AGLIANA. Intorno a mezzogiorno di sabato 9, ci viene data notizia che una pattuglia di ispettori di Usl Centro (ben riconoscibili dalla auto di servizio) era nella prossimità del bacino idrico del cavo Briganti ad Agliana, un bucolico laghetto che abbiamo fotografato nella successiva mattina e che ricordiamo alle cronache di un lustro fa, per essere utilizzato per il rifornimento dell’acqua del Sindaco, con tanto di fontanello collegato.
Era forse una pattuglia del Dipartimento di Prevenzione della Paola Picciolli e Renzo Berti che faceva una ricognizione? Se sì, perché? Forse per l’attenzione riportata sui nostri schermi a seguito della denuncia sulla possibile ricaduta di inquinanti fitofarmaci provenienti dai vivai di prossimità al bacino?
Abbiamo dunque fatto una visita sul luogo e trovato delle evidenti anomalie, se rapportate alle prescrizioni richieste dall’utilizzo di fitofarmaci pesticidi, divenuti un’evidente criticità per l’intero territorio, coperto da numerosi vivai – tutti ben trattati da pesticidi – che formano il più esteso distretto vivaistico d’Italia.
Intorno al bacino idro potabile ci sono numerose abitazioni e anche una pista ciclabile, transitata da pedoni, ciclisti e residenti, oltre la quale si trovano i vivai in questione, aperti al pubblico e comunque certamente trattati dai fitofarmaci pesticidi, visto come si presentano puliti dalle erbacce, sicuramente non eradicate a mano e senza ombra di pacciamatura.
Le immagini che abbiamo ripreso sono eloquenti e permettono di comprendere il quadro ambientale, come sensibile, per la sussistenza di residenti, sportivi e semplici pedoni o ciclisti di passaggio.
Le immagini, permettono di comprendere in modo empirico – ma a infallibile colpo d’occhio – per la forte differenza che sussiste tra la fascia perimetrale lungo la strada principale, con bei ciuffi di erba folta e quella di coltivazione a vivaio, ben pelata e pulita da gramigne.
La faccenda prende un interessante risvolto, se riprendiamo la relazione che Arpat fece alla Usl Centro nel 2015 (vedi link nel margine inferiore): in tale documento si richiamava la pericolosità di numerosi formulati chimici usati nelle colture, accennando la incapacità dei laboratori Arpat di disporre di metodiche efficienti per la rilevazione analitica di detti formulati velenosi.
La metodica, riguarderebbe anche l’accuratezza della misurazione laboratoristica che dovrebbe essere tarata al livello di diluizione – molto alta – dei formulati da ricercare.
Interessante rilevare anche la trascurabile esistenza di un canale perimetrale di raccolta delle acque piovane: una fossetta ridotta e comunque inutile, quanto aleatoria, considerando la permeabilità del terreno alle acque e dunque ai veleni impiegati, che però ci risulta come artatamente illustrato in Commissione ambiente – nella precedente consiliatura Mangoni – come un efficiente canale di raccolta delle acque contaminate!
La faccenda si compromette ulteriormente, se si considera come, nel 2017, la Procura della Repubblica provvide ad archiviare un esposto appositamente elaborato da tre associazioni ambientaliste (Wwf, Comitato antinceneritorista e Legambiente) che denunciava la criticità dell’ameno laghetto potenzialmente, da anni esposto all’inquinamento (il Decreto di archiviazione è consultabile nel margine inferiore del testo).
Viene da chiedersi dunque:
– Come mai l’Usl Centro è stata tanto efficiente nel disporre la pattuglia di ispettori, solo oggi? Gli ispettori hanno visto anche le tre casette di legno affittate dalle precedenti amministrazioni ( che ricordiamo costruite con fondi per l’emergenza della protezione civile) che sono state costruite proprio a ridosso dei vivai? E le hanno censite agli effetti delle potenziali esposizioni a pesticidi?
– Venne interpellato il Dip. Prevenzione nelle indagini aperte nel 2015 dalla competente Procura? In caso affermativo, cosa relazionò ai Magistrati inquirenti?
– È regolare l’uso massiccio di fitofarmaci nella prossimità dei quartieri di residenti e, sopratutto, della pista ciclo-pedonale (anche segnalata con apposito cartello?).
– La Magistratura che indagò sull’esposto del 2015, specificamente redatto e sottoscritto per il cavo Briganti, escluse l’inquinamento delle acque del bacino? Come fece a raggiungere tale pronunciamento così caratteristico e necessario per una archiviazione su un evento di “inquinamento”?
– Se Arpat dice che non ha le metodiche per rinvenire i suddetti formulati dispersi in quantità ignote nel terreno e certamente dilavati nelle acque di attingimento, chi le rilevò e come?
Ci potrà rispondere il Direttore Andrea Poggi?
Insomma fermo restando che la fascia dei 200 metri di “sicurezza” da considerare come misura preventiva è ignorata, Publiacqua, ci può spiegare come può escludere un potenziale inquinamento delle acque, anche trattato nel Consiglio comunale, con ampie rassicurazioni?
“Chi deve fare cosa?” e comunque, in un caso come questo non varrebbe l’applicazione diretta di un provvedimento di “ordinanza contingibile” atto a impedire ogni irrorazione di veleni e il conseguente potenziale inquinamento, con esposizione diretta dei cittadini ai veleni?
Serve esercitare una richiesta di “accesso agli atti” o i dirigenti di Usl Centro e Arpat, vorranno replicare con un comunicato stampa dedicato?
Vedi relazione Arpat 2015
Vedi decreto di archiviazione della Procura della Repubblica di Pistoia
Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]
2 thoughts on “bacini (avvelenati). ACQUA DEL SINDACO AL PESTICIDA?”
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