È possibile criticare un avvocato pistoiese o bisogna chiedere il permesso all’Ordine? C’è troppa gente in giro che vuole insegnarci a fare il nostro mestiere di giornalisti d’inchiesta: dai sostituti Curreli e Grieco all’avvocata Annalisa Lucarelli. Ma forse, più che insegnare altri mestieri agli altri, meglio sarebbe che prima imparassero a far bene il loro. O no?
Sarebbe anche l’ora di smetterla di presentare il mai-comandante come una vittima
OH, DA TUTTI BLINDATO PER VENT’ANNI,
SI SENTE OFFESO E CHIEDE PURE I DANNI?
Una volta, quando i professori erano tali e non vice-mamme laureate alla scuola degli assistenti sociali, e destinate a stare dietro ai disagi dei ragazzi, se uno scolaro/studente se ne tornava a casa e piagnucolava dicendo «il maestro/professore mi ha dato 4, ma non me lo meritavo, perché avevo risposto a tutto» come minimo – i babbi allora erano in fabbrica a lavorare e non c’erano ancora fantasiosi genitori 1-2-3 –; come minimo le mamme casalinghe si toglievano una ciabatta e la tiravano in testa o in faccia al citto belone (= piagnucolone nel dialetto senese). Silenziandolo.
Ma a quel tempo: 1. i professori erano tali e sapevano perfino le cose che insegnavano; 2. i genitori volevano che i figli imparassero (e non che non rompessero, come oggi) a costo di frequentare una serissima e autorevole scuola post-fascista gentiliana selettiva e truce, ma non imbecillificante. A questo proposito, invito ad ascoltare non me, ma il professor Franco Cardini, che non è di destra, e che, parlando di Russia e Ucraina, accenna alla scuola vissuta da lui ai suoi tempi. È all’inizio del video.
Con l’equalizzazione verso il basso e a basso costo, attuata dai democratici Dc e dalle Armate Rosse del Pci negli anni 1968-1974 (decreti delegati); con le Case del Popolo in ebollizione politico-ormonale e un Benigni autenticamente volgare, strabordante di bestemmie e parolacce, molto prima delle leccate al culo di un non-presidente paraculo come Mattarella; con tutto questo, la democrazia ha insegnato ai genitori ad essere superiori ai professori: 1. perché i professori hanno iniziato un percorso di somarificazione di massa; 2. perché i genitori 1-2-3 hanno sviluppato quel tanto di superbia che basta ad acquisire sul campo il valore legale del titolo di studio e di abilitazione alle professioni. Del resto i 5 Stelle non proponevano l’abolizione del valore legale dei titoli?
A questo punto il gioco era fatto. Tutti oggi sono «esperti in tutto in tutti i campi» (i famosi tottologi) e non di rado, aldilà dei campi, sono periti anche nelle fosse, a volte perfino iliache o tricamerali. Sicché i genitori 1-2-3 vanno dai professori brunellificati (nel medioevo l’asino è spesso chiamato Brunellus) e insegnano loro il mestiere dell’insegnare; i preti vanno dai vescovi-arcivescovi-cardinali-papa e gli insegnano cos’è la teologia e il vangelo, anche se si sono fatti preti senza il seminario, senza il latino, il greco e l’esegesi biblica; i briàchi da osteria insegnano la tecnica del gioco del pallone ai loro idoli dei quattro calci in padella; e, altrove, magistrati e avvocati, in aula, assurgono a maestri di: medicina, ingegneria, caffellatte, pizza coi funghi, diritto amministrativo mancato, scrittura creativa, filosofia morale, morale cattolico-coranico-coronarico-cavolfiorico-cavolo&rape come in Se questo è un uomo di Primo Levi. Kaposzta és répak, in polacco.
