antichi & moderni. LA STORIA NON È MAESTRA DI VITA

Come accedere agli atti della Pubblica Amministrazione?

L’ESSERMI occupato più volte, in questi ultimi giorni, delle incredibili e tristi storie dei candidi (anche perché sbiancati dai Dc come in un bagno con Vanish) piddìni di Agliana e Montale, mi ha riportato alla mente un vecchio ricordo di un antico filosofo, di quelli che poco hanno a che fare con i filosofi del Pensiero Dominante unico.

In una delle sue lettere morali, Seneca spiega il concetto di vox populi, in altri termini il «si dice» (quello che non piace né punto né poco ai politici e all’ex-comandante della polizia municipale di Agliana, Andrea Alessandro Nesti e consorte), e illustra ciò che dovrebbe essere dovere morale per un uomo pubblico: e tali siamo tutti – sino a prova contraria – se rivestiamo anche una minima funzione pubblica, dall’ultimo dipendente pubblico che spazza la palestra del Capitini di Agliana, a Sergio Mattarella.

Seneca scrive:

1. Salve, Lucilio! Chiedi come mi sia arrivata questa notizia, chi mi abbia raccontato i tuoi pensieri, che tu non avevi confidato a nessuno? Lo ha fatto chi sa tutto, la voce pubblica. “Come? Sono così importante da suscitare le chiacchiere della gente?”. Non devi misurarti in base a Roma, ma al luogo in cui risiedi.

2. Tutto quello che si distingue da quanto lo circonda, è grande in quell’ambito; la grandezza non ha una misura determinata: il confronto la innalza o la diminuisce. Un’imbarcazione che sul fiume sembra grande, diventa piccola in mare; un timone, grande per una nave, è piccolo per un’altra.

3. Ora tu in provincia, anche se ti sminuisci, sei grande. La gente vuol sapere, e sa, che cosa fai, come pranzi, come dormi: devi perciò vivere con più cautela. Ritieniti felice solo quando potrai vivere in pubblico, quando le pareti serviranno a ripararti, non a nasconderti; di solito, invece, pensiamo di averle intorno non per una nostra maggiore sicurezza, ma per nascondere meglio i nostri peccati.

4. Ti dirò una cosa dalla quale potrai giudicare la nostra moralità: non ti sarà facile trovare uno in grado di vivere con la porta aperta. I guardiani di fronte alle porte di casa non ce li ha fatti mettere la superbia, ma la nostra cattiva coscienza: viviamo in modo tale che essere visti all’improvviso significa essere colti in fallo. Ma a che serve nascondersi ed evitare gli occhi e le orecchie del prossimo?

5. La buona coscienza chiama a sé la gente, quella cattiva è ansiosa e preoccupata anche in solitudine. Se le tue azioni sono oneste, le sappiano tutti; se vergognose, che importa che nessuno le conosca, se le conosci tu? Povero te, se non tieni conto di questo testimone! Stammi bene.

[Sen., Lettere a Lucilio, 5, 43]

E ora torniamo al “silenzio degli innocenti” di cui ho parlato ieri, 9 maggio, in giornalisti e verità. L’ufficio delle entrate, il partito democratico e la trasparenza; e riflettete con mente pura alla maniera suggerita da Giambattista Vico.

«La gente vuol sapere, e sa, che cosa fai, come pranzi, come dormi»

Ravvisate qualche sentore di coloritura sbiadita di correttezza e trasparenza nel comportamento di amministratori pubblici e funzionari dei due Comuni della Piana pistoiese? O, più probabilmente, li vedete ben nascosti dietro impenetrabili mura di silenzio?

Ecco. Questa è la realtà italiana: una condizione di nascondimento di stile mafioso che caratterizza la vita politica e amministrativa di un paese messo in ginocchio da chi gestisce il pubblico con metodi nemmen privati, ma privatistici.

Ne volete una prova concreta? Pensate alla legge 241/1990, Nuove norme sul procedimento amministrativo. Dovrebbe essere la Bibbia della trasparenza e invece, anno dopo anno, da ormai quasi trent’anni, viene lentamente modificata perché sia sempre più oscura, perigliosa, difficile e, in buona sostanza, inefficace.

Non basta, questo, a chiarire e far capire, una volta per tutte, che non viviamo affatto in una Repubblica democratica, fondata sul lavoro?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]

Diritto di critica


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