QUARRATA. Quando finisce una storia, ci si guarda indietro attanagliati dalla malinconia. Sempre, pure se nella storia c’erano più crepe che certezze. Quando finisce una bella storia, un pezzettino del nostro cuore muore, anche se ci sforziamo, magari, di affermare il contrario.
All’improvviso, alla fine di questo giugno incerto, il Blu Volley Quarrata ha deciso di staccare la spina al “Beach Volley Città di Quarrata”, dal 1995, anno della sua nascita, l’evento sportivo-clou dell’estate quarratina. Sì, niente ventennale, nessuna ventesima edizione, dunque: ci si ferma a 19 e non si fa a tempo a chiedersi il perché, il motivo per cui la società organizzatrice non abbia chiesto aiuto prima, non abbia rivolto appelli agli sponsor, non si sia data da fare per non far sparire una manifestazione ormai consolidata. La motivazione ufficiale è “non è stato raggiunto il numero sufficiente di squadre” (Fabiano Petrelli, vice presidente, ed Emanuele Ferri, diesse, dissero).
Ci si è fermati a quattro, ne servivano otto, ci si sarebbe accontentati di sei. Certo, lo sappiamo, tutto ha una fine, ma questa conclusione, inaspettata, repentina, sorprendente fa restar male tutti, almeno coloro che l’hanno amato veramente questo torneo.
Che era più di un semplice torneo: è stata una delle prime competizioni di beach volley disputate lontano dalle località marine e per questo fu persino celebrata sulle colonne, allora più autorevoli di quelle odierne, de La Gazzetta dello Sport, quella versione-Cannavò per intendersi (peggior grafica, ma migliori contenuti). Il “Beach Volley Città di Quarrata” fu ideato da Carmine Bomparola e Vito Melani, che vennero alla redazione de La Nazione, giornale che poi l’ha sempre patrocinato assieme al Comune mobiliero, a parlare col sottoscritto, per sapere che cosa ne pensasse.
Divenne subito grande, portò pallavolisti da tutta la Toscana, qualcuno persino da fuori regione, fu accolto con tutti gli onori dai mass media. Poi, nel corso degli anni, perse un po’ del suo smalto, venne affiancato da altri tornei, ma non smarrì mai la sua capacità d’aggregazione e socializzazione. La gente si ritrovava, alla sera per 10-15 giorni consecutivi, per stringersi la mano, parlare, persino innamorarsi. “La speranza – per dirla col già citato Bomparola – è che, prima o poi, la storia possa ricominciare”.