PISTOIA. Questa volta non c’erano né la digos, né la municipale, né i rappresentati delle forze politiche loro antagoniste. I diciasette giovanotti – “costituenti” la famiglia di Don Biancalani – provengono da quattro paesi: Gambia, Costa d’Avorio, Malì e Ghana e di questi, solo il primo è afflitto da un regime militare come quello che opprime l’Eritrea e che, forse, sarà travolto da una guerra civile.
Forse sarà, precisiamo bene. Al momento non sembra come l’Eritrea, esposto alla tutela dell’ombrello Sprar, il tutor ha interrotto l’intervista improvvisamente.
Abbiamo atteso le diciotto per ascoltare il dibattito con le testimonianze dei “ragazzi della piscina” (dopo quelli del “1899” e quelli di “via Panisperna”, ecco una nuova categoria non meno autorevole) ma l’indisponibilità di Don Biancalani ha costretto il rinvio di oltre un’ora della prevedibile serie di narrazioni.
Non sappiamo dire se l’assemblea sarà davvero “permanente” come riportato dal volantino distribuito, ma è certo che l’evento è stato tenuto nel cortile della parrocchia e la “logistica organizzativa” è stata assicurata dalle sue risorse, come che l’allestimento dell’area che è stato curato con un gruppo di parrocchiani, poco inclini alle interviste agli ospiti.
Non ci siamo persi d’animo e abbiamo còlto la disponibilità di alcuni dei giovani per un’intervista personale, partita sui trascorsi di un giovane gambiano, poi rapidamente evolutàsi in una narrazione di gruppo che richiedeva anche una faticosa revisione dei termini approssimati in inglese.
Dopo pochi minuti l’intervista è stata interrotta dall’intervento di uno dei parrocchiani che – quale apparente tutor – ha insistentemente invitato i giovani ad “andare a ballare” lasciando i ragazzi stupiti della richiesta: nessuno ballava!
L’intervista è stata dunque breve, ma di sicura efficacia: chi scrive è stato più volte in Africa centrale e nel suo Corno e ha conoscenza degli standard della vita tra i tropici: giustizia, sanità, welfare, istruzione, sviluppo industriale, libertà d’opinione, ovvero, partecipazione democratica ai più bassi livelli se non inesistente. Questi i problemi lamentati dai ragazzi indistintamente che sono all’origine della loro fuga in Europa. Non abbiamo citato la libertà di stampa per dimenticanza, ma per ovvie motivazioni.
Stupisce sapere che i giovani africani sono – anche loro – stupìti del clamore suscitato dal loro innocente tuffo in piscina e da qui, si comprende anche la presenza del tutor.e la diffidenza al rilascio di interviste Sapere che in Africa le piscine “ci sono e sono aperte a tutti” è curioso e sorprendente, tanto che diventa ridondante chiedere informazione sugli standard di sicurezza e igiene di tali impianti pubblici. Saranno gli stessi che in Europa?
Comunque, il componenti del gruppo sembrano orientati a restare in Italia anche se, al momento, non hanno avuto nessuna proposta di scritturazione da nessun impresario per qualche casting televisivo: a nessuno è pervenuta richiesta dal “grande fratello” e affini. Chiaramente, loro si dichiarano pronti a svolgere qualunque lavoro e non dubitiamo che lo svolgerebbero in modo diligente e appassionato, non mancandogli la voglia di riscatto, spentasì negli occhi di molti giovani nostrani. Ad avercèlo, un lavoro!
A Don Massimo, rivolgiamo da questo schermo una sola domanda: è proprio certo che l’evento politico di una “assemblea permanente antirazzista/antifascista” – essendo peraltro costituita permanentemente – sia in accordo con la conduzione della Parrocchia che prende nome dal prospiciente edificio ecclesiastico noto come Chiesa?
Cosa dice il Codice di diritto canonico sull’argomento? Noi, la preghiamo cortesemente di registrarsi il nome della nostra testata perché respingiamo rigorosamente il marchio carico di stigma di “media che li sostengono” (i razzisti e i fascisti ndr) come riporta l’invito. Troppo facile usare le “etichette” per tagliare via ogni gli argomenti: ai simpaticissimi “ragazzi della piscina” vogliamo concedere l’interprete e il mediatore culturale, ma a noi spetta la facoltà di poter registrare le storie e conoscere i fatti (ex articolo 21 della Costituzione).
Senza né censori, né tutori, cercando solo di narrare i fatti, rilevando i documenti e le testimonianze (su interviste integrali e non interrotte) oltre a consultare i Codici canonici; questi ultimi forse, con una parziale competenza. Forse.
[Alessandro Romiti]