Le storie di Pini e Minenna (profittatori pubblici o più semplicemente presunti ladri) e i comportamenti di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro (Pm e sostituto nel processo Eni) mostrano come certa tribunalità italiana sia iniqua, schizofrenica, falsa e in mano a magistrati che non di rado non offrono alcuna garanzia di terzietà e imparzialità
Con magistrati che non svolgono indagini o che le svolgono a metà, chi può sentirsi garantito?
Pistoia è il tribunale degli untouchables e degli unfallibles
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
[e. montale]
Ecco perché nelle due notizie, che stamattina leggo su La Verità, intravedo analogie e differenze con la situazione pistoiese e tutti i danni che questa, a mio parere, sconclusionata procura della repubblica, ha causato – e devo dire non casualmente o colposamente – sia a me, sia ad Alessandro Romiti, sia a questa nostra testata giornalistica, perseguitata dal Pm Coletta, dai suoi sostituti e, di recente, anche dal presidente del tribunale Maurizio Barbarisi.
Siamo un po’ più chiari ed espliciti. Dalla fine del 2019 a giugno 2020, ho pubblicato articoli che denunciavano come il Comune di Quarrata favorisce vergognosamente alcuni cittadini a danno di altri.
Parlavo di Marco Mazzanti, sindaco delle carte da gioco del burraco; del suo comandante della guardia nobile, Marco Bai; dei suoi infedeli e falsari dirigenti, funzionari, impiegati degli uffici tecnici.
Ho mandato ogni giorno al luogotenente Salvatore Maricchiolo, opportuna informativa chiedendo che avvisasse la procura di alcune ipotesi di reato (favoreggiamento e falsità).
Parlavo, ripeto, di ipotesi di reato e non di attribuzione calunniosa di fatti determinati: dunque dove sarà mai stata la calunnia che il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del tribunale di Pistoia, ha visto in tutto questo? E l’ha vista da sé o è stato aiutato da qualche magistrato suo conoscente?
La cosa viene messa in mano a un sostituto “tosto” (come commentava Maurizio Ciottoli, lo squadrista di Benesperi delle tubate in testa alla gente per strada): Claudio Curreli. Lasciatemi dire – tanto lo dico ugualmente – la persona più adatta a non cavare un ragno dal buco, naturalmente portato a incasinare gli affari semplici.
Analizzato nei suoi comportamenti di assoluta fedeltà alla legge, Claudio Curreli ha, nel suo armadio, non uno scheletro, ma un treno di scheletri di mammut:
1. intanto è noto (ancorché assolto dal tribunale di Salerno) per aver nascosto prove a discarico di padre Fedele Bisceglia, accusato di violenza sessuale a una monaca. Curreli sapeva che la suora era squinternata e psichiatricamente instabile, ma si era divertito a nasconderne le prove. E già qui siamo fuori della grazia di dio;
2. poi costui lavora da sempre comodamente fianco a fianco con la moglie Maria Nicoletta Curci, giudice delle esecuzioni immobiliari nello stesso tribunale;
3. indi, pur essendo un sostituto con l’obbligo di rispettare e fare rispettare le leggi della repubblica, dirige, con una capofila di nome Terra Aperta, le operazioni di transito dei clandestini illegali – ecco, forse, perché nessuno tocca don Biancalani a Vicofaro: lui e Curreli risultano, di fatto, legati da comuni interessi che col rispetto della legge non hanno legami. E anche questo – direbbe Tom Col al Canto al Balì di Luigi Bardelli – proprio in virtù della «prossimità sociale», garantirebbe la sua terzietà e imparzialità;
4. infine, come rappresentante legale di una associazione ben targata – l’Agesci-Scout – adopera gli strumenti di lavoro per scopi suoi e non professionali. Interessi privati che ne opacizzano indipendenza e terzietà.
Personalmente non ho ancora capito perché né lui né Coletta né Barbarisi abbiano mai risposto ad una delle mie domande fondamentali per capire le persecuzioni a cui sono stato sottoposto in questi anni.
Claudio Curreli conosceva o no il Perozzi? E conosceva o no il Vpo, pubblico ministero non togato, Andrea Alessandro Nesti (moglie inclusa, Milva Maria Cappellini, amica personale della segretaria di Giuseppe Grieco, Alessandra Casseri, ora in pensione) dato che il mai comandante di Agliana non ha risposto di episodi di malagestione di conclamata evidenza e di suoi esposti anonimi e favoritismi nei confronti della sua vicecomandante Sonia Caramelli ai danni della arrestata e limitata nei movimenti, Lara Turelli per colpa della chiave dell’auto della vigilA Traversi, in teoria arrubbata ma di fatto scomparsa nel nulla?
