archivi imbiancati. IN PROCURA SPARISCE UN FASCICOLO, I FATTI SMENTISCONO COLETTA. SI MUOVE IL MINISTERO E IMPROVVISAMENTE “SIM SALA BIM” E… MIRACOLO AL TERZO PIANO!

La cartella del processo penale 2339/21 non si trovava dal 30 maggio 2022. Un disservizio o un sabotaggio per impedire la tutela legale richiesta da “Linea Libera” che era parte offesa? Decidano liberamente i lettori



Nordio ancora non ha saputo. Ma noi non ci facciamo prendere dalla impazienza e siamo fiduciosi che arriverà qualcuno a Pistoia

 

PISTOIA. La consultazione dei fascicoli dei procedimenti penali una volta era possibile alla Procura della Repubblica di Pistoia, allorquando c’era l’archivista, cioè fino a settembre 2022.

Poi l’archivio è stato smobilitato e la gestione è passata alla dottorssa Enrica Ferilli, dirigente a capo della segreteria generale della Procura (III piano), che ci blandì sostenendo che non sapeva dov’era finita una certa pratica, alludendo che forse era sulla scrivania del Pm (Giuseppe Grieco).

 

La dirigente Meini ci rassicura: ci avvieranno per le “vie rituali”: nessun avviso, ma silenzio tombale

Da Grieco? No. 18 mesi di attese e due ricorsi al Ministero hanno permesso di fare riemergere il fascicolo.

Le sollecitazioni sia all’archivista, sia alla dirigente Ferilli, sono state inutili e poi, a seguire dal gennaio del 2023, sono iniziate le richieste dirette allo sportello con formali Pec.

Tutto ancora inutile e dunque, anche se stremati dal fenomeno del “palleggio con scaricabarile” assicurato dai vari uffici giudiziari del terzo piano, ci siamo rivolti al piano secondo, ove ha sede il tribunale sottoposto alle sollecitazioni di predominio da parte della Procura (così sembra di capire dalla pletora di pm e sostituti in aula in certi processi: quello politico malgestito da Luca Gaspari; al sequestro-dissequestro dell’oscuramento di Linea Libera. Sugli errori di Gaspari risponderà a dovere il direttore Bianchini, che ne ha tutte le carte di prova, in generale spregiate nel tribunale di Pistoia.

Ma non tutte le ciambelle escono con il buco e qualche dirigente integerrimo – udita la ridicola storia – ha un’idea che si rivela vincente. Suggerisce un percorso diverso dalle formalità di procedura previste e sostenute anche dal garantista Coletta: fare una formale istanza di accesso-atti e rivolgersi al Responsabile per la Prevenzione Corruzione e Trasparenza del Ministero, Margherita Cardona Albini, che, nonostante i suoi 170 mila euro di stipendio annui, rimanderà la nostra segnalazione alla Commissione Accessi del Governo, dichiarandosi incompetente.

La procedura avrà seguito. Ma anche dai palazzi ministeriali ci sarà il prevedibile rimpallo di documenti e scaricabarile, che dimostra come la cura Carlo Nordio non ha ancora dato effetti: è la burocrazia che non cambia e non muore mai per rinascere rinnovata come un’araba Fenice.

Finalmente dopo un paio di mesi vedremo una lettera di “spiegazioni” del procuratore Coletta. Una risposta paradossale e contraddittoria: Tom Col spiega urbi et orbi di voler “valorizzare” la legge 241 sulla trasparenza. E per fare ciò, cosa fa? Sceglie di impedire l’estrazioe di copia degli atti stessi, sia del fascicolo che anche della famosa, anzi meglio, “famigerata storia” della circolare 574/22, quella usata per bloccare le cancellerie, come commenta un dirigente sfavato che afferma, rispondendo alla nostre doglianze che c’è “troppa rigidità in Procura”.

