AGLIANA. Spulcio qua e là e mi diverto come un matto – d’altronde tutti credono che io sia matto, a cominciare dai colleghi i quali, non rade volte, vanno in padule per anatre e tornano a casa con un carniere di storni, perché, forse, non hanno saputo ben distinguere…
Oggi Benesperi dovrebbe calare le carte? E chi lo sa? chi può dirlo con certezza? Il parto potrebbe essere più lungo del previsto e finire, magari, con un cesareo d’urgenza con complicanze.
Non glielo auguriamo, ma tutto è possibile. E in politica, come in amore, succede di tutto: chi avrebbe mai creduto che l’odiato (specie dai cattolici che professano l’amore universale) Salvini si sarebbe maritato agli intransigentissimi 5 Stelle? Eppure è successo.
Negli anni 90, quando alla guida dell’allora Pci (ancora per poco integro) c’era un pesciatino di Pompei, Antonio Abenante, e quando parecchi dei pisquani che oggi fanno politica non avevano ancora fatto il primo vagito all’aere di questo paese democratizzato dal Giglio Magico e dalla magistratura lottizzata ben legata da una bella palamara di canapa forte (e vogliono ancora governare, porco Giuda!); in quel tempo, dico, mentre tutti dicevano «mission impossibile» – Abenante incluso che, forse, s’era recato in pellegrinaggio dalla Madonna di Pompei – quell’inciucio, che allora veniva chiamato «compromesso storico», fiorì all’improvviso come un giglio (magico), anche se non si era tessuto la veste come dice il Vangelo.
Alta politica, allora. Oggi… caccole: pur se impossibili ma viste fiorire nel naso come il double face (quasi triple) di un Guercini, oppositore del Pd, che invita la sua truppa a votare Vannuccini con uno stile para-nazis a uso Gott mit uns o, più tradizionalmente, al grido dei crociatari alla Brancaleone, che partivano, armi e bagagli sul groppone, urlando «Deus vult!», lo vuole Dio; per poi finire con lo stuprare giovani e vecchi, donne e bambini, maschi e femmine, vergini e baldracche dovunque passassero, né più né meno di come accade oggi quando si vuole salvare il mondo con… le missioni di pace/pece.
Alta politica (quella di allora del «compromesso storico») non solo perché, se non ricordo male, Quarrata di Stefano Marini Pci si maritò con la Dc di Marcello Bracali alla faccia degli scugnizzi di Abenante che puntavano i piedi per il no; ma anche perché quello fu il passo che cambiò il passo della politica; una prima visione che alla fine aprì gli occhi anche al partito comunista dei cecati, con l’appoggio di quel bell’esperimento di Mani lavate con Perlana, ultima crociata alla «Deus vult!» che ci ha portato tutti non all’Italia dei valori, ma a quella dei valori bollati, dei tribunali, del giustizialismo anche senza misura, e, alla fine, della fame sotto i Federichi Barberosse teutoniche dell’Europa, la quale, a sua volta autodichiaratasi Dio, continua a strillare, per bocca tre coglionazzi, «Europa vult!»: sì, ma solo il midollo del popolo italiano – e i suoi siudati risparmi.
Non sono pupilista, non sono salviniano, non sono fascista, non sono comunista di sinistra come la puttana di cui parla Lucio Dalla in Disperato erotico stomp, ma – soprattutto – non sono abbastanza scemo da credere a questo Modello Giuditta di sviluppo da benpensanti di Capalbio.
Quando successe la prima fase della con-fusione Pci-Dc, e mentre tutti congetturavano, e mentre tutti dicevano no-no-no, da perfetto scemo del villaggio pubblicai tutta la Giunta quarratina con deleghe incluse, sbagliandone solo una: la pubblica istruzione, anziché la cultura, a Paola Giuntini.
Raccontai dove avevano fatto gli accordi (in casa di Marcello Bracali, Dc, poi assessore all’urbanistica, nelle fresche stanze di Montemagno: Marcello, se mi incontra, ride ancora) e cercai di scommetere il mio assegno mensile del Tirreno (1 milione) con lo stipendio intero di Alberto Andreotti, che allora lavorava alla Nazione e che, alla festa della Macchia Antonini, mi prendeva in giro a tavola – anche se poi non volle accettare la sfida (e fece bene).
Erano giorni dell’arcobaleno, dopo la pioggia veniva il sereno: Oliviero Billi, leghista e aglianese doc, se lo ricorda bene. Lui c’era in quel tempo.
Oggi – lo avete visto sotto elezioni ad Agliana – si fa troppa ciaccia e poca farina: la gente sta un anno assente al 99% delle Giunte e poi rivendica il suo il impegno politico perché dice che intende dare il Massimo alla città.
Altri, in silenzio, a testa bassa, spingono l’aratro nella terra con grande fatica, e rivoltano il campo con bei solchi di precisione, come Fratelli d’Italia, facendo vedere ai democratici che davvero l’Italia s’è desta – salvo poi dover lottare per un assessore in più o in meno, perché di questo si tratta, e non di ciaccia ribollita come le zuppe vegetariane di Paolo il Bello, il puparo che, come i pifferi di montagna, partì per suonare e tornò a casa suonato. Ma piantiàmola qui, sennò anche noi finiremo con il nuotare nella nebbia della Padania.
Una cosa però va detta: attenti, lettori, al Mont-Ana. Occhi fissi e orecchie aperte, perché il prossimo anno potrebbe rivelarsi, per questa terra di ottima carne italiana, una fucina di novità: sotto il profilo politico e non solo.
Hasta la vista, hasta la mañana siempre!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
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