“AMORÌA”, DANZA TRIBALE DELLA RESURREZIONE

Francesco Mangiapane tra le quattro danzattrici di Amorìa
Francesco Mangiapane tra le quattro danzattrici di Amorìa

AGLIANA. Sono rimaste solo in quattro, loro quattro: Rossana Abritta, Ylenia Ambrosino, Alessandra Berti e Francesca Montecampi. Non lasciatevi confondere dai nomi, però: non sono donne, ma quattro farfalle scampate al disastro epocale.

Il mondo è finito e le coincidenze, oltre all’acume scenico di Francesco Mangiapane, regista e coreografo di Amorìa, lo spettacolo andato in scena l’altra sera al Moderno di Agliana, hanno deciso di affidare le sorti del mondo che verrà proprio a loro.

Provvidenzialmente, visti i risultati. Certo, sopravvivere, senza viveri, né amore, è stato durissimo. Ma la musica, dub, che ne ha accompagnato i tribalismi sopravvivenziali, quella scritta e incisa da Samantha Bertoldi e le luci, distorte, post atomiche, disegnate dall’associazione culturale Il Moderno, che le ha ospitate conferendo a tutte residenza artistica, con il supporto informatico e fotografico di Francesco Fornaini, Giuseppe Giuttari, Federico Lazzeretti, Giovanna Passarai e Giovanni Tomaino, hanno fatto il resto e al termine della rappresentazione, applauditissima, la genesi è stata assicurata.

Ci sono voluti accoppiamenti coraggiosi, sforzi titanici, modulazioni incomprensibili. Insomma, hanno dovuto rischiare parecchio, ma possono dirsi soddisfatte e il mondo che è riuscito a non scomparire, può e deve ringraziarle. Sopra le loro teste, tornate a rioccupare, con metodica ossessione, i loro spazi (in)naturali, sono ripresi a sorvolare gli F35, quelli che tutti non vorrebbero più vedere ma che fanno tanto bene alle guerre, dunque alla pace.

La resurrezione però, in alcuni momenti epica, altri violenta, sistematicamente sincronizzata, è stata un saggio, meraviglioso, di armonia e forza, con i soli brandelli restati nei loro armadi gelosamente conservati da Carla Centauro e indossati con naturale sensualità, grazie anche alle disposizioni tattiche e sceniche di Virna Ciottoli. Si sono scelte, dopo aver ballato insieme il rito propiziatorio e si sono accoppiate.

Due hanno avuto il pudore di lasciarsi intravedere, decuplicando la ricreazione, intesa come riproduzione e non come svago, grazie alle ombre distorte che le scaraventavano in sala; le altre, invece, hanno preferito consumare il loro amore, disperato e vitale, esattamente dove ne hanno sentito la necessità, il desiderio e l’impellenza.

Finalmente, il peggio, è passato. Ora non si dovrà che riprendere i ritmi di sempre. Loro, comunque, sono preparate e si sono allenate così bene che hanno la netta percezione di bastare a loro stesse. Gli uomini, da lontano, continuano a sghignazzare; loro, digrignano i denti, rassicurandoli che possono rincasare più tardi, anche stasera e anche le sere che verranno: la luce è tornata, il buio è vinto.

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