CAPECCHI A SARTESCHI: «LE TRE EMERGENZE DEL NOSTRO TERRITORIO STORICO»

Alessandro Capecchi
Alessandro Capecchi

PISTOIA. Pubblichiamo la risposta di Alessandro Capecchi a Giovanni Sarteschi:

Ringrazio il capogruppo Pd per la premura e per gli auguri, che ricambio, ma non è sulla titolarità di chi fa (o dovrebbe fare) che ho voluto porre alcune riflessioni, riassumibili in 3 emergenze.

Emergenza partecipativa

Quel che interessa a Pistoia Domani, e credo a moltissimi pistoiesi, è cosa si fa di una parte centrale del nostro territorio storico, partendo dal presupposto che per 700 anni c’è stato l’ospedale e quindi le nuove destinazioni dell’area possono impattare sul circostante tessuto e sul centro storico commerciale, che si è costruito una sua identità e suoi equilibri.

Noto quindi che a fronte di un programma elettorale che molto prometteva in termini di partecipazione – ma prima che le scelte fossero compiute! – tutti i cittadini hanno il diritto/dovere di partecipare al dibattito pubblico. A maggior ragione per comprendere i contenuti di un accordo che il Sindaco ha condotto da solo – come conferma il capogruppo Pd – per circa 2 anni impegnando però l’intera città e non se stesso. Tanto è vero che oggi è lui per primo a volere una approvazione in Consiglio Comunale (o meglio, date le circostanze, una ratifica a posteriori) del suo operato, prima di apporre la famosa firma sull’accordo di programma.

Ma allora decidetevi: o l’accordo va bene a prescindere e allora non si capisce perché il Sindaco voglia un voto (e quindi un giudizio) del Consiglio Comunale (e della città) oppure si intende (meglio tardi che mai) fare una vera discussione pubblica, e allora si accettano anche le critiche ed i suggerimenti, e si danno risposte alle richieste di garanzia sulla tenuta economico finanziaria dell’accordo, che provengano da chiunque, consiglieri compresi.

Esattamente ciò che è successo all’incontro organizzato dal circolo Pd del Centro, in cui l’Arch. Beneforti, ex assessore regionale, ha illustrato molte delle riserve che io ho pubblicamente espresso. Non credo che anche a lui, ed a coloro che si interessano di vita pubblica, si possa rispondere che debbono darsi pace perché non sono il sindaco. Anzi, il Coordinatore Comunale Giovannelli, anche lui consigliere, si è affrettato a promettere una prossima assemblea comunale del Pd in cui il primo cittadino riferirà sull’accordo aprendo al dibattito. Segno che fino ad oggi nulla è stato fatto.

Emergenza economico finanziaria

Sul piano finanziario, Sarteschi – da laico! – dà quindi una risposta fideistica, sostenendo come nelle migliori parabole che “… allora la via dell’equilibrio finanziario è assai più ripida ma risalirla è esattamente la fatica che un amministratore pubblico con la testa sulle spalle deve fare”. Come se voler ricavare 16 o 18 milioni di euro dalla “valorizzazione” dei beni della Asl non fosse di per sé una speculazione, e come se il Comune di Pistoia non fosse già – dal punto di vista del bilancio – in una situazione assai delicata.

Io penso invece che un amministratore, come un buon padre di famiglia, le domande se le debba fare prima di aver impostato operazioni dalla dubbia tenuta finanziaria, cercando di recuperare un po’ di organicità nella pianificazione, avendo ben chiara la portata urbanistica di questa lottizzazione ma anche le inevitabili insidie che porta con sé.

E su questo credo che la vicenda del commercio si stia liquidando un po’ troppo superficialmente; non è un caso che tale destinazione fosse assai contenuta nella vecchia scheda Ru20 e non è un caso che l’advisor regionale ne abbia chiesto di aumentare la presenza (oltre che della residenza e direzionale) per migliorare l’appetibilità dell’operazione in tempi di vacche magre. Tutto ciò mentre – dopo anni di fatica – va configurandosi il recupero dell’ex Breda con tutto ciò che essa contiene in termini nuovi negozi, piccoli e di media distribuzione.

