autorità costituite. “LUPO NON MANGIA LUPO”: È PER QUESTO CHE LA MAGISTRATURA NON HA DIRITTO DI DIFESA SE VIOLA SENZA VERGOGNA LA COSTITUZIONE E LE LEGGI DELLO STATO

Avete mai visto uno di quei film amerikani in cui un qualunque disgraziato si rivolge alle alte cariche o alla polizia per denunciare illeciti e illegalità, e si trova davanti un tizio che, facendo parte del sistema-corruzione, si comporta ancor peggio della persona segnalata? Ecco: tra Pistoia e Firenze mi è capitata la stessa cosa e ve la racconto



HAI VOGLIA, TU, A PARLAR COI PADRETERNI:

SONO SPESSO PEGGIOR DEI SUBALTERNI…


 

Claudio Curreli su Tvl di Luigi Egidio Bardelli. Oltre che capo scout è anche coordinatore della rete Terra Aperta. Da qui la domanda: come può un magistrato lavorare contro le leggi dello stato se favorisce l’immigrazione clandestina? Provocatoriamente: prende lo stipendio dal popolo italiano o da qualche Ong sorretta da Soros?

 

Leggete bene. Il sostituto Claudio Curreli, defensor fidei del diritto, per legge non potrebbe e non dovrebbe stare a Pistoia a lavorare, gomito a gomito, con la moglie Nicoletta Maria Curci, giudice delle esecuzioni.

È qualche anno che lo ripeto e lo scrivo quasi ogni giorno, ma i “custodi della legge” (Quis custodiet custodes?, povero Giovenale…) tacciono colpevolmente: presidente del tribunale; colleghi di procura e sezione penale; avvocati – come dice la presidente dell’Ordine Cecilia Turco – “baluardi del cittadino contro le ingiustizie”; Camere Penali e tutto il resto in fila, sono delle mummie. L’onorata società non è niente quanto a omertà di stato-corruzione.

L’articolo 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall’articolo 29 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, è sostituito dal seguente:

Art. 19. – (Incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria della stessa sede).

1. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al secondo grado, di coniugio o di convivenza, non possono far parte della stessa corte o dello stesso tribunale e di uffici giudiziari facenti parte dello stesso distretto di corte d’appello.2. I magistrati non possono appartenere a un ufficio giudiziario facente parte dello stesso distretto di corte d’appello ove i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, svolgono attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

3. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono far parte di uffici giudiziari del medesimo distretto di corte d’appello.

4. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non possono far parte di collegi giudicanti nell’ambito dello stesso distretto di corte d’appello.

5. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è rilevata dal presidente della corte d’appello attraverso una verifica da svolgere annualmente e i cui esiti devono essere trasmessi al Consiglio superiore della magistratura entro il 31 gennaio di ogni anno.

6. Il Consiglio superiore della magistratura, entro trenta giorni dalla trasmissione della relazione del presidente della corte d’appello che ha rilevato un caso di incompatibilità, trasmette senza indugi ai magistrati interessati il rilievo effettuato invitando gli stessi a documentare, entro trenta giorni, il trasferimento del parente o affine che svolge attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

7. Quando ricorre un caso di incompatibilità per rapporti di parentela o affinità con magistrati, entrambi sono invitati dal Consiglio superiore della magistratura a dichiarare congiuntamente quale dei due intenda permanere nella stessa sede e quale accetti il trasferimento d’ufficio.

8. Il Consiglio superiore della magistratura provvede collocando il magistrato da trasferire presso la sede giudiziaria facente parte del distretto di corte d’appello che il magistrato ha indicato come preferenza. In mancanza di indicazioni il Consiglio superiore della magistratura procede al trasferimento secondo i criteri ordinari».

Fonte: clicca su questo link.

Ogni commento è superfluo

 

Per questo motivo, il 26 dicembre 2022 – Santo Stefano è il patrono della mia chiesa parrocchiale di Lucciano –, mi sono permesso di rivolgermi al dottor Alessandro Nencini, presidente della Corte d’Appello di Firenze, per segnalare il caso Curreli, l’uomo che fa il pelo alle pulci degli altri, ma – come magistrato investito di spropositati poteri– dimentica, più che volentieri, di fare la barba a se stesso, che pure dovrebbe avere un viso liscio e senza alcun punto nero in circolazione.

