BERTINELLI, GLI ALBERI E LA CITTÀ

Pini in piazza d’Armi
Pini in piazza d’Armi

PISTOIA. Nei giorni scorsi il taglio di decine di alberi in Piazza d’Armi ha provocato alcune reazioni, come la lettera aperta di Francesco Bartolini dell’Ordine di Agronomi e Forestali che evidenziava la totale mancanza di piani e programmi nel verde urbano cittadino. Ma in generale sembra dominare il silenzio e l’indifferenza: questo purtroppo è un cahier de doléances, rivolto alla città di Pistoia, per quanta poca cultura del verde sia presente nella coscienza italiana e di Pistoia in particolare, visto che amiamo definirla città delle piante.

Alcune cadute di rami da alberi di pino domestico (Pinus pinea L.) hanno giustamente colpito l’opinione pubblica, memore di fatti più gravi o addirittura tragici, come quella estrema della morte di nonna e nipotina, di qualche mese fa alle Cascine a Firenze. La caduta di un primo ramo è stata un po’ frettolosamente archiviata come fatto accidentale mentre la seconda, avvenuta subito dopo, è stata sufficiente per definire in modo altrettanto frettoloso come “ a rischio” la stabilità di tutti i pini del Parco della Resistenza e a decidere quindi per il loro abbattimento.

Chiunque si occupa con un po’ di competenza della gestione dei nostri patrimoni arborei sa che il pino domestico (fra l’altro nei comunicati stampa più volte definito “pino marittimo”, molto diverso) è una specie che ha una difficoltosa convivenza con la città e con l’uomo: radici affioranti che deformano le pavimentazioni, naturale tendenza all’autopotatura (cioè a far cadere spontaneamente i rami più vecchi), possibilità di ribaltamenti, specie a seguito di perdita di coerenza del terreno o di danneggiamenti alle radici, molto frequenti in ambito urbano. Il Pinus pinea rappresenta un caso peculiare nel panorama arboricolo nazionale e internazionale (testimoniato da studi e convegni specificamente dedicati), di particolare importanza nel nostro paesaggio urbano e rurale, tanto da essere stato definito in altre epoche “pino italico”. Oltre alla teoria, anche la pratica ci dice però che questo albero può convivere in contesti antropizzati, se opportunamente seguito e monitorato, cercando di correggere certi squilibri e arrivando all’abbattimento solo nei casi non altrimenti risolvibili.

Altro aspetto che denota una grave mancanza di cultura non tanto del verde, quanto di una più generale coscienza urbana di tutta la città, è la leggerezza, direi quasi noncuranza, con cui si è proposto e accettato di modificare pesantemente l’assetto complessivo di un parco ormai storicizzato di Pistoia, forse l’unico parco urbano propriamente detto. Infatti, l’altro caposaldo verde risulta essere il Parco Puccini, a noi arrivato come filantropica eredità e certo non come cosciente atto di pianificazione urbana.

In generale viene affermato che la perdita delle decine di pini (che fra l’altro si aggiunge a quella di alcuni pioppi bianchi posti sul perimetro sui quali potature pesanti avevano innescato fenomeni patologici) verrà compensata dalla “piantumazione” (orrendo neologismo che rifiuta il più piano e forse troppo banale “piantagione”) di più di 100 fra alberi e arbusti da fiore genericamente definiti “più adatti al clima pistoiese”, come se un giardino e ancor più la sua memoria identitaria si potessero ridurre a una pura questione quantitativa.

La fortezza di Santa Barbara
La fortezza di Santa Barbara

Non si è invece assolutamente parlato della genesi di questo parco, che affonda le sue radici nel luogo stesso, che fronteggia la Fortezza di S. Barbara, nell’uso militare della sua spianata (da cui il nome Piazza d’Armi), e nel grande concorso nazionale del 1935 a cui furono invitati vivai e prestigiosi progettisti; di come la Guerra Mondiale, e anche discordanti valutazioni sui progetti, avessero ritardato la sua realizzazione; di come poi si sia attinto alle migliori soluzioni progettuali per decidere le forme definitive e realizzarlo pochi anni dopo la guerra, dedicandolo alla Resistenza (1950-51). Una cosciente ma onesta critica dovrebbe anche mettere in luce i tanti difetti di impostazione e gestione del Parco, quali l’eccessiva fittezza arborea (perlomeno in alcune zone), lo scarso dialogo con la Fortezza Medicea, l’inserimento dei manufatti come locali e giostre, la problematica gestione della risorsa idrica. Ogni momento di crisi, grande o piccolo che sia, dovrebbe essere sfruttato per una riflessione più profonda di cosa fare e di come procedere.

