FIRENZE. Quando sui quotidiani leggiamo articoli relativi agli animali, questi vengono presentati come creature abiette, fameliche di sangue, mostri distruttori e non come ciò che in realtà sono, creature facenti parte di quella catena della vita che Dio o il bosone di Higgs ha creato. Perciò la parola d’ordine che scorre come un fiume impetuoso fra le tante è quella che noi italiani, per gli animali, sappiamo pronunciare e sperimentare al meglio: uccidere.
Siano cinghiali, caprioli, daini cervi o mufloni, in questi giorni gli ungulati sono nel mirino dei fucili dei cacciatori grazie alla proposta di legge presentata dall’Assessore regionale toscano, Remaschi. Proposta di massacro che si vorrebbe estendere a livello nazionale, con una bella formula matematica: 3 su 4, in quanto la legge 157/92 viene considerata obsoleta mentre la caccia, dalla preistoria ad oggi, non ha ancora tale autorevole marchio. Ha cambiato anche la motivazione, che da sopravvivenza è passata a sport, arte, ecologia e, per i cuori deboli, “rifornimento delle mense dei poveri”, ma non la violenza di cui si nutre.
Tutto questo orgasmo al massacro è basato sui rarissimi episodi di animali che aggrediscono, sconfinano nelle strade o vanno a cibarsi nei campi coltivati per la nostra incapacità di gestire il territorio. Il problema poi viene ingigantito e lo scopo lo sappiamo bene: giustificare il coinvolgimento dei cacciatori che, altrimenti, poveretti, resterebbero senza il loro appassionante gioco.
Perché avvengono questi rarissimi assalti di cinghiali se il cinghiale è un animale altamente tranquillo e intelligente? ”Nomade e amante del quieto vivere la sua presenza è incompatibile con un sovraffollamento umano”, “se non è provocato o ferito non aggredisce l’uomo ma, continuamente attaccato o costretto a fuggire dai cani ha acquisito una tale avversione verso questi animali da attaccare tutti quelli che gli capitano a tiro, l’attaccamento della madre ai figli è notevole; essa non esita ad affrontare qualsiasi avversario” (da Il cinghiale del Prof. Franco Nobile, cacciatore ed esperto di cinghiali). Probabilmente perché numerosi sono gli ostacoli al nomadismo del cinghiale che ama variare il luogo del suo foraggiamento, il deterioramento dei boschi, i limiti ambientali.
Quando qualcuno chiede: “Pur avendo in Toscana il calendario venatorio più ampio d’Italia perché non si è riusciti a contenere la crescita demografica?”, la risposta dell’Assessore è quella ambigua che usa chi intende dare a bere fischi per fiaschi, “non è del tutto così”. Tanto le parole sono parole mica pallottole!
E quando gli chiedono “perché non usare metodi incruenti”, da quel politico sapiente e conoscitore dell’argomento risponde: “Io non conosco sistemi che in tempi rapidi consentano di ridare sicurezza ai cittadini e salvaguardare le eccellenze”.
Ma i metodi incruenti ci sono e sono anche rapidi e meno costosi, rispetto alla ferocia, incapacità e onerosità della caccia.
Ne parla l’Ispra nelle sue “Linee guida per la gestione del cinghiale” proponendo il vaccino contraccettivo GonaConTM di ultima generazione sperimentato con successo nonché le barriere olfattive, le recinzioni non abbattibili né scavalcabili e, soprattutto, vietando il foraggiamento ad libitum, l’allevamento, e il ripopolamento.
Nel parco di San Rossore, in 10 anni, semplicemente evitando il foraggiamento, i cinghiali da 1000 sono rimasti 300.
Proponiamo anche quanto scrive il ricercatore Alessandro Bisiani: è oramai assodato che la caccia non riduce gli ungulati anzi porta al collasso la struttura del branco, alla colonizzazione di nuovi spazi, all’anticipo del primo estro nelle femmine, in conclusione all’aumento delle nascite e a parti pluri gemellari.
Stesso concetto espresso dal prof. J. H. Reicholf delle Università di Monaco di Baviera: con la caccia le specie animali che sono già rare divengono ancora più rare e quelle che sono comuni diventano ancora più comuni; da Norbert Happ, www.abschaffung-der-jagd.de – www.norberthapp.de, il più noto esperto di cinghiali ed ungulati in Germania ed egli stesso cacciatore che afferma, a proposito dei danni arrecati dai cinghiali all’agricoltura: i rapporti sociali disordinati nelle popolazioni di cinghiali con riproduzione incontrollabile sono da imputare esclusivamente all’esercizio venatorio.
