BETTI NELLO STRETTO DEI DARDANELLI
Noi non ci divertiamo punto ad avere il cancro…
PISTOIA-MONTALE. Per chi credesse che ci fa piacere vedere e additare certe cose, abbiamo un solo aggettivo da offrire: imbecilli.
Imbecilli perché certi dementi presumono che personalmente godiamo nel vedere che le cose vanno male. Al contrario, non saremmo chi siamo, se non credessimo non nello stato etico del Pd e dei 5 Stelle (vorrebbero perfino regolare le nostre pisciate, pensate per esempio alla storia dei contanti…), ma nel dovere della moralità dello stato.
Una moralità che non c’è da sempre, beninteso. Che però è andata ancor più scemando per tutte le «scemerie» messe in atto dall’abbattimento della Prima Repubblica in poi, grazie a Tonino di Pietro, il pm che non parlava italiano e non ricordava con chi si era laureato; ai «compagni G» e a tutta quella serie di poco seri di sinistra radical che hanno fatto dello stato, uno stato di merda qual è e quale ce lo ritroviamo tra i piedi.
Non hanno aiutato punto, da questo punto di vista, né la magistratura indipendente (Vedi Napoli e poi muori = Dici Palamara-Mattarella-Lotti e poi crepa), che ha fatto, il più delle volte, gli «interessacci sua»; né le istituzioni, perlopiù marce come i denti di Giacomo Leopardi che, quando era a Napoli, aveva sempre le tasche piene di caramelle di zucchero; né il popolo che, pur vessato da coglionazzi di ogni genere e presto messo alla prova di due conti degni del terzo episodio di «Scemo e più scemo 3», Giuseppi Conte e il Conte Paolo Gentiloni (nome infausto per l’Italia), si calerà ancora le brache ormai fatalisticamente arreso a tutto.
Il fallimento è totale: manca solo che ci sia anche quello dello stato, cioè il default al cui avvio ha pensato molto alacremente il signor senatore a vita Mario Monti, servo del pareggio di bilancio che si tradurrà, auspice l’Angela di pura razza ariana, in un pareggio di cadaveri nella bara: di fronte ai quali piangeranno lacrime finte tutte le sinistre fucsia (Pd, Leu, lei, lui e quell’altra) e la nuova di zecca (di quelle che succhiano sangue, però) Italia Viva[nkùlo] del grillo canterino di Rignano.
La musica per il funerale la faranno i 5 Stelle-tromboni con le proprie flatulenze metaniche, loro che sono capaci di scorreggiare in qualsiasi tipo di culotte che indossino, da quelle di destra a quelle di sinistra, da Salvini ai progressisti (di cui riesco appena a salvare – forse perché non è un progressista, ma un nostalgico idealista – Marco Rizzo).
In tutto questo troiaio infinito non si salva nessuno a partire dalla chiesa catto-comunista (pensate, nel Mont-Ana, a don Tofani di Agliana, che non crede alla funzione morale del correttore nella Misericordia) alla cosiddetta «informazione»: alla stampa che non ha le palle per dire le cose come stanno e che tira a campare alla don Abbondio, a galleggiare perché – o di riffa o di raffa – sembra molto legata al padrone politico della testata per la quale scrive.
Mi si rizzano i capelli al solo pensare a cosa leggo di Montale. Da una parte si tranquillizza il Pd (non ci sono politici indagati, che cazzata!), dall’altra (La Nazione di oggi) si ribadisce che sono mesi che c’è una lotta dura e sorda tra la Meridiana Immobiliare e il Comune di Betti sull’affaire (traduzione italiana: puttanaio) del Carbonizzo.
Bene: ma la stampa, l’informazione, la libertà di espressione e di critica, il dovere nei confronti dei lettori, dov’erano quando, mesi fa (era il 25 maggio), per non disturbare la campagna elettorale di Betti (e, per proprietà transitiva, del Pd) si faceva finta di non vedere la famosa prima lettera della Meridiana Immobiliare a Betti? Certo è più facile parlare di necci e frittelle di riso, che non di casini viscidi come il lardo fuso di quello con cui una volta si ungevano gli ematomi (i cosiddetti «màcoli») sugli stinchi. Ma se è così, la stampa non è, proprio per questo, una «stampa di regime»?
L’antifascismo o si fa da sùbito, ogni giorno, scoprendo sempre e comunque il culo di chi non si fa il bidet e non tacendo e facendo finta di non vedere e/o aspettando gli eventi: o altrimenti non è antifascismo ma connivenza.
Poveri in canna, ma orgogliosamente chiari; sciagurati e malvisti come i cani in chiesa, noi di Linea Libera – come potete vedere qui, stamattina – svolgiamo il nostro mestiere, la nostra professione con quell’umile senso di responsabilità che guarda in viso l’arroganza di chi vuole far tutto a dispetto di tutti e sentendosi quasi come impunito e garantito.
E chi se ne frega del giudizio dei democratici? Ciò che conta, e di cui siamo fieri e orgogliosi, è la nostra coscienza: cosa che manca nell’eticismo dello stato e della chiesa di oggi.
Ma attenzione! Perché tutti – prima o poi – arriveremo a Migliarino, dove l’autostrada finisce. E lì il pedaggio non si paga, come vorrebbe questo “governo delle merendine”, con la carta di credito…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Diritto di critica (finché ci sarà)
E meglio soli che male accompagnati