È il caso di spenderci sopra tre parole per certi atteggiamenti che hanno caratterizzato il processo politico contro Linea Libera e i suoi giornalisti. Azione durante la quale due magistrati, Claudio Curreli e Giuseppe Grieco, ci hanno dato le dritte perché imparassimo da loro come dobbiamo muoverci e cosa dobbiamo scrivere quando (dal loro sublime POV-seggio dell’Olimpo) decidono di venire a giudicare i vivi e i morti e confondono la teoria e tecnica giornalistica con il moralismo socio-politico, caratteristica progressista che ci ha portato, se dio vuole, anche a un’Europa di guerrafondai-filoverdi-affamapopoli in nome delle farine di grillo e del Grillo della decrescita felice. “A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto”, diceva ancora Levi.
Accennavo al processo politico durante il quale un par di decine di avvocati ci hanno generosamente riservato i loro pregiosi consigli e tirate d’orecchie, se non ceffoni, quali sostituti del famoso olio di ricino del bel tempo che fu. La società è, infatti, liberamente violenta e, per esserlo, adopera le «autorità costituite», il rispetto della Costituzione, la retorica scotennata e sfacciata dell’offesa all’onore e al decoro come sempre ha fatto chi, pur colpito della lebbra del favoritismo, cerca di mostrarsi non per ciò che è, ma per una candida farfalla cavolaria.
Ci hanno coperto di rabbuffi, rimproveri e consigli. Ma mai quanti ce ne ha riversato nelle trombe di Eustachio (da non confondere con quelle di Falloppio) la gentile avvocata Annalisa Lucarelli: presente in aula con il giudice Luca Gaspari e con altri 4-5-6 (non-si-sa-quanti) giudici, lungo il percorso non del milleproroghe del governo “Poponi”, ma del millequerele del mai-e-poi-mai stato comandante dei vigili Andrea Alessandro Nesti.
Chiariamo ancora: personaggio indubitabilmente ed innegabilmente favorito, vezzeggiato, coccolato, accudito, rasciugato nelle sue inutili e false lacrime perfino dai suoi furon-colleghi della procura pistoiese, siano essi sostituti di carriera o Vpo che, da semplici laureati in legge e/o avvocati, si sobbarcano l’onere di andare a sostenere in pubblico le convinzioni, a nostro parere malate, dei togati riccamente emolumentati, e lo fanno solo… “per un pugno di euro” o “per qualche euro in più”.
L’avvocata Annalisa Lucarelli ci ha fatto due “Meloni” tanti, con queste sue lezioni di pretesca ascendenza politicamente corretta:
- come si scrive un articolo e quali devono essere gli argomenti che soli si possono toccare;
- quante e quali indagini devono fare i giornalisti prima di pubblicare un articolo opportunamente un-coglioned secondo le regole del politicamente corretto;
- quali siano i documenti da pubblicare, e quali no, a corredo dei testi, per non turbare la suscettibilità di certe vergini dai candidi manti;
- perché un giornale on line non debba usare i link di richiamo ipertestuale, dacché qualche vergine (di cui sopra) potrebbe sentirsi offesa & provocata;
- cosa esattamente significhi satira e per quale motivo la satira deve univocamente far ridere e non far disgustare il lettore;
- varie ed eventuali.
Intanto l’avvocata Lucarelli non ha ancora capito (dopo una serie infinita di scompisciate querele del Nesti, sia nel processo Gaspari che in altre tre o quattro azioni giudiziarie) che il giornalismo non è ciò che lei crede (cioè una sorta di partita di pallavolo), ma una scienza esatta della «verità sostanziale» dei fatti (legga qua e s’informi bene: Legge n. 69/1963, art. 2).
In secondo luogo, con umiltà (elemento ignoto, a nostro parere, anche allo studio presso cui la Lucarelli lavora), la signora Annalisa dovrebbe studiarsi lo stato giuridico dei dipendenti pubblici. Di amministrativo non se ne intende e non vuole intenderlo, da quanto si è capito: ma la difesa seria – come la boblesse – oblige…
Questo si vede:
- quando afferma che il sindaco Mangoni aveva tutto il diritto di reintegrare il Nesti. Falsa opinione e pregiudizio dell’Annalisa per due motivi.
