Il suo impegno per la «gente comune» è stato soprattutto afflittivo all’eccesso: giornalisti arrestati; vigili urbani arrestati; curatori fallimentari arrestati; birboni liberi & sciolti – basti pensare al silenzio su Vicofaro –; indagini carabinieriche “a capocchia”; conflitti d’interesse osceni ignorati – vedi Curreli & signora; o Curreli e immigrati clandestini etc.
GIUSTIZIA? MANY TALKS FOR NOTHING
“LIBRI APERTI” E “CORNI ALLE SCALE”
Quando Tommaso Coletta (su Facebook Tom Col) arrivò s Pistoia come capo-procura, uno dei primi atti che compì, fu quello di rilasciare un’auto-incensatoria intervista riflessiva (= per sé) ad elogium sui ipsius actionis, un’espressione che l’avvocata Elena Giunti non capirà mai in ogni sua sottintesa fibrilla, datoché non sa una parola una di latino, anche se laureata in giurisprudenza e assai giurisprudente quanto a scorrettezze in aula.
Come si vede dalla foto, Coletta si fece fotografare con una buona parte – ma non tutta – dello staff procurale. Felice e beato con la toga e insieme a chi (Canessa) aveva concluso il servizio senza concludere niente di ciò che aveva impreso e intrapreso a Pistoia: lasciò infatti, a coitus interruptus, uno sconcio degli sconci riguardanti l’Asl pistoiese (stra-pompata di fake news dalla addetta stampa protetta Daniela Ponticelli), che i sostituti hanno ben pensato di lasciare in fondo a un cassetto, per far decorrere i termini di prescrizione. E uno di questi giorni lo mostrerò per tabulas.
L’Asl, infatti, la procura non osa né usa toccarla. Né quella di Pistoia né quella di Firenze. E non la toccava neppure Tom Col, come poi si è compreso dalla storia della Lucia Turco, sorella del procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco, cui Coletta, evidentemente – ammesso che tutto quel che si dice sia vero – doveva un qualche segno di doveroso rispetto.
A tal proposito si sente dire che Carlo Nordio abbia inviato a Firenze degli ispettori ministeriali a indagare: dai quali ben poco c’è da aspettarsi, però. Visto che la magistratura e il ministero della giustizia sono, da decenni, strutturati in chiave di Chianti Putto rosso, troppo tannino e poca chiarezza.
Massimo Donati del Tirreno accorse ad ascoltare la new entry ed osannòlla a dovere. Osannòlla sta per «la osannò», forma ben più adatta all’albagìa delle promesse al vento che alla falsa modestia dei francescani dell’ANM quando ragionano con i metri, i decimetri, i centimetri e i millimetri palamarici: «noi siamo noi e voi non siete un cazzo», come diceva il Marchese del Grillo.
«Lavorerò per la “gente comune”», Ei promise. Di Lui, però, tutto abbiam visto fuorché questo. La sua opaca presenza pistoiese (perché poi è quasi scomparso e i protagonisti sono stati, quasi sempre, i suoi emissari-sostituti; chi più, chi meno legato stretto alla sua cavezza) è stata, stando alle statistiche, una specie di Pittarosso, “scarpe a più non posso” con Simona Ventura, e “arresti a più non posso” con Tom Col.
Il suo impegno per