PISTOIA. Poniamo pubblicamente ai candidati a sindaco, o comunque agli acuti osservatori delle vicende pistoiesi, alcune riflessioni/domande per approfondire i temi fondamentali su cui la politica potrebbe e dovrebbe dettare l’agenda.
Quelli che, tuttavia, proprio per la loro complessità, rimangono marginali se non assenti dal dibattito pubblico.
Si tratta di argomenti che latitano anche nel “Documento Unico di Programmazione 2015-2017” del Comune, 341 pagine di quadro conoscitivo tuttavia prive di una reale strategia. Nei prossimi giorni pubblicheremo le risposte dei candidati o degli interlocutori che hanno accettato e accetteranno il confronto.
1) Il destino del patrimonio monumentale tra restauro, riuso e abbandono (espressione dell’Associazione Pistoia città di tutti). Si parte dal limite atavico di Pistoia: la mancanza di una classe dirigente (politica, imprenditoriale, culturale etc) unita nella promozione e raggiungimento di progetti ambiziosi.
Al netto degli attuali e prossimi restauri di S. Leone, S. Salvatore e S. Iacopo in Castellare, il dato oggettivo è che non esiste un pensiero di lungo respiro, una scommessa progettuale tra i portatori d’interesse locali per dare un significato e un ruolo, non solo turistico e culturale, a tutta una serie di emergenze storiche e architettoniche, di proprietà pubblica o di enti.
Solo per citare le più importanti: villa Baldi Papini, ex chiesa di S. Maria Nuova o in Brana, carbonile Antonini di Gello, San Lorenzo (ex chiesa e complesso), bastione Thyrion, Fortezza Santa Barbara (ancora appartenente al Demanio in attesa che il Comune proponga un progetto di utilizzazione), ex falegnameria Bizzarri di Pracchia (ex fabbrica Kirchner), mura urbane, SS. Annunziata (chiesa e complesso), S. Ansano, monastero S. Bernardino/S.Giorgio, villa Baldi Papini e ville Sbertoli.
Eredità della nostra storia su cui una città dovrebbe far leva per creare sinergia, usando un’espressione orribile ma in questo caso azzeccata, e costruire la propria attrattività e vantaggio competitivo del sistema Pistoia.
Anziché investire le risorse pubbliche e private per porre al centro di un raffinato dibattito locale e nazionale (con bandi di idee) l’uso e le potenzialità di questi contenitori, con la finalità di arrivare a risultati concreti, si continua invece con effimeri e autoreferenziali Dialoghi/Monologhi (quelli della Fondazione, un copia e incolla della manifestazione di Sarzana) o kermesse di taglio teorico ma comunque svincolate dalle prospettive concrete pistoiesi (Leggere la città).
Come si esce da questo immobilismo per aggregare proposte e risorse (umane, materiali etc) a servizio di una strategia per il nostro patrimonio e renderlo fruibile?
2) L’innaturale connubio tra società sportive professionistiche e soldi pubblici. Anche Pistoia non sfugge alla legge del panem et circenses: la grande partecipazione e mobilitazione di popolo si ha e si è avuta solo o per le promozioni delle squadre cittadine o per il caro mensa.
Potere e società sportive sono sempre andati e vanno a braccetto …; del resto tutti i politici non lesinano selfie e passerelle nei templi dello sport …
Con il pretesto che stadio e palazzetto sono pubblici, così come la manutenzione straordinaria, in questi anni milioni di euro sono finiti a impianti a esclusivo beneficio di società private dello sport professionistico.
Non è arrivato il momento di separare definitivamente gli interessi del pubblico e del privato, in maniera che i soldi pubblici servano solo allo agli sport dilettantistici minori, lasciando che il mondo del professionismo viva delle proprie risorse?
3) La gestione virtuosa di una parte del ciclo dei rifiuti intesa come politica industriale. Il comune di Parma nel 2012 ara grosso modo al nostro livello, sulla gestione integrata dei rifiuti. In cinque anni ha raggiunto un risultato formidabile: 110 kg/pro capite di rifiuto indifferenziato residuo, quello cioè che va in discarica o all’inceneritore.
