a imparare, continuare a insegnare. Rimanere testimoni, accada quel che accada.
Il resto, tutto il resto, è soltanto letteratura.