PISTOIA. Scorrono le immagini di un telegiornale di Mediaset: un bambino, col volto offuscato per rispettarne la privacy, sta schiaffeggiando (schiaffeggiando?) il pullman della Juventus all’arrivo allo stadio Olimpico di Torino domenica scorsa, 26 aprile, per il derby tra il Toro e la Vecchia Signora.
Questa scena sotto lo sguardo compiaciuto del papà, anch’egli tifoso (?), ultrà (?) granata. Subito ti domandi: ma come, quel padre assisteva contento alla mossa quantomeno scellerata di suo figlio?
Non ha sentito il bisogno di dargli un paio di salutari scappellotti? Il primo perché non si danneggiano le altrui proprietà, il secondo perché avvicinandosi imprudentemente al mezzo in movimento ha rischiato di farsi investire. Dove siamo finiti?
All’interno di un “normale pomeriggio pallonaro”. Seconda scena: si vedono i tifosi granata in curva Maratona (si chiamerà ancora così la storica e splendida curva torinista?), poi all’improvviso lo scoppio di una bomba carta e il successivo caos.
Una bomba carta? Ma com’è possibile che sia entrata nell’impianto se a me, giornalista, le forze dell’ordine perquisiscono anche le tasche dei pantaloni, la scarpe e i blocnotes? E pure è entrata, parrebbe che ad averla tirata siano stati i supporter (?) della Juventus.
Ma come, la morte di Vincenzo Paparelli (era il secolo scorso, 1979, derby di Roma) non ha insegnato nulla? Possibile che l’Italia faccia parte del terzo mondo calcistico in fatto di cultura sportiva e sicurezza negli stadi?
Scorrono le immagini di un telegiornale Mediaset e a noi, innamorati perduti dello sport, non resta che chiedersi se a definirci animali non facciamo un torto, enorme, agli animali stessi.
Bravo Barni, tutto giusto. Certe cose però le diciamo da anni, ma poi niente cambia. Ancora una volta mi sento in dovere di dire che un tempo (anni ’60-’70) io, acceso e dichiarato juventino, potevo tranquillamente andare a Firenze (dove spesso perdevamo e solo qualche volta vincevamo, all’epoca) senza alcun problema, nello stare a contatto con i tifosi viola. Come pure sono stato a Torino a vedere gli accesi derby di inizio anni ’70 contro il Toro di Pulici, Graziani, Claudio Sala, ecc, e non è mai accaduto niente, rimanendo la passione sportiva entro accettabilissimi ambiti di civiltà, sia che si vincesse sia che si perdesse. Come si può ben capire sono cose che oggi è bene non fare più. Oltre a quanto hanno documentato le immagini televisive, tantissimo ci sarebbe da dire infine sulla “qualità” dei cori dei tifosi (?), spesso veramente bestiali. A Firenze, ad es, una parte della curva Fiesole canta una canzoncina in cui si inneggia ai morti dell’Heysel, dicendo che “trentanove sono pochi” (io, tra l’altro ero proprio lì quel giorno) oppure si dice;” Firenze spera Superga Bianconera”. Ma, e mi dispiace dirlo, anche a Torino non si scherza, quando gli juventini inneggiano ad es alla tragedia di Superga che distrusse il Grande Torino. Mi domando:” Ma come si fa?”. A me non sarebbe mai venuto in mente neppure da ragazzo. Mi ricordo, ad es, che quando mia madre mi parlò di Superga la prima volta mi commossi quasi, e spesso, quando vado a Torino mi sembra normale, se capito a Superga, fermarmi nel punto che ricorda quella bellissima squadra.
Evidentemente, c’è tantissimo da fare, sia in termini repressivi che educativi per tornare ad un minimo di normalità. Ma mi sembra che, di fatto, nessuno inizi.
Piero
Una risposta bellissima, la sua.
Un abbraccio.