Esiste anche uno studio durato 22 anni di ricercatori francesi nel dipartimento Haute Marne. S. Servanty et al. Journal of Animal Ecology 2009 e quello, recentemente pubblicato sulla rivista Pest Management Science, Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe a cura di diversi autori provenienti da quasi tutti gli stati europei e, sempre sulla stessa rivista, l’attualissimo lavoro scientifico dal titolo molto eloquente della biologa Giovanna Massei: Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe.
Potenza tra le potenze, potere forte tra i poteri forti anche se con numeri deboli (circa 800mila in Italia, 80mila in Toscana) il plotone dei cacciatori, sostenuto da politici, armieri, ristoratori e industrie varie, detta legge in Italia tant’è che, grazie all’art. 842 del c.c. non li fa essere uguali davanti alla legge ma “più uguali degli altri” (Orwell). In Italia è facile.
Paese dove la corruzione alligna fin negli interstizi, dove la legalità è parola insignificante perché le leggi o non si rispettano o si raggirano con deroghe ma anche senza, oppure si emettono ad hoc. Paese continuamente condannato dall’Europa con innumerevoli procedure di infrazione. Paese che oltre a uccidere milioni di animali, uccide e ferisce anche gli umani, oltre 100 ogni anno (http://www.vittimedellacaccia.org/).
Noi cittadini vogliamo che sia fatta verità. Non vogliamo cinghiali nelle strade, non vogliamo caprioli nei giardini, non vogliamo campi devastati, non vogliamo animali? Allora perseguiamo la soluzione vera, quella di cui nessuno parla, quella che viene tenuta nascosta per mantenere l’ipocrisia di cui la categoria dell’ars venandi si ammanta.
I cacciatori che hanno portato all’estinzione il cinghiale autoctono maremmano, piccolo, poco prolifico, diffidente, per alimentare la loro sanguinaria passione (diversamente non si può chiamare nel terzo millennio) quella di uccidere vite di esseri senzienti, hanno pensato bene di attingere al supermercato del cinghiale alloctono del centro est Europa, grande, confidente, prolifico. Ma perché è stato loro permesso?
Se la caccia:
- produce ogni anno, tra gli umani, oltre un centinaio di morti, mutilati e feriti ritenuti danni collaterali da chi sostiene che la tradizione vada comunque rispettata;
- dopo aver provocato l’estinzione di molte specie autoctone, distrutto l’equilibrio naturale retto dalla legge biologica della capacità portante, consente nel territorio che si vorrebbe equilibrare, l’immissione di specie alloctone ignare responsabili di quello squilibrio numerico a cui si appellano gli adepti per dare e prendere il permesso di uccidere;
- non può eradicare una specie in quanto tale eradicazione è ritenuta illegale dall’Infs/Ispra con prot. 3502/T-A24, punto 6.2.4, 11.07.2000 allorché viene richiesta dai sindaci e autorizzata con i piani faunistico venatori provinciali nonché, di fatto, è ritenuta impossibile in un territorio senza barriere invalicabili (Soccini & Ferri-Iucn e dallo stesso Ministero dell’Ambiente);
- secondo gli autorevoli studi già richiamati, non è la soluzione ma il problema;
- impegna generose sovvenzioni di denaro pubblico da parte dello Stato e degli enti locali sottraendoli a necessità importanti e urgenti per l’ambiente sempre trascurato;
- impone la diffusione sul suolo e nel sottosuolo, nelle acque e sui prodotti agricoli, di immense quantità di piombo molto pericoloso per la salute quando invece dovrebbe essere sottoposta alla valutazione di impatto ambientale (via). prevista dal D.Lgs. gennaio 2008 n. 4 per cui, tra l’altro, chi inquina paga (art. 239);
- produce in un anno, in Italia, un impatto ambientale pari a quello di 600mila tonnellate di rifiuti solidi urbani secondo la valutazione calcolata su ipotesi minime (dr. Massimo Tettamanti chimico ambientale);
- ha suggerito nel 2009 la presentazione in Parlamento di un esemplare disegno di legge da parte dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca: “All’art. 21 della legge 11/2/1992, n. 157, è aggiunto il seguente comma 4. È sempre vietato a chiunque immettere in libertà sul territorio nazionale, sia a fini di ripopolamento sia ad ogni altro fine, esemplari di cinghiale di qualunque sottospecie o razza. Per la violazione del divieto di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 1500 per ciascun esemplare”;
perché continuare a sostenerla? Noi proponiamo per i cinghiali i rimedi elencati, per i politici attenzione ai bisogni e non agli interessi e per i cacciatori un bel videogame. Infine, per i giornalisti, la ricerca della verità.
Intanto oggi, 29 settembre, davanti alla Regione Toscana, in Via Cavour a Firenze, le associazioni toscane terranno un presidio di protesta.
Mariangela Corrieri
Presidente Associazione “Gabbie Vuote Onlus” Firenze
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