Ella beatamente ignora che:
a) quando nel pubblico impiego si salta da un posto a un altro, quello precedentemente occupato è come cancellato e serve solo, se mai, per l’anzianità di servizio, calcolata in tutto o in parte, ai fini della progressione economica di carriera (perciò studi e porti rispetto a chi sa più di lei perché fornito di idoneità dirigenziale);
b) il sindaco Mangoni non poteva né doveva riassumere il Nesti, presumendo come legittimo un reintegro in uno stato giuridico insussistente in quanto cancellato e relativo a un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Insomma, prima che comandante “in usurpo”, il suo cliente Nesti era un precario del Comune di Agliana: perciò quali erano l’interesse legittimo del Comune e/o il diritto soggettivo del Nesti in questa opacissima vicenda di protezionismi e favori?
La riassunzione del Nesti, con mansioni di vigile urbano come di ruolo e senza soluzione di continuità, è dunque – se non un vero e proprio abuso d’ufficio – motivo di assoluta illegittimità della decisione: ci voleva, oltretutto, un bando di concorso per poter procedere, gentile Annalisa!E poi diciamola tutta: se il Comune di Agliana aveva bisogno di un comandante dei vigili – e non del Nesti in persona, nella persona del Nesti – l’Eleanna Ciampolini, sindaca, il comandante ce lo aveva a portata di mano in Mauro Goduto, dacché il Tar aveva cancellato non la graduatoria, ma la posizione del Nesti stesso dalla graduatoria.
E onestamente crediamo che non ci vogliano gli anfibi ai piedi per comprendere questa elementare evidenza giuridica. Lì si è trattato, con solare evidenza, del «Nesti per il Nesti»: oppure ci convinca che non è stato così, «per tabulas, non per amphibios»! - se si considera che il Nesti – ex Tar ed ex Consiglio di Stato – non è mai stato dipendente di ruolo del Comune di Agliana ex tunc (lo capisce, la Lucarelli, questo latino, o ne è digiuna come l’avvocata Elena Giunti?), sotto nessun profilo, fino dalla sentenza Tar 2010. Eppure la sinistra aglianese se l’è tenuto a forza e tuttora il centrodestra inciucista continua sulla stessa strada grazie agli accordicchi Aveta-Ciottoli-Benesperi e al buon cuore della protettiva procura di Pistoia;
- dalle dichiarazioni del sindaco: «Nesti è stato pagato per il lavoro svolto», sottolinea la Lucarelli. Pia invenzione e/o trucco da avvocati, dal momento che Nesti, pur non facendo parte del Comune di Agliana a nessun titolo, ha svolto, sì, un compito e per tale compito ha ricevuto lo stipendio: ma la domanda – che la Lucarelli non si pone perché disutile – è «Nesti ha fatto o no, in 15 anni di usurpazione di carica, sviluppo di carriera in termini economici?».
Perché se lo ha fatto, tale sviluppo stipendiario è comunque illegittimo dacché, nel pubblico impiego, chi svolge incarichi altri, intanto deve essere o di ruolo o in servizio legittimo (e Nesti non lo è mai stato e/o non lo era più); e in secondo luogo è, sì, da retribuire, ma solo con la differenza livellare dello stipendio-base iniziale fra il proprio posto di ruolo e le mansioni effettivamente svolte nel ruolo superiore o diverso.
La signora (che Gaspari mi perdoni!) Lucarelli è un disastro per più motivi, ma soprattutto:
- perché ha sproloquiato a vuoto senza avere studiato quel che doveva (gravis culpa per un difensore);
- perché ha distribuito consigli a gratis su questioni sulle quali non era assolutamente preparata (sappiamo noi come fare giornalismo d’inchiesta: non siamo in una partita di pallavolo);
- perché prima di insegnare ad altri come devono lavorare nel loro mestiere, è necessario essere in grado di gestire, nel miglior modo possibile, il proprio: ciò in relazione al fatto che, nell’ultima (speriamo!) sproloquiosa querela del Nesti, sembra che la Lucarelli si sia dimenticata di costituirlo parte civile.
