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PISTOIA. L’abbandono ed il conseguente degrado di questa area concepita originariamente come porta di ingresso per tanti turisti italiani e stranieri recantisi a Pistoia con pullman e campers, ha qualcosa di agghiacciante: non c’è angolo che non sia deturpato dall’incuria, sporcato, trascurato a livelli che non mi risparmierei a definire delittuosi da parte delle istituzioni locali che dovrebbero mantenerlo e che invece lo relegano allo status del peggiore vespasiano di periferia.
La condizione del fondo stradale e dei marciapiedi è da trincea; i paletti in metallo dove una decina di anni fa si sarebbero dovute collocare delle biciclette per il noleggio turistico, sono rimasti lì ormai arrugginiti, quasi fossero lapidi di un grottesco cimitero dei buoni propositi delle precedenti amministrazioni comunali.
La fermata dell’autobus con relativa pensilina e macchinetta per la distribuzione dei biglietti è scassata e vandalizzata.
L’area raccolta rifiuti differenziati è ormai anch’essa, come succede in molte altre zone della città, una microdiscarica dove si sparpagliano, nella criminale disattenzione di Publiambiente e della Polizia Municipale, rifiuti di ogni tipo.
Ma il culmine di questo scempio dello spazio urbano pistoiese è rappresentato dai bagni pubblici a gettone che risulta essere letteralmente circondato da chili di deiezioni umane!
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Questo cubicolo con porta automatica ormai sgraffignata e coperta di graffiti ingiuriosi, è praticamente stato trasformato in un monumento escrementizio alla nostra città, alla nostra amministrazione, alla nostra cittadinanza e probabilmente continuerà questo suo ruolo paradossalmente istituzionale anche durante l’anno di capitalato della cultura, vista anche la lentezza con cui la nostra giunta comunale ha dimostrato più volte di attivarsi in simili circostanze dopo essere stata stimolata da sempre meno numerosi cittadini scandalizzati.
Ma come è possibile che il sindaco Samuele Bertinelli o un qualsiasi componente del suo staff non conosca la deprimente realtà di questo esteso spazio urbano dove ogni giorno centinaia di bambini, famiglie, turisti e pensionati si recano per svolgere attività sportive e ricreative?
Come è possibile che nessuno tra il personale addetto della Polizia Municipale e di Publiambiente perlomeno denunci quanto sta accadendo in questa area? Dove è la sorveglianza? Dove sono i pattugliamenti? Ma soprattutto dove sono i fondi che, attraverso il pagamento di Tari, tasse, imposte dirette ed indirette in quantità tali da far impallidire un Paese scandinavo a governo socialista, dovrebbero essere impiegati per evitare la formazione di questi scenari da quarto mondo?
Perché i cittadini pistoiesi accettano in silenzio un degrado generalizzato, che si manifesta anche in punti più centrali della nostra cittadina (Piazza Garibaldi ad esempio), senza chiedere conto del perché i nostri servizi comunali funzionino così male nonostante il puntuale pagamento da parte di tutti i contribuenti?
In vita mia ho avuto occasione di conoscere società molto diverse da quella in cui sono cresciuto, Paesi nordeuropei e nordamericani, “culture altre” come si suol dire, ognuna contraddistinta da problemi specifici, caratterizzanti, anch’essi, i loro territori… ma qual è il problema specifico che caratterizza i nostri? Ce lo siamo mai chiesto? È forse l’amianto nella rete idrica gestita da Publiacqua? Oppure la quantità esorbitante di addetti ed impiegati del nostro Comune, che prosciuga gran parte delle risorse della nostra comunità in uffici e dipendenze da aziende consociate di cui ancora nessuno ha capito la complicata struttura e funzionalità?
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Che sia per caso l’inceneritore di Montale/Agliana che sparge i suoi furani e diossine anche dalle nostre parti? Magari è il vulnus ancora aperto e dolente nel tessuto urbano dell’area ex Breda che, visto il suo decennale protarsi, sta inesorabilmente intaccando, con le sue dune e le sue macchine movimento terra, anche le già ultimate strutture della Biblio San Giorgio e della sede Uniser?
L’elenco di queste mie domande potrebbe allungarsi notevolmente ma, nel momento stesso in cui me le pongo, mi viene il sospetto che esse siano tutte riconducibili ad un’unica matrice: la sostanziale indifferenza e rassegnazione con cui la maggior parte dei miei concittadini dimostrano di accettare supinamente qualsiasi politica venga imposta sui nostri territori.
Un fenomeno questo, che si protrae ormai da molti decenni e che ha ridotto l’opinione pubblica della nostra comunità ad un silenzio tanto assordante quanto in stridente contrasto con quel titolo di Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2017 che, lo ricordo ancora se ve ne fosse bisogno, è stato assegnato sulla base di un progetto di sviluppo culturale e sociale concepito da quella stessa scuola politica che, a partire dall’anno 1948, ha amministrato ininterrottamente questa città ed ha prodotto lo scempio da me stesso testimoniato in molti casi.
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L’imbarazzo che mi deriva dall’assistere alla perpetuazione di un potere politico che domina incontrastato la città in cui vorrei scegliere liberamente di vivere assieme alla mia famiglia, è secondo solo alla consapevolezza che, fin quando a Pistoia si continuerà a far finta di ascoltare le istanze della popolazione attraverso quella che io chiamo “la politica dello stand by” (sì, il nuovo ospedale San Jacopo è un fallimento ma dateci nuovamente la vostra fiducia per altri settanta anni e vedrete che le cose miglioreranno…; instrumentum regni questo, di una classe dirigente che è arrogantemente convinta di poter governare all’infinito sulla base di una rete clientelare, parentale e amicale sapientemente costrutita e capillarizzata nella nostra società e che ci si ostina a voler rivestire con la stoffa ideologica di una non meglio precisata “politica di sinistra” in cui confluiscono invece le energie di una “creatura” che assume i tratti somatici di una vera e propria lobby) il diadema di capitale culturale continuerà ad essere nulla più che una corona di cartone da indossare al posto della cuffietta da pallannuoto di un tragicomico Nanni Moretti versione pistoiese, che seduto sul bordo della piscina Silvano Fedi, ci ricorda ingenuamente che: “… le parole sono importanti…” dimenticandosi che, talvolta e prima o poi, certe massime “leftist pop” ti ritornano indietro come due ceffoni sul muso in forma di “alternanza” e “pluralismo”.
Buona palombella a tutti, finché c’è Publiacqua c’è…
Sam Eat