Analisi, in chiave montanellian-vernacolierica, di un intervento autoreferenziale costruito al fine di accreditare che Pangloss del Candido è un verace messia del mondo nuovo, il migliore che possa esistere. Con l’impegnato contributo di don Manone e del presidente della Camera Penale
TRA GLI OSSEQUI DEL BARDELLI
E GLI ELOGI DEL FERRINI
SONO SANTI E SONO BELLI
QUEI CHE TRONCAN CITTADINI?
In un articolo di ieri 3 giugno, https://www.linealibera.it/nestiade-4-e-una-corsa-contro-il-tempo-per-salvare-linsalvabile-soldato-ryan/ scrivevo, parlando della giustizia (?) a Pistoia, che, se davvero tutto funzionasse come si deve, «ci avrebbe guadagnato quella giustizia di cui il Coletta stesso va a parlare al Canto al Balì con narrazioni (poi ne parleremo con fatti alla mano) che sono un’autentica vergogna per la magistratura italiana».
Stamattina, 4 giugno, sono qui proprio per quel «poi ne parleremo con fatti alla mano» che smentisce, appunto, senza remissione, la falsa narrazione che il procuratore capo di Pistoia ha fatto, a metà mese scorso, in Canto al Balì di don Luigi Egidio Bardelli, il dominus et deus – come anni fa dimostrai, grazie a un Gaspari giunto di fresco – di troppe e troppo contrastanti attività economico-affaristiche sulla piazza di Sarcofago City-Pistoia.
Non perdete tempo, però. E ascoltate attentamente cosa dice Tom Col (= Tommaso Coletta; questo il suo nome sul profilo Facebook) circa i rapporti tra i pubblici ministeri, i giudici terzi e imparziali e gli avvocati coi loro clienti, non di rado trascinati in vortici senza senso, dannosi sotto il profilo psicologico e ancor più sotto quello fisio-bio-economico.
Mutatis mutandis, omnibus ad intendere dandis…
[ per la traduzione rivolgersi agli avvocati che conoscono il latino ]
Se avete ascoltato bene le parole di Coletta sui contatti (o, mutatis mutandis, la «prossimità sociale») fra giudici e pubblici ministeri, non può sfuggirvi che esistono momenti di particolare pericolo, in termini di pressione psicologica, almeno per quanto riguarda Pistoia. Ed èccoveli in fila:
- nel processo penale contro Linea Libera dinanzi a Luca Gaspari vengono sempre in aula due sostituti, Claudio Curreli e Giuseppe Grieco. In almeno un caso si è presentato lo stesso procuratore capo.
Per Mani pulite di sostituti ne bastava uno per volta, se non sbaglio; uno solo anche per il processo del Ponte Morandi. Eppure c’erano più di 40 morti.
Ma nella procura di Coletta, garante di terzietà, imparzialità e leggi dello stato, si lavora non di rado a coppie, se non addirittura a terzine, pur se non dantesche.
Un’altra “coppia d’alto affare” è – per esempio – la De Gaudio-Serranti, dedicata ai vigili urbani agli arresti; sia i Gatti & C. di Montecatini, che le vigilesse aglianesi. - nella procura di Coletta sono stati penalmente colpiti il Ten. Col. Stefano Nencioni (non so perché) e il luogotenente Sandro Mancini.
Se si analizza la colpa di Mancini, rinviato a giudizio perché aveva espresso il suo punto di vista sull’antifascismo di Alessandro Galardini, assessore montalese di Ferdinando Betti, che si era permesso di dire che le forze dell’ordine «e’ son tutti fascisti», si capisce che qualcosa non può quadrare
Scandalizzarsi per quel che dice un assessore contro le forze dell’ordine e finire a processo proprio per questo, non può in alcun modo – mi scusi Tom Col – rapportarsi a vera iuris prudentia, cioè saggezza e conoscenza della legge.
Non solo. In quel processo (terminato a corsa con la volontaria remissione di querela da parte del Galardini dopo l’escussione dei testimoni), all’ultima udienza in aula viene mandato un sostituto tri-fedele a Coletta: il giovine Leonardo De Gaudio. Per cose più gravi, come i processi penali contro la Maria Assunta in Cielo del famoso don Manone Bardelli di Tvl, il Curreli, titolare dell’inchiesta, sparisce (era a piantare alberini antimafia o a fare i cavoli suoi con gli scout-Agesci?). In aula ci va la Vpo Angela Pasqua. I disabili, evidentemente, contano molto meno dei delinquenti di Linea Libera… - Sempre in tre (Coletta-Contesini-Curreli dalla Procura: sembra di vedere l’acronimo dell’Unione Sovietica di un tempo CCCP) si presentano alla camera di consiglio del riesame per la riapertura di Linea Libera dopo il sequestro (18 maggio).
Gli effetti di questa brillante operazione di «pulizia etnico-giornalistica» li vedremo in séguito a tempo e luogo. Non c’è fretta. - Mi permetto di dissentire dalle dichiarazioni di Tom Col, quando dice che, nonostante lui abbia un sacco di amici fra gli avocati («prossimità sociale») mai e poi mai si sognerebbe di (… risentìtevelo bene) fare o ricevere favori.
Niente regalie: a nessuno. Solo castità: e più salda e sicura di quella di San Giuseppe con la Maria Mater Dei, tre per otto e porto sei!
Peccato che questo Pm abbia armadiate di scheletri con i favori a colleghi. Ripenso a Luca Turco, per la sorella Lucia: entrambi cugini della presidente dell’ordine degli avvocati di Pistoia, Cecilia Turco. Di questi favori Ton Col non ha voglia di fare cenno.
