FACCIAMO OSSERVARE, con le cautele espositive d’obbligo e del caso, che la Comunità Montana, oltre ai fatti già acclarati, altri ne nasconde e che non sono affatto simpatici.
Ci spieghiamo meglio: quando scoppiò lo scandalo della Comunità Montana, il Presidente e la sua Giunta videro bene di cautelarsi nominando avvocati che a vari livelli potessero tutelare gli eventuali danni derivanti dal comportamento del sig. “G.S.”.
Il quesito che il normale cittadino, che ha scartabellato un po’ di delibere della Comunità Montana e sul quale l’Ordine degli Avvocati dovrebbe esprimersi ufficialmente, è questo: è possibile e normalmente ed eticamente consentito che la parte indagata e la parte eventualmente lesa si avvalgano di professionisti che coabitano nello stesso fabbricato, al solito numero civico e magari hanno anche in comune la sala di attesa? Insomma, il codice deontologico degli avvocati, attraverso il Presidente dell’Ordine, può dirci univocamente se la cosa è consentita e perciò lecita?
È una domandina piccola piccola che, secondo noi, prima di procedere nel nostro ulteriore ragionamento, necessita di un chiarimento ufficiale e certo, per evitare di navigare a vista come di solito si fa in Italia e, perciò, anche a Pistoia.
Quello del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, al quale la presente è inviata.
Se il Consiglio avrà la bontà di rispondere, noi procederemo con le ulteriori considerazioni.
E con nomi e cognomi. Grazie.
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