CARLO EMANUELE SGUAZZONI A TRENT’ANNI DALLA SCOMPARSA

La chiesa di Oste di Montemurlo
La chiesa di Oste di Montemurlo

PISTOIA. A trent’anni dalla scomparsa è dovuto all’architetto Sguazzoni un pensiero e di particolare attualità è ricordarlo come “architetto ambientalista”: una definizione che forse non sarebbe piaciuta a Carlo, un po’ per una quasi naturale diffidenza verso neologismi dell’ultim’ora, un po’ perché gli sembrava che il suo lavoro dovesse essere architettura, semplicemente, senza aggettivi.

Nato a Milano nel 1935, con un imprinting infantile di immagini costituito da pianure, fiumi larghi e lenti e di pioppi, era cresciuto, dall’età della ragione in poi, in Toscana.

L’interesse per l’ambiente nacque dall’esperienza personale e diretta dell’adolescenza si confermò durante gli studi di architettura acquistandone taglio e consapevolezza critica.

Dall’esperienza diretta e dalla riflessione personale sul territorio aveva tratto sicurezza di riferimenti e convinzioni, tanto da fargli dire più volte che tanti errori di progettazione non sarebbero stati commessi se fosse esistita una reale conoscenza ( e cultura) del territorio.

Sembra banale. Era convinto di dover pensare con il medesimo impegno all’ambiente che la storia ha costruito con le case e le strade, ma anche con gli alberi, i prati e i sentieri, riconoscendo una totale responsabilità umana di fronte alla complessità e alla fragilità dei segni.

L’esercizio di queste convinzioni lo portava a dedicarsi generosamente al lavoro di gruppi di studio, a commissioni, a incontri e, quando accadeva, a incarichi di professionali. Carlo faceva sul serio, tenace e intransigente, soprattutto con se stesso; non finiva mai un lavoro senza essere convinto di aver fatto tutto quello che doveva.

Oggi alcuni dei suoi lavori sono entrati a far parte di itinerari di conoscenza dell’architettura del Novecento

Per noi colleghi il lavoro di Carlo E. Sguazzoni resta come una parte della coscienza.

Emilio Pagnini

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