Come puntualizzazione alla lettera inviata a Nencini, ho ricevuto questo commento da un mio affezionato lettore:

L’incompatibilità in argomento risulta superata dalla prassi! Ci sono diversi magistrati nel distretto di Firenze che operano o hanno operato in situazioni stridenti con i richiamati dettati. Le ricordo che la ex presidente Carnesecchi era in rapporto di coniugio col sostituto procuratore generale Scialoia; idem per il titolare delle indagini pistoiesi degli Untouchables, Sottosanti; e per ultimo, ma non ultimo, lo stesso Presidente della Corte d’Appello di Firenze, Alessandro Nencini, in rapporto di coniugio con la Gip E. Bagnoli.

Prassi, azzo! Cos’è la prassi, cittadini italiani e sudditi pistoiesi? Il metodo con cui il potere fa ciò che vuole, anche di illegale, mentre tronca la schiena a chi (come me e vari altri) ha osato chiedere che si accertassero, se vi erano (come vi erano), le responsabilità del Comune di Quarrata sui favori concessi al ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, in odor di legami con lo stesso tribunale penale e/o civile? O del dottor Andrea Alessandro Nesti, ex Vpo della stessa procura pistoiese?

Così il Gran Mogol degli scout-Agesci, che riscuote lo stipendio da noi cittadini, ma lavora per gli ingressi dei clandestini irregolari su suolo italiano con la sua Terra Aperta, agenzia privata irregolare e anti-legge;

il piantumatore di alberini di Falcone e gelsi-moro di Caponnetto nel cortile dello squalificato, ormai, Forteguerri;

l’addetto stampa degli scout-Agesci che adopera gli strumenti d’ufficio per interessi privati in associazioni private, senza subire neppure un richiamo alla serietà della figura del magistrato;

il missionario che ha perfino fatto escursioni notturne sulle rotonde di Agliana per redimere le prostitute di colore, movendo polizia e vigili urbani pagati da nostri soldi;

il moralizzatore che s’inventa lo stalking giornalistico aiutato dal collega Giuseppe Grieco; ascoltato dalla Gip Patrizia Martucci; onorato dal giudice Luca Gaspari;

l’uomo che, contravvenendo alle regole del suo altisonante-nobilissimo mestiere, lavora con la moglie in posizione di incompatibilità, e che ha il coraggio o lo s-pudore di insegnare a chi lo paga com’è che si fa il “giornalismo montanelliano”:

ecco, costui tutto può per i propri personali interessi e contro il superiore interesse della totalità dei cittadini, della Repubblica, della Costituzione.

E se cerchi di farlo notare a chi di dovere, ti ritrovi dinanzi altra gente che – sia pure onesta quanto volete – fa anch’essa cosa vuole, come vuole, quando vuole a favore e/o contro chi vuole.

Perché l’Ordine degli avvocati, le Camere penali, il Csm, il parlamento, il governo, il popolo dei democratici progressisti non la smettono di far finta di niente e prendono la scopa per spazzar via tutta la polvere dei salotti buoni d’Italia? O è più comodo e redditizio «non svegliare il can che dorme» in una vera e propria tomba di ipocrisia da dittatura nazi-fascio-catto-stalinista?

Dottoressa Martucci, che mi scaraventa in galera ai domiciliari senza riflettere: anche lei, come essere umano di sesso femminile, si sente autorizzata a insegnarmi la fiducia nelle istituzioni e nelle «autorità costituite». Ma quali? Quelle dei princìpi costituzionali o quelle che, come lei stessa, fanno quello che vogliono a dispetto del popolo sovrano e lavoratore?

E Mattarella, il non-presidente eletto da un parlamento da lui stesso ritenuto illecito; l’autore di interventi di ingerenza politica in odore di attentati alla Costituzione; il sorridente selfiettaro durante le sconcezze della Rai a Sanremo; il cattolico e credente, e per giunta padrone di una carica (il doppio settennato) non prevista da una Costituzione democratica, ma più da paese latino-americano: nemmeno lui si pone il problema della assoluta assenza di pudore e rispetto, da parte sua e dei suoi subalterni magistrati, nei confronti del popolo italiano che li fa vivere, tutti, in una bambagia milionaria irriverente dei valori umani, morali e civili?

Lo chiedo a tutti in nome e per conto dell’art. 21 della Costituzione: quello che, nel 1954, non impedì a De Gasperi di far dare un anno di arresti in carcere a Giovannino Guareschi.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


Non ero proprio preparato per vivere in un paese tanto libero, democratico e rispettoso delle leggi come l’Italia progressista!


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