Aggiungete il supporto ondivago alle accuse contro di me, offerto dalla Gip Patrizia Martucci (104 giorni di arresti domiciliari, poi tolti dal Riesame fiorentino) per il reato, coniato di sana pianta dalla scienza giuridica della coppia Curreli-Grieco, di stalking giornalistico o del giornalista, reato immaginario che Luca Gasparri, il giudice pavido ed approssimativo (a mio avviso) non ha avuto il coraggio di benedire con un’equa sentenza. Sia il Gaspari che la Martucci vorrebbero scappare da Pistoia verso Firenze: e non se lo sognerebbero mai di fare il braccio di ferro con i padroni della procura da cui, in qualche modo, dipendono.
Ma aggiungete anche, da parte della stessa Gip, il sequestro, per oscuramento, del sito di Linea Libera, altro bell’esempio di violenza giudiziaria contro una stampa che, per Costituzione, non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Ecco la prima analogia che riscontro fra le notizie della Verità e i comportamenti pistoiesi: io ai domiciliari per 104 giorni (la Turelli perseguitata per 20 mesi fra arresti e obbligo di firma) e Minenna e Pini, accusati di ladrocinio istituzionale con l’aggravante della pandemia, ugualmente agli arresti domiciliari – se ho letto bene. Dico: a Pistoia, se stai antipatico alle «autorità costituite», finisci arrestato anche per delle stupidaggini. Da qui la schizofrenia che non può che essere dissociazione psico-sociale.
Altre analogie? Èccovele. Il procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale, e il sostituto Sergio Spadaro avrebbero fatto sparire 245 prove a discarico degli indagati: cioè avrebbero nascosto la verità e ingannato la giustizia. Come tutori della legalità siamo ben serviti, no?
Analogia con: Curreli, Grieco, Martucci, Gaspari e – ovviamente – Coletta che, pur essendo a piena conoscenza delle prove documentali non solo pubblicate da me, ma da me perfino spedite al giudice Gaspari nel maxiprocesso politico, hanno sempre fatto finta di non esserne a conoscenza. O dimostrino il contrario. Altrimenti devono finire sotto inchiesta ed essere, giustamente, rinviati a giudizio e puniti per le loro responsabilità violate!
È troppo comodo ingannare la legge: e chi è padrone della legge, come la procura di Pistoia, lo fa, sena coscienza, quando e come vuole. Solo che un bel gioco dura poco. E il tempo sta comunque scadendo.
Travolti da un insolito destino nel marrone mare di ca**a, procura e presidenza del tribunale di Pistoia, quando più non sapevano dove aggrapparsi, sono ricorsi all’extrema ratio: le calunnie di Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini, presidenti dell’ordine dei giornalisti, alle cui dichiarazioni, false e denigratorie, hanno appeso la loro cetra come gli ebrei deportati in Babilonia: hanno sequestrato, abbuiandola, Linea Libera.
E quando si sono presentati in aula, il 18 maggio scorso, al collegio del riesame (Billet-Magi-Cerrone), hanno sfilato in massa – un Pm e due sostituti! – per perorare la causa della clandestinità di Linea Libera con una sorta di sfilata intimidatoria (queste le mie – e non solo – impressione e opinione).
Che disastro! Personaggi superbi e autoritari quali sono in procura, i tre sono stati smentiti platealmente dalla realtà dei fatti: si è scoperto che non avevano – come al solito – fatto alcuna indagine. Non si erano mossi neppure per controllare la vera posizione del giornale.
Indemoniati e furiosi – tutti a Pistoia sanno tutto di tutti –, a fine discussione dinanzi al Riesame, sono corsi a destra e a manca ed hanno iniziato a brigare per rappecettare il pasticcio che avevano creato loro stessi.
Poi – sembra di intuire – hanno perfino forzato la mano a Barbarisi, che – anche lui incautamente e senza nessuna cognizione di causa attraverso un necessario, utile, indispensabile contraddittorio – ha emanato un decreto di cancellazione di Linea Libera dal registro delle pubblicazioni tenuto dal tribunale.
E come si è arrabbiato con me, il presidente, quando gli ho scritto che la sua decisione era nulla in radice per violazione plurima di norme di cui alla L. 241/90! I giudici – secondo i giudici stessi – sono sacri, inviolabili e infallibili come il papa ex cathedra.
Peccato che questa non sia la verità. E, soprattutto, peccato che, di fatto, diversi di loro siano solo dei tiranni che fanno come vogliono ai danni della famosa «gente comune» tanto cara a quel cantastorie di Tommaso Coletta.
Chiudo con le solite domande: perché alla procura e a Curreli stanno tanto a cuore Romolo Perrozzi, Andrea Alessandro Nesti, Milva Maria cappellini etc.? Quali interessi diretti od obliqui si celano sotto questa pervicace persecuzione contro l’unico giornale che racconta il vero al popolo e al contado?
Carissimi, in aula ci divertiremo con i fuochi d’artificio di Händel!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
LE DIFFERENZE
Sono presto dette: in ogni parte d’Italia anche i magistrati vanno a giudizio. A Pistoia non solo non accade, ma alcuni di loro continuano a operare come fossero i padroni del mondo. Chi mai li protegge