E peccato, soprattutto, che don Manone Bardelli di Tvl, lì in veste di (pseudo)giornalista con mille incompatibilità (era anche responsabile civile per i maltrattamenti alla Maic, da cui è stato sollevato, auspice la Cecilia Turco), non abbia ritenuto opportuno farlo notare in diretta a Tom Col. Ma va detto che il giornalismo dell’ordine di Firenze è proprio questo: uno scrivere non da semplice silenzio degli innocenti, ma ancor più da complici di culilinguo. - Nessuna nota neppure da parte del presidente della Camera Penale, l’avvocato Andrea Ferrini, che, nel prosieguo della trasmissione (per vederla tutta, cliccate su questo link) fa l’inchino a Coletta e riconosce che a Pistoia il rispetto dell’articolo 358 del codice di procedura penale è ineccepibile. Bravo anche lui, il Ferrini: nel dire bischerate.
I difensori della legge, a Pistoia, fanno solo una cosa: copia-incollano gli stralci delle querele dei loro amici (poi, «per prossimità sociale» sùbito classificati come indubitabili persone offese) e, con la medesima cialtroneria degli studenti del superiore e dell’università di oggi, raffazzonano dei veri e propri pasticciamenti che loro chiamano capi d’imputazione, mentre dovrebbero essere solo dei «capi di amputazione», da accettare con l’accetta o ancor meglio con una bella scure bipenne come quella famosa che è simbolo del periodo minoico-cretese.
Ed eccoci giunti, finalmente, alla massima matta bestialitade del capo Tommaso Coletta.
Per poter affermare le verità indistruttibili dell’assoluta terzietà e imparzialità dei giudici pistoiesi, Tom Col afferma con certificato, apodittico sussiego, che occorrono dati: scientifici, statistici.
E parte il supercolpo dal supercannone V3: i giudici pistoiesi non sono succubi dei procuratori e dei loro sostituti.
E che non lo siano è scientificamente provato dal fatto – afferma il capo della procura – che a Pistoia, nel 23% di rinvii a giudizio da parte della procura, i giudici penali assolvono.
Per chi fosse un po’ tardo & tordo: su 100 rinvii a giudizio, 23 disgraziati, forse sagagnati (chiedere lumi alla Schlein di Bologna) e perseguitati a spregio dell’art 358 cpp, come Linea Libera, vengono riconosciuti in aula più bianchi della neve.
E immediatamente dopo – perdoni il dottor Coletta – lo schianto a terra: a livello nazionale – dice – il riconoscimento d’innocenza dei rinviati a giudizio è del 40%.
Lei, dottor Coletta, ha perfettamente ragione quando sostiene che i dati statistici sono inoppugnabili. Però lei guarda nel binocolo non dalla parte dell’oculare, ma da quella dell’obiettivo.
Se a livello nazionale il 40% dei rinviati a giudizio dalle procure, viene riconosciuto innocente (pensi a un 40% cosa significherebbe sul suo conto corrente bancario!), ciò non può che significare un fatto gravissimo nell’amministrazione della giustizia: che sono, cioè, i Pm e i loro bòcia a incasinare i tribunali, e forse solo per le loro fisime di sentirsi e ritenersi dèi dei destini umani.
Rifletta. Se su ogni infornata di Pandoro Bàuli un 40% di merce andasse a farsi fottere, la Bàuli licenzierebbe in tronco i pasticceri che preparano il pasticcio, più che l’impasto. Ma in Italia no, evidentemente. Fra i magistrati no, evidentemente. Loro godono della «prossimità sociale» di un Csm capitanato da un non-presidente, ex-giudice poco costituzionale e appiccicato al Quirinale come una patella se non incistato come un dattero di mare. E immediatamente dopo anche da una Anm di palamarica memoria.
Ora passiamo al secondo step. Se a Pistoia il dato cala dal 40% al 23% di assoluzioni in aula, esso non può che essere letto in due modi:
- o a Sarcofago City ci sono più delinquenti (e a considerare la massoneria e i traffici affaristici locali, ciò potrebbe essere anche vero);
- o a Sarcofago City 17 rinviati a giudizio dalla procura fanno la fine di Linea Libera (arresti, condanne di Gaspari, sequestri illegali di testata etc.), perché in alcuni casi certi giudici penali si possono comunque sentire con il fiato sul collo da parte di una procura longa manus di dio che è canosa (per questo aggettivo del Valdarno, si chieda spiegazione alla sostituta Linda Gambassi) e non di rado oppressivo/repressiva.
Non me ne voglia, il Pm, se e quando – anche da docente universitario di lingua e letteratura latina – mi pongo una domanda cruciale: ma come hanno fatto certi sostituti di oggi a prendersi una laurea e a vincere un concorso in magistratura, se, quando si guardano i documenti da loro confezionati, non ci si intende un’acca?
Perché basta guardare a volo d’uccello le tonnellate di copia-incolla della sua procura, dottor Coletta, per capire, a colpo d’occhio e senza colpo ferire, che, in metafora, chi è malato (o chi non è gradito al sistema) non deve andare all’ospedale dato che, se lo fa, ci resta secco!
Ossequi a don Manone di Tvl, il giornalista con più conflitti d’interesse degli aghi di uno spinoso…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Poi ci sarebbe da parlare anche della famosa circolare Coletta, la 574/2 I del 14.3.2022, con cui il Pm nega l’estrazione di copia (e quindi il diritto di difesa) ai suoi sudditi. Ma questa la scriviamo un’altra volta, tanto ci sarà tempo.