Parallelamente ha portato la differenziata al 74% e l’avvio al riciclo della differenziata (che rimane l’obiettivo, concetto spesso sconosciuto ai politici) al 64%. Pistoia è rimasta ferma (circa 370 kg/pro capite di indifferenziato e circa 40% di differenziata), con l’aggravante che molti comuni della ex Publiambiente hanno già esteso la tariffazione puntuale raggiungendo percentuali del 90% e riconoscimenti nazionali.
A livello politico, qui, è sempre mancato un dibattito responsabile e di merito: mentre a Pisa Geofor avvia la realizzazione di un impianto per i rifiuti organici, qui nemmeno si parla di digestori anaerobici o compostaggio aerobico, nonostante il vivaismo produca molti scarti verdi che potrebbero essere trattati in loco (proposte e progetti preliminari ricorrono da anni).
L’impiantistica dei rifiuti, organici ma non solo, che significa politica industriale organizzazione, logistica, innovazione e sistemi complessi, sembra tuttavia un argomento appannaggio solo dei soci di Alia: un tabù per Pistoia, dove nessuna sa, vede o sente.
Localmente, a livello trasversale, tranne la voce solitaria di un’associazione ambientalista, non si registra un confronto, un ragionamento e si accetta tutto quello che viene da Firenze e Prato, come se ci fosse una delega in bianco alle scelte (peraltro improvvisate, alla luce dei non risultati) dei vari Regini, De Girolameo & Cispel vari.
Perché l’amministrazione pistoiese ha scelto di non approfondire, non decidere, non indirizzare e non controllare su questo tema così importante, complesso e connesso alla modernità e al futuro tanto dell’Ato Toscana Centro quanto del prossimo Ato unico toscano? Tu cosa farai?
4) Publiacqua: il monopolio idrico con le tariffe più alte, rete colabrodo e deficit di depurazione. La battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico è fallita, non ha cioè avuto consenso, né politico in Consiglio Comunale (come in gran parte del paese), né tra la gente: in realtà non è stata proprio compresa (nel 2011 si votò prevalentemente sull’onda dell’emotività del disastro nucleare di Fukushima).
Infatti né l’opinione pubblica né la politica riescono a sviluppare un corretto dibattito sui servizi in regime di concorrenza sul libero mercato, come l’elettricità o il gas, in confronto ai monopoli naturali, come appunto il servizio idrico o la proprietà delle infrastrutture di distribuzione.
Del resto non lo hanno clamorosamente capito né la sindaca Raggi(rata) né il Forum Nazionale dell’Acqua a Roma, proprio dove ci sono le condizioni per ripubblicizzare l’acqua, lasciando ai privati gas e luce e trasformando il 51% della quota comunale di Acea (la multi utility capitolina) in società di diritto pubblico per il servizio idrico.
Cosa può fare allora la politica locale, anche alla luce delle aperture di Mazzei, presidente dell’Autorità (fantoccio) Idrica Toscana, sulla possibilità di tornare a una società partecipata dai comuni per il servizio idrico (vedi qui)?
Si può cioè superare il meccanismo per cui tutti i comuni, tra cui Pistoia, hanno usato e usano gli utili del servizio idrico per chiudere i bilanci anziché per superare la rete colabrodo, sostituire l’amianto e realizzare depuratori?
In altre parole pagare le tariffe unicamente per l’erogazione di un servizio e non per drogare i bilanci. Come ti muoverai, concretamente, per attuare il referendum o comunque cosa farai per far tornare questo monopolio ormai fuori controllo di nome Publiacqua una società che risponde ai criteri di efficacia, efficienza e trasparenza?
5) Il bilancio del comune di Pistoia. A piacere, riflessione libera: criticità e pregi; come ottimizzare la spesa corrente e abbattere il debito pregresso?
[Lorenzo Cristofani]