carbonizzati e miracolati. BETTI NON HA ANCORA IMPARATO A PARLARE

 

Montale come Istambul nella geografia euro-asiatica

PIÙ O MENO COME ERDOĞAN?


L’ineccepibile coerenza di Betti

 

MONTALE. Al consiglio comunale del 23 ottobre il punto più rilevante era senz’altro la seconda interpellanza del centrodestra, con cui si chiedeva a Betti di pronunciare almeno le prime parole dal seggiolone: parole come babbo e mamma, pappa e cicci e così via.

Betti non era ancora pronto. Ha dato l’impressione di un infante incerto, un po’ tardivo, oscillante tra la non capacità di apprendimento dell’italiano e la volontà di recitare quel ruolo.

Ovviamente tutto questo è una metafora e non vorremmo essere presi sul serio – o magari anche minacciati di querela per diffamazione, «as usual» in Pistoia e dintorni.

Certi uomini, alla fine, sono peggio dei sacerdoti in confessionale – o dei magistrati stessi che, in alcuni casi, pur essendo tenuti al segreto istruttorio, passano notizie (non a noi di Linea Libera, s’intende) alla stampa. O altrimenti non sarebbe possibile che certe cose venissero a galla come i pesci alle terme di Caracalla.

Betti è un vero «compagno Bottazzi», un Peppone che però, contrariamente alle storie dei film, non cede mai a don Camillo: e una ragione c’è. È il fatto che oggi, sfaldata la chiesa cattolica apostolica romana, nella figura di un solo individuo s’assomma sia la funzione del capo politico che quella del capo religioso: in altre parole, siamo stati dinanzi, ieri sera, a un Sindaco-Prete, cosa non nuova nella storia d’Italia, se pensiamo al periodo tormentato dei famosi Vescovi-Conte.

Abbiamo già chiarito che Betti non parla. Quindi inutile chiederci se abbia dato conferma di ciò che Lega e FdI volevano sapere da lui.

Non ha indicato quali documenti siano stati prelevati in Comune dalla polizia (è il suo modo di essere trasparente) rispondendo a Fedi (indipendente) con uno stilèma tipico della sua segretaria comunale, la dottoressa Donatella D’Amico: c’è un’indagine della magistratura in corso, non si può parlare perché c’è il segreto istruttorio, abbiamo fiducia nella magistratura.

La Segretaria Donatella D’amico

La D’Amico, come è ormai noto, è una strenua difensorA della privacy e del silenzio, tanto che in tutta la sua permanenza nel Mont-Ana sembra non aver risposto quasi a nulla di ciò che le è stato chiesto e, se messa alle strette, pare abbia sempre preferito acquisire pareri da avvocati esterni con aggravio di spese e d’onorari per il popolo lavoratore.

Betti non ha risposto – tantomeno, per carità! – sui nomi degli ipotetici intestatari degli avvisi (non sia mai che qualche avvocato ruspante citi anche lui per diffamazione!). Si noti: non ha detto esplicitamente (se non abbiamo capito male) che non ci sono indagati.

Ha poi risposto glissando sulla domanda se fosse oggetto di indagine qualche politico: no secco, anche su questo. Questo ci porta – da poveri ragazzi poco intelligenti – a porci una domandina: ma se si parla di «abuso d’ufficio», è possibile che non si passi vicino al lato B di qualche politico? Che forse la procura indaga su anonimi o su privati che con l’abuso d’ufficio non hanno niente a che fare? Vedremo.

Su una cosa – per non parlare – ha riferito a chiare lettere il borgomastro Betti: che – come già avevamo scritto noi nei giorni scorsi, suscitando alla fine le ire del signor Nesi e le minacce dell’Avv. Vannucci – oltre alla procura va in onda anche un procedimento amministrativo dinanzi al Tar per far rilevare l’illegittimità delle decisioni  di quello che Fedi ha definito, a nostro avviso senza sbagliare, la «decisione politica» di fare atterrare non aerei, ma palazzi e palazzine sul campo di volo Misericordia & C..

Si tratta solo di avere pazienza, perché, se nel lago c’è un cadavere, verrà a galla, è la regola ineludibile. Nel frattempo fateci fare due considerazioni irritanti delle nostre, tanto poi le facciamo ugualmente.

Prima di cominciare a parlare delle cose che davvero riguardano Montale, c’è stata una lunga menata su Recep Tayyip Erdoğan e le mille banalità che la politica sforna di solito trasformandosi nella famosa mosca che si vanta di spingere il carro carico in salita solo perché sta poggiata sul chiappone di uno dei cavalli del trapelo. Uno sforzo – la condanna votata a Montale – che darà i suoi frutti senz’altro, mettendo finalmente Erdoğan nel sottoscala senza pane e senza acqua per un bel pezzo.

Lassù qualcuno [non] ci ama
Noi più che convinti siamo certi di Betti (o, scherzosamente, Bettoğan?) meglio avrebbe fatto a scriversi un documento per sé e per la sua metaforica Turchia montalese, tanto bellina e ordinata all’esterno (senza ironia, la cittadina sembra un chicco) quando opaca e intrasparente nelle viscere.

Glielo ha rappresentato, fin troppo educatamente, il consigliere Fedi: «Avreste dovuto, per correttezza e trasparenza, al momento del prelievo dei documenti da parte della polizia, convocare i capigruppo e avvertirli, perché l’amministrazione comunale non si ferma alla giunta».

Ma Fedi sbaglia se pensa di poter richiamare Betti al rispetto delle regole della corretta amministrazione e della democrazia: come Erdoğan è convinto che ciò che fa sia giusto, Bettoğan presume che il mondo finisca aldilà della punta delle sue scarpe.

E visto il modo con cui si è sempre comportato con il nostro giornale – considerato non un organo di stampa libera, ma un nemico da abbattere –, se a Ferdinando fosse possibile, siamo certi che ci farebbe arrestare tutti in nome della corretta informazione e del suo punto di vista unico e santo.

Ora diteci cos’è l’integralismo, se non è questo.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Libertà di cronaca, di critica, di satira


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