bolkestein. LA CORTE COSTITUZIONALE FERMA LE CORPORAZIONI

FIRENZE-ROMA.  La nostra inchiesta sugli effetti della direttiva Bolkestein è di un anno fa e da pochi giorni la Corte Costituzionale interviene in ragione della difesa dei consumatori e il rigetto del ricorso del governatore della Toscana, Enrico Rossi, già intentato contro l’indizione di aste pubbliche per la remunerazione delle concessioni demaniali, oggi sfruttate a valori di un terzo o più del loro autentico valore di mercato.

La norma, approvata dalla Regione nel maggio 2016 (legge 31/16) per fare fronte alla direttiva Bolkestein, era stata impugnata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, decisione contro la quale si è costituita la Regione Toscana che ha cassato i commi dell’articolo 2 dichiarati illegittimi, perché riguardanti l’acquisizione del valore aziendale e l’eventuale indennizzo del 90%, cioè la quasi totalità del valore (autostimato).

Rossi, avrebbe permesso ai concessionari di restituire al Comune le licenze e di chiederne una nuova di durata fino a 20 anni, presentando un apposito piano di investimenti da sottoporre a un’analisi comparativa: risarcimenti che avrebbe assicurato con soldi pubblici, ponendosi lecitamente la seguente domanda: quale sarebbe la liberalizzazione di mercato?

L’intera operazione assumeva la natura di un ulteriore privilegio ri-concesso a una categoria di privilegiati storici!

Illogica e davvero corporativistica la disposizione di Rossi che prevedeva la restituzione ai concessionari di un “risarcimento” (ma non è per definizione la compensazione di un danno?) pari 90% del valore dell’azienda, nel caso in cui la concessione venga assegnata ad altri soggetti al termine della procedura di assegnazione con il bando di gara.

La cosa che ci permette di gridare allo scandalo è il criterio di valutazione del valore aziendale, da farsi “in casa”, cioè in modo preferenziale con un tecnico di fiducia del concessionario che – si noti bene – non è usurpato con una procedura di esproprio, ma si dimostra incapace di stare sul mercato e fare una gara di rilevanza economica congrua al pagamento del valore di mercato della concessione.

Inoltre, la norma vieta la sub-concessione disponendo che – in caso di area oggetto di concessione – l’ente gestore acquisisca il valore aziendale dell’impresa insistente su tale area.

Dietro a questa dissennata iniziativa legislativa della Regione c’è chiaramente la ricerca del consenso delle categorie dei “concessionari” ma, la “Consulta” c’è, per fortuna.

I cittadini/utenti, hanno scansato di questa azione gattopardesca di conservazione, grazie alla Giustizia: il Popolo è “bue o sovrano”?

Cosa avrà pensato Enrico Rossi?

[Alessandro Romiti]

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