“CARMELA E PAOLINO. VARIETÀ SOPRAFFINO”

Una scena dello spettacolo
Una scena dello spettacolo

LAMPORECCHIO. Sabato 24 gennaio, alle 21, al teatro di Lamporecchio, Carmela e Paolino, Varietà sopraffino di José Sanchis Sinisterra, con Edy Angelillo e Gennaro Cannavacciuolo, musiche eseguite dal vivo da Marco Bucci, pianoforte, Ruben Chaviano, violino, Simone Ermini, sassofono e clarinetto, traduzione, adattamento e regia Angelo Savelli. Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi teatro stabile di innovazione. Terzo appuntamento per la stagione di prosa del Teatro Comunale di Lamporecchio, organizzata e promossa dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con l’Associazione Teatrale Pistoiese.

In cartellone una delle più fortunate produzioni della Compagnia Pupi e Fresedde di Firenze, Carmela e Paolino Varietà sopraffino: uno spettacolo rinato dopo venticinque anni e che ha conservato intatta sia freschezza del racconto che la capacità di divertire e stupire. Debuttò, infatti, nell’estate del 1990 al Festival di Radicondoli, destinato a ben otto anni ininterrotti di successi, che lo hanno portato in lungo e largo per l’Italia ma anche in Argentina, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Turchia. In scena un riuscito mix di talenti: quello dell’autore Sinisterra che ha scritto Ay Carmela (dal quale Carlos Saura ha tratto il celebre film omonimo, candidato all’Oscar, interpretato da una straordinaria Carmen Maura), il puntuale adattamento e la regia di Angelo Savelli che, in accordo con l’autore, ha trasferito la vicenda dalla Spagna del ‘38 all’Italia del ‘44, e quello dei due straordinari interpreti, Edy Angelillo e Gennaro Cannavacciuolo.

Carmela e Paolino racconta la vicenda di due oscuri attori di varietà che a Pratola Peligna, in Abruzzo, nell’inverno del 1944, cadono prigionieri dei nazifascisti e sono costretti, loro malgrado, ad improvvisare per le truppe uno scalcinato ma esilarante spettacolo dal tragico esito finale. Uno spettacolo, comico, popolare e musicale, un’accattivante performance per due consumati attori brillanti che, accompagnati dal vivo da tre affiatati musicisti e grazie ad un ben congegnato meccanismo drammatico, possono cimentarsi su più piani espressivi (recitazione, canto, coreografia).

Un omaggio affettuoso e competente ad un certo teatro ‘basso’ italiano, dal varietà all’avanspettacolo (ricordate le atmosfere di Polvere di stelle, indimenticato film con la coppia Alberto Sordi-Monica Vitti?), ma anche un’amarognola riflessione sulla capacità o l’incapacità d’indignarsi di fronte alla dignità umana calpestata sia dagli orrori della guerra che dall’indifferenza e dalle piccole vigliaccherie quotidiane.

Carmela e Paolino
Carmela e Paolino

Siamo a Pratola Peligna, un piccolo paese degli Abruzzi nell’inverno del 1944. Sul palcoscenico vuoto del teatro bombardato, Paolino, oscuro attore di varietà, riceve la visita del fantasma di Carmela, la sua compagna sulla scena e nella vita, uccisa qualche giorno prima dai soldati tedeschi durante un’improvvisata rappresentazione teatrale. Carmela descrive a Paolino la sua esistenza in un aldilà dai tratti vagamente beckettiani, mentre ricordi, ripicche e gelosie riaffiorano, tra il melanconico ed il divertito, a riaccendere l’animo degli amanti di un tempo. Ecco così che in un travolgente flashback il vuoto palcoscenico si rianima degli opprimenti addobbi patriottici dei vincitori, i musicisti riprendono il loro posto in orchestra e Carmela e Paolino danno fondo al meglio del loro repertorio di fantasisti per conquistarsi la benevolenza delle truppe d’occupazione. Ma in sala vi sono, incatenati e muti, alcuni partigiani polacchi costretti ad assistere allo spettacolo come “ultima grazia” prima della fucilazione.

Lo spirito di sopravvivenza ma anche di compiacenza dei due guitti sul palcoscenico arriva fino al punto di sbeffeggiare in un volgare numero comico-musicale la bandiera rossa dei partigiani. Colpiti nei loro sentimenti quest’ultimi reagiscono come possono: cantando. È un canto mesto e solenne. Carmela ne è profondamente turbata. Paolino per salvare la situazione si umilia fino ad esibirsi come un volgare petomane. Ma ormai Carmela ha unito la sua voce al canto dei partigiani ed un colpo di pistola di un ufficiale tedesco la uccide. Il palcoscenico si rifà vuoto e spettrale. Adesso Carmela racconta a Paolino come nell’aldilà, nell’attesa di qualcosa d’imprecisato, lei con altre amiche hanno deciso di formare come un circolo, un associazione per ricordare tutto quello che è successo e di chi ne fu la colpa. Visto che i vivi non lo vogliono fare, saranno i morti a ricordare…

[marchiani – teatro manzoni]

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