Il cahier de doléances è nel vedere come purtroppo da parte di molte componenti pistoiesi, istituzionali, culturali o semplicemente cittadine, non si avverta la necessità, direi quasi l’urgenza, di capire meglio cosa abbiamo ricevuto in eredità dai nostri padri e cosa vogliamo lasciare ai nostri figli. Auspicandomi di ritrovare questa urgenza in molti altri soggetti, affermo che bisognerebbe avere il coraggio e l’umiltà di affrontare tutti gli aspetti in gioco (e sono molti più di quelli da me sollevati) per un confronto più ampio e aperto possibile.

Per una Pistoia davvero “città delle piante”.

[*] – Agronomo e paesaggista, ospite

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4 thoughts on “BERTINELLI, GLI ALBERI E LA CITTÀ

  1. Da: Franco Bugelli
    Oggetto: disboscamento al giardino di piazza d’Armi
    Corpo del messaggio:
    A mio parere, la scelta dell’attuale amministrazione del Comune di Pistoia, a guida Bertinelli, di tagliare 45 pini di oltre settanta anni e tutti sani, solo per la paura che un ramo si tronchi è pura follia.
    La mancata manutenzione dei nostri spazi a verde ha provocato la rottura di alcuni rami nel giardino di Piazza d’Armi, con lo stesso spirito dovremmo tagliare tutti i pini in area pubblica e perché no anche in area privata, nel vasto territorio comunale.
    Dio ci salvi da Amministratori improvvisati.

  2. Ineccepibile dal punto di vista sia tecnico che della rievocazione storica l’intervento di Marco Cei, così come quelli che ho letto in questi giorni, non solo su LInee Future, da parte di altri valenti agronomi e forestali pistoiesi, a cominciare da Lorenzo Vagaggini; per di più, direi, anche molto educati, tali interventi, visto che per questo sfregio alla città ci sarebbe da arrabbiarsi di brutto.
    Per quanto mi riguarda, posso confermare, dall’analisi delle ceppaie tagliate a raso, che solo per un pino si evidenziava un chiaro stato patologico (forse, a voler essere “generosi”, due).
    E allora, è possibile che prima di compiere questo insano gesto, peraltro ancora da concludere, a nessuno sia venuto in mente, nella “capitale europea del verde”, di chiedere uno straccio di parere tecnico ai tanti e valenti professionisti reperibili senza fatica sulla piazza?
    Cosa vuol dire “messa in sicurezza”, come ho letto sui fogli affissi alle transenne domenica pomeriggio? Vuole forse per caso dire che, agendo alla cieca come si è fatto questa volta, se in occasione di un prossimo evento meteorologico estremo, o magari una normale nevicata invernale dovesse cadere qualche ramo di altre essenze presenti in questo come in altri parchi cittadini, si procede al taglio, che so, di tutti i lecci, o di tutti i cedri?
    Perché, se si parla di “messa in sicurezza” (probabilmente un nuovo mantra da utilizzare a piacimento per i più svariati scopi) chi di dovere non comincia a pensare sul serio a contenere il dissesto idrogeologico nelle sue varie manifestazioni, invece di continuare a blaterare di nuove cementificazioni, tra l’altro con il rischio di far entrare in città ed in Toscana nuova criminalità?
    Piero Giovannelli

  3. L’analisi non fa una piega. Purtroppo il virus dell’autoreferenzialità, partito da Firenze, dopo aver infettato i palazzi romani è arrivato anche da noi…

  4. Due domande semplici: chi è il responsabile del verde di Pistoia? Dov’è il programma di gestione del verde della città?

    Considerate che in alcuni paesi europei le alberature urbane hanno una durata che è a tempo nel verde stradale, basta sulla sicurezza (monitorata costantemente) per le grandi alberature dei parchi.

    ZF

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