BASTANO 90 MINUTI PER SAPERE TUTTO SHAKESPEARE

Nino Formicola, Alessandro Benvenuti e Francesco Gabbrielli
Nino Formicola, Alessandro Benvenuti e Francesco Gabbrielli

MONSUMMANO. William Shakespeare è un personaggio fondamentale della cultura mondiale, alla pari di Dante Alighieri. Ma se vi ci volete avvicinare, non vi scoraggiate, né impaurite: andate a vedere Tutto Shakespeare in 90 minuti e alla fine della rappresentazione teatrale, un’ora e mezza spaccate, qualcosa di più e di importante lo saprete senza meno. Di certo, vi sarete divertiti, come è successo a noi e a quelli che ieri sera hanno riempito il teatro Yves Montand, di Monsummano Terme, dove è andato in scena lo spettacolo di Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield, tradotto da Paolo Valerio e adattato e mandato in scena da Alessandro Benvenuti.

Abbiamo avuto la tentazione, iniziando a parlare dello show di ieri sera, di esordire nella maniera più retorica che si potesse, con un the show must go on, visto e considerato che l’adattamento teatrale, il comico-regista fiorentino, l’aveva pensato affidando gli sketch a Nino Formicola e Andrea Brambilla, gli indimenticati Gasparre e Zuzzurro del Drive In. L’improvvisa scomparsa di Zuzzurro nell’ottobre scorso avrebbe anche potuto suggerire l’annullamento delle rappresentazioni successive, in considerazione dell’insostituibile afflato decennale che sorreggeva la comicità dell’affiatatissima coppia televisiva e teatrale. Ha fatto bene invece Alessandro Benvenuti a non perdersi d’animo e a sostituire lui stesso il collega-amico nei panni del narratore-interprete-protagonista, tre ruoli, inoltre, che molto bene si sono addomesticati alla nota e simpatica follia urbana dell’ex Giancattivi, abituato, anche ai tempi della triade con Athina Cenci e Francesco Nuti, a giocare sui paradossi.

L’impresa comico-teatrale inoltre si è avvalsa, oltre che dei due navigati mattatori, anche di una giovane leva toscana, Francesco Gabbrielli, decisamente soddisfatto, al termine della serata, di potersi considerare uno dei pochi profeti in patria.

Lo spettacolo è una cascata di frammenti shakespeariani portati in dote con una vis comica di indubbia risoluzione, con la scena occupata da un castello, inglesissimo, con due porte per uscire e rientrare in scena a fare da spartiacque tra la diretta e i velocissimi e goffi cambi-abito, vesti volutamente impresentabili abbinate a parrucche al limite della decenza tra l’altro montate su abbigliamenti iniziali a dir poco oltraggiosi la memoria del grande intellettuale inglese, se non fossero tanto comici e buffi e se non volessero, anche loro, rendere il doveroso omaggio.

Da Otello a Le Comari di Windsor, senza dimenticare Amleto, con la premura di non nominare nemmeno il Macbeth, visto che corra voce che sia foriero di sfortuna scenica, un frullato di nomi e circostanze raccontate con la gioia e l’incoscienza con le quali ci si rivolgerebbe a dei bambini nel tentativo, epico, di avvicinarli ad un mostro sacro come Shakespeare, senza tediarli.

luigiscardigli@linealibera.it

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