L’antenna telefonica alta 34 metri deturpa l’ambiente e mina il benessere della collettività. La protesta delle associazioni e dei cittadini. Appuntamento al Circolo 29 Martiri di Figline alle ore 21
PRATO. [a.b.] Fra Natale e l’Epifania, in tutta fretta e camuffando i lavori tra quelli di ripristino post-alluvione, l’Area naturale protetta del Monteferrato è stata violata dall’installazione di un’antenna per la telefonia mobile.
L’antenna, alta ben 34 metri è stata installata ai piedi della pista ciclabile che collega il parco di Galceti al borgo di Figline di Prato. Da subito i residenti si sono mossi mettendosi in contatto con l’associazione Atto Primo che da anni si occupa sul territorio di questioni legate all’inquinamento elettromagnetico.
È stato creato anche un gruppo WtatsApp, per informazione e per coordinamento. L’antenna 5G per le telecomunicazioni posta nel bosco del Monteferrato è molto impattante dal punto di vista visivo e deturpante dal punto di vista ambientale.
“Mentre tutto il paese di Figline mostra ancora ben evidenti i pesanti danni dell’alluvione dello scorso novembre (sono stati eseguiti solo i lavori di massima urgenza, ma moltissimo resta ancora da fare – a partire dai lavori agli argini della Bardena – con il paese ancora disseminato da transenne), in questo territorio così prezioso da un punto di vista paesaggistico e ambientale (un vero “polmone verde” per i Comuni circostanti) — scrive Atto Primo -—si è proceduto ad aprire un cantiere per l’installazione di un’antenna, che è stata collocata appunto in un’area ad alto rischio idrogeologico, proprio in uno dei punti più drammaticamente devastati dall’alluvione di pochi mesi fa.
Per procedere all’installazione è stata peraltro risistemata esclusivamente la viabilità per l’accesso al cantiere, mentre il resto della ciclabile in direzione di Galceti rimane drammaticamente divelta – e pericolosa – a seguito dell’alluvione. La cittadinanza ha inoltre constatato – e ripetutamente segnalato – che le ditte esecutrici dei lavori hanno avuto accesso all’area senza le dovute autorizzazioni al transito di mezzi pesanti e macchinari.
La sicurezza del cantiere non è stata né adeguatamente seguita né coordinata: i cittadini hanno segnalato che anche mezzi privati hanno avuto accesso al cantiere, che non è adeguatamente delimitato, mettendo così a repentaglio l’incolumità dei passanti durante le operazioni più pericolose (come quelle in cui le gru hanno issato il palo dell’antenna)”.
Una antenna — denuncia l’’associazione — estremamente vicina alle abitazioni anche se l’area di installazione è classificata come area rurale. Una parte della popolazione è seriamente preoccupata anche per l’esposizione a un nuovo campo elettromagnetico continuativo (di entità ancora da accertare), che si andrà a sommare al già presente campo elettromagnetico di fondo. I cittadini richiedono pertanto approfondimenti seri da parte delle istituzioni e chiarimenti sulle misurazioni”.
Per parlare dell’antenna telefonica 5G è stato organizzato per giovedì 1 febbraio alle ore 21 presso il Circolo 29 Martiri a Figline un incontro pubblico dove amministrazione comunale, cittadini e associazioni del territorio si confronteranno per fare chiarezza sulla vicenda.
“Come associazioni ci aspettiamo quindi una presa di consapevolezza da parte del Comune di Prato riguardo alla mancanza di cura del suo territorio, che sembra ormai completamente in mano alle multinazionali della telefonia mobile, tanto che la stessa Arpat nel marzo 2021 dichiarò la necessità di uno stop alle autorizzazioni per nuovi impianti di telefonia in quanto lo spazio elettromagnetico del comune di Prato è saturo.
Da un accesso agli atti fatto da alcune associazioni nel 2021 è emersa infatti l’esistenza sul territorio pratese di oltre 100 antenne (ma ora sono di più), un fenomeno molto grave se si pensa all’impatto dell’elettrosmog sulla salute pubblica, com’è emerso anche dalla mappatura delle antenne (fatta da Atto Primo) in relazione alle fonti inquinanti e ai siti sensibili.
L’amministrazione pratese — conclude Atto Primo — non può più tirarsi indietro o dare risposte vaghe e non assumersi le responsabilità dirette e indirette di questa grave situazione che deturpa l’ambiente e mina il benessere della collettività”.