PISTOIA. Nell’antologia pistoiese delle occasioni perdute risalta, tra le tante, il caso del mancato allestimento di un Museo Mineralogico e Geo-Palontologico a Piteccio.
Un polo culturale e didattico da inserire nell’ecomuseo della Montagna Pistoiese, strategico per il collegamento con la stazione di Piteccio e quindi con il turismo ferroviario della Porrettana (invernale ed estivo) e alle attività economiche ad esso legate.
Eppure a Piteccio dal 1980 era presente e attivissimo il circolo Mineralogico e Geo-Palontologico: ne parlò Stefania Nerozzi, su Il Tirreno già nel 20/1/1995, che intervistò Giuseppe Benini, assiduo ricercatore e conoscitore del territorio (vedi), allora pilastro e presidente del circolo.
Alla curiosità mineralogica degli abitanti di Piteccio contribuì, oltre alla rigorosa dedizione e alla costanza di Giuseppe Benini – romano ma trapiantato da giovane a Pistoia –, la mediaticità raggiunta dal paese verso la fine degli anni ’50 grazie alla scoperta dell’oro della Ciricea, un torrentello affluente dell’Ombrone. Renzo Vannacci, in Pistoia Programma 71 (l’allora periodico della Camera di Commercio), racconta la parabola di questo breve ma sensazionale lasso temporale che portò Piteccio nelle cronache nazionali, addirittura sulla Rai.
Tutto partì dalle ricerche di Lido Bracciolini, una sorta di santone che, dopo aver trovato notizie, riportate anche nelle Historie del Salvi, sull’esistenza di miniere d’argento e oro usate per la zecca di Pistoia ai tempi in cui veniva coniato il tremisse aureo, perlustrò il letto sassoso del ruscello trovando delle pietruzze rossastre.
Quello che resta del Circolo Mineralogico e Geo-Palontologico è custodito nel piano soprelevato dell’edificio dove ha sede anche la Pro Loco di Piteccio. Si tratta di un immobile del comune, a pieno titolo da collocare nel vasto ma trasversalmente dimenticato tema del patrimonio monumentale, tra restauro riuso e abbandono che abbiamo sottoposto al dibattito pubblico a più riprese insieme all’Associazione Pistoia Città di Tutti.
L’immobile faceva parte di quelle case del popolo requisite al tempo del fascismo che ebbero, in tutto il paese, vicende similmente lunghe e complesse nel dopoguerra, nel delicato intrecciarsi tra leggi ad hoc e ruolo dell’Intendenza di Finanza. A Piteccio il paese era diviso e non riuscì a riscattarlo; la fazione cosiddetta di sinistra voleva una “propria” casa del popolo ed effettivamente nel 1966 venne inaugurata quella che oggi ospita il Circolo Ricreativo.
Va segnalata – come testimonianza orale – che l’immobile in questione ospitò pure il teatro paesano, che grazie al treno, da fine Ottocento fino agli anni ’30 conobbe un discreto successo. Poi cinema, in cui gli ultimi spettacoli arrivarono fino all’ultimo dopoguerra (se ne accenna in Dieci secoli di storia cento anni di immagini (volume primo) di Vittorio Baracchi.
L’edificio, lasciato sempre tale e quale, passato alla circoscrizione numero X e quindi al Comune, è per la quasi totalità inagibile e fatiscente: solo una porzione minima, con piano terra e primo piano è agibile e sfruttata.
Il circolo Mineralogico e Geo-Palontologico ha inizialmente avuto sede in un piano delle scuole medie di Piteccio, chiuse nel 1985 perché i ragazzi erano solo quattordici, e concesso da don Romano Lotti in quanto la parrocchia ne era il proprietaria.
Successivamente si è infine stabilito nella stanza dell’ex teatro dove attualmente è custodita una biblioteca con ricche sezioni di storia locale, cultura materiale (degni di nota i Periodici della Civiltà Contadina), geofisica (con un interessante Atlante dei terremoti in Italia) e saggistica varia.
Oltre ai libri vi si trova una parte della preziosa collezione; un’altra parte, costituita da quattro teche di minerali e donata al circolo didattico più vicino, è attualmente conservata alla scuola media Roncalli.
Infatti il circolo mineralogico si è formalmente fuso con quello di Prato, ma la collezione messa insieme in decenni da Giuseppe Benini è rimasta a Piteccio, in attesa, eventualmente di essere valorizzata e inserita in un’offerta non necessariamente solo didattica.
Un dipinto donato da Rolando Marchionni, figlio del cestaio di Piteccio di un tempo, omaggia i colori del paesaggio e della vita del paese che dovette abbandonare, dopo che i bombardamenti della guerra lo costrinsero ad abbandonare la propria casa. Fuori, nel piazzale, è visibile la grande botola della pesa meccanica dell’ex cartiera Giacomelli, reperto di archeologia industriale a cielo aperto.
Dove ci sono libri ci sono vita e futuro e a Piteccio non mancano nemmeno risorse umane volontarie e volenterose – è il caso dei mai abbastanza apprezzati Giuseppe Benini e Maretto Braccialini – che da anni tengono e hanno tenuto in vita un sistema di saperi e tradizioni che va dalla Porrettana, con gestione della stazione di Piteccio, e dal circolo mineralogico fino al ripristino della rete sentieristica del bosco, tra camminamenti antichi e moderni.
In questo paese completamente alla rovescia, dove la Fondazione, ad esempio, finanzia dispositivi da laboratorio per le scuole, cioè quello a cui dovrebbe provvedere lo stato (volutamente minuscolo) a cui paghiamo le tasse tra le più salate dell’occidente, la cultura non può certo esser considerata quella con cui si cazzeggia ripetendo il mantra di Pistoia Capitale.
Servono idee di lungo respiro e gli enti come le Fondazioni (gli unici con liquidità) e le istituzioni hanno il compito di promuovere progetti e sostenerli: nel nostro caso rendere attrattiva questa parte della montagna in un sistema integrato di economia, turismo, didattica e residenza. In altre parole cultura.
[Lorenzo Cristofani]
One thought on “capitale della cultura & realtà. ATTIVARE UN POLO CULTURALE E TURISTICO A PITECCIO”
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