Ora, periodo ipotetico dell’irrealtà nel passato, stile-greco, ma tipico anche del toscano, con l’uso dell’imperfetto indicativo (se non si capisce, possiamo far lezione a gratis): «Se non voleva dimenticare la “parte civile”, l’avvocata faceva meglio a mettere la sveglia al cellulare come quando la lasciò accesa in aula e turbò il placido sonno del giudice Gaspari». Ve lo ricordate l’episodio? In italiano da Crusca la forma corretta sarebbe: «Se non avesse voluto… avrebbe fatto meglio…».
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
NOTE A PIÈ DI PAGINA
1. L’avvocata Lucarelli pretende di accreditare il concetto che satira indichi qualcosa che fa ridere. Se fosse vero ciò, le sue elucubrazioni sarebbero satira: invece fanno piangere. Studi di più. In buona sostanza «castigat ridendo mores», frusta (i peccati) non necessariamente – come sostiene l’Annalisa – facendo ridere, ma ridendo, da intendersi come derisione o vedasi anche, a tal proposito, Allegoria e derisione di Vasco Pratolini, che (art. 21 Cost. – ad vitandam facilem quĕrēlam…) dubito sappia cos’è.
2. L’avvocata Lucarelli non vuol sentir dire che un signor nessuno (non-dipendente del Comune) che cerca di convincere il famoso Rino Fragai, sovietkommissar di Agliana, a trafficare per risolvere il pasticcio in cui è incappato – non per colpa sua, ma pur sempre magnificato per sua colpa – è persona di non illibati costumi.
Ma perché Nesti non si è fatto proteggere dal sindacato, organo deputato a difendere i lavoratori, piuttosto che mandare “lettere personali di un nessuno” al sindaco di fatto al tempo del Mangoni?3. L’avvocata Lucarelli non arriva a capire che una laurea da scuola gentiliana post-fascista; 41 anni di insegnamento di lettere e lettere classiche, compresi 12 di cattedra universitaria di lingua e letteratura latina, possono più che garantire sufficiente coscienza critica grazie a cui poter scrivere qualche povero articùcolo di natura d’inchiesta, senza che una pallavolista si permetta di insegnare le regole della… battuta.
4. L’avvocata Lucarelli ci accusa di campagna elettorale di destra e per la destra (sindachino Benesperi, Maurizio Ciottoli e FdI).
A questo proposito credo di aver già chiarito, al sostituto Giuseppe Grieco, che io, con FdI, non ho nulla a che fare e non voglio neppure avercene.
Tant’è che, se è vero che ho aiutato il centrodestra a sgambettare il centrosinistra di Agliana, ho però, in piena e cosciente libertà critica, talmente richiamato all’onestà (inesistente) sia il Benesperi calunnioso sia il Ciottoli falso testimone in aula, che entrambi, inferociti per la corrosiva e impietosa satira contro i loro inciuci con la sinistra, ci hanno trascinato dinanzi a Luca Gaspari con indegne schifezze, prima accolte a corsa e sùbito utilizzate dal sostituto Claudio Curreli come “cavalli di Troia” per avvalorare la tesi della delinquenzialità abituale di Linea Libera.
In verità non siamo noi ad essere “disegnatori di reati” e incompatibili con Pistoia, perché non siamo noi che accogliamo a braccia aperte i migranti irregolari per l’ideologia illegale pseudo-cattolica della Terra Aperta a prescindere.
Né siamo noi i magistrati che contravvengono alla norma imperativa (ma, a Pistoia, perculata) del divieto di lavorare nello stesso tribunale della propria coniugia…