Così come non è chiaro perché a Prato la Regione investa 23 milioni di soldi veri ed a Pistoia si limiti a “regalarci” due immobili, di cui uno storico che non ha mercato e l’altro se lo tiene in proprietà per 35 anni prima di trasferirlo, per evitare minusvalenze a bilancio. Di fatto liberando la Asl di costi e responsabilità e caricando il Comune delle spese delle opere di urbanizzazione, pari a oltre 10 milioni di euro, e degli ulteriori 2 milioni con la famosa clausola di salvaguardia. Forse sarebbe il caso di riaprire questa trattativa?

Emergenza urbanistica

Ma è il problema di fondo che appare ineludibile: aver voluto assecondare la Regione ad ogni costo, subordinando lo sviluppo della città ad una operazione di finanza di progetto che non sta(va) in piedi, ci ha costretto e ci costringerà a rincorrere per altri il pareggio finanziario sacrificando molte (forse troppe) cose: prima l’area del campo di volo (con tutti i noti problemi, tra cui spicca un parcheggio abusivo da primato italiano), poi la possibilità di un recupero organico dell’area del Ceppo (contestuale ad altre scelte ed al Ru) e infine, probabilmente, un domani, le Ville Sbertoli.

Dando vita ad una pianificazione a strappi (e per certi versi commissariata) aggravata da un Regolamento urbanistico che, impossibilitato a fare vere scelte strategiche, appare tutto rivolto al passato anziché al futuro.

In tal senso parlare di uno spostamento del Tribunale nell’area del Ceppo, che il Sindaco vuole car free (cioè libera dalle auto), è esattamente il contrario di ciò che serve, perché per agevolare il lavoro di avvocati e magistrati, dipendenti e forze dell’ordine, garantendo l’accesso alla giustizia dei cittadini occorre maggiore funzionalità e accessibilità e non certo passare da una zona a traffico limitato ad un’altra, da edifici storici (belli ma poco funzionali) ad un altro edificio riadattato alla bisogna.

Meglio allora, se davvero si decidesse di spostarli, programmare uno spostamento futuro di tutti gli uffici giudiziari nella Caserma Marini, se e quando (e non credo manchi molto) la stessa sarà (in tutto o in larga parte) devoluta al Comune. Un’area già urbanizzata, facilmente raggiungibile, ricca di parcheggi e già delimitata per selezionare ingressi e garantire sicurezza. Con la possibilità di costruire – alle porte della città storica – un palazzo di giustizia dimensionato e al passo dei tempi, e con un certo margine per prevedere l’utilizzo concreto dei palazzi storici che si libererebbero in centro storico.

Senza dimenticare che tra poco anche la Prefettura lascerà la sede di piazza del Duomo, diretta all’ex Breda, e consapevoli che il Comune ha già da anni acquistato il palazzo di via XXVII aprile, per realizzare quella concentrazione di uffici comunali a stretto contatto con il Palazzo Comunale (e con la città) di cui hanno bisogno prima di tutto i cittadini.

E magari, ma questa è un’altra partita, dotare la città di quei parcheggi di cui si parla da almeno 20 anni.

                                                                                              Cons. Alessandro Capecchi

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One thought on “CAPECCHI A SARTESCHI: «LE TRE EMERGENZE DEL NOSTRO TERRITORIO STORICO»

  1. “il problema di fondo che appare ineludibile: aver voluto assecondare la Regione ad ogni costo, subordinando lo sviluppo della città ad una operazione di finanza di progetto che non sta(va) in piedi, ci ha costretto e ci costringerà a rincorrere per altri il pareggio finanziario sacrificando molte (forse troppe) cose: prima l’area del campo di volo (con tutti i noti problemi, tra cui spicca un parcheggio abusivo da primato italiano), poi la possibilità di un recupero organico dell’area del Ceppo (contestuale ad altre scelte ed al Ru) e infine, probabilmente, un domani, le Ville Sbertoli.

    Dando vita ad una pianificazione a strappi (e per certi versi commissariata) aggravata da un Regolamento urbanistico che, impossibilitato a fare vere scelte strategiche, appare tutto rivolto al passato anziché al futuro”.
    Bravo consigliere Capecchi, in poche righe il senso e la gravità di un peccato originale che ha inequivocabilmente compromesso Pistoia. Peccato che troppi cittadini facciano finta di non vedere o, peggio ancora, ne se ne rendano proprio conto.
    L.C.

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