Una perversa interpretazione – a nostro parere, ma non solo – contra legem perché impedisce ai cittadini di avere copia delle pratiche di loro interesse, come hanno dovuto capire Legambiente e il Comitato contro l’Inceneritore di Montale che hanno subito il diniego del fascicolo sull’inceneritore ben “custodito sotto chiave” dai signori della procura di Pistoia.

Quello che narriamo adesso, sarebbe stato un ulteriore episodio da scrivere nel fantastico libro del generale Roberto Vannacci, assumendo effettivamente l’esperienza diretta di un autenticomondo alla rovescia, fsamiliare al terzo piano del Palazzo con le finestre che ridono.

Il procuratore Coletta spiegherà infatti, alla Commissione Ministeriale governativa e all’RPCT del suo Ministero, che l’istanza della richiesta del fascicolo d’archivio, non era stata evasa perché erroneamente indirizzata, mica perché lui aveva negato la consegna, spostando così surrettiziamente la colpa della mancata evasione della richiesta dal suo ufficio al richiedente.

Trattandosi di una archiviazione del Gip – dice Tom Col in modo ingannevole e fuorviante (è questo il nostro pensiero ex articolo 21 Costituzione) – il fascicolo è chiaramente da richiedere alla stessa cancelleria del secondo piano, cioè il Tribunale (esasperando ulteriormente l’attrito esistente contro la procura), a cui va indirizzata la richiesta. Semplice no?

Dunque è il richiedente che ha sbagliato ufficio ma, nella erronea risposta, c’è anche un vizio occulto non perdonabile (visto che a Tom Col, piacciono le eccezioni, le faremo anche noi): nessuno si è fatto carico di reindirizzare la richiesta all’ufficio competente, come prevede la legge sulla trasparenza (così stabilito infatti dall’art. 6 co. 2. legge 184)* vero che, come vedremo, si scoprirà che la pratica era all’archivio della procura, al terzo Piano, sotto il naso di Coletta, esattamente a casa dalla dirigente Ferilli che, finalmente, ce lo consegnerà il 16 settembre scorso. Smentendo il suo capo… che lavora per la «gente comune»…

Non meno esecrabile l’inerzia della cancelleria del Gip/Gup che, ricevuta la mail di richiesta del fascicolo, spiega – ma solo a voce – che la pratica non è lì, ma in procura (terzo piano) e lo conferma l’8 agosto scorso nel faccia a faccia con la dirigente Gianna Meini, che ci rassicura che risponderà per le vie formali non appena la richiesta sarà evasa.

Sapete? Non ci ha mai risposto nessuno. L’evasione promessa non arriverà mai perché, vista la posizione di Coletta, con le sue svianti affermazioni, tutti si guarderanno bene da qualunque ulteriore risposta per non pestare il callo al capo dei capi.

Infatti le dirigenti Gianna Meini e Federica Casseri (sorella della celebratissima Alessandra già cancelliera di Grieco – in tribunale a Pistoia si lavora a famiglie – e amica per «prossimità sociale» della moglie del mai-comandante Nesti di Agliana), ci spiegheranno, ma solo a voce e senza usare e-mail (con i giornalisti di Linea Libera sono pericolose perché dimostrative?)  che il fascicolo è proprio dalla Ferilli al piano superiore.

Non abbiamo dubbi di aver vissuto, in questi anni dal 2020 ad oggi, autentici saggi di stalking giudiziario, tutti da diffondere ai quattro venti. I lettori, però, potranno farsi liberamente una loro opinione consultando la corrispondenza sviluppata intorno a questo episodio; e chiedersi se l’articolo 54 della celebrata Costituzione è rispettato a Pistoia o se è invece calpestato con colpevole pervicacia.

(*). Il secondo comma recita: «La richiesta formale presentata ad amministrazione diversa da quella nei cui confronti va esercitato il diritto di accesso è dalla stessa immediatamente trasmessa a quella competente. Di tale trasmissione è data comunicazione all’interessato». C’è solo da chiederci se dobbiamo essere noi giornalisti a indicare le norme di legge che i magistrati dovrebbero conoscere a memoria. Specie se capi di un servizio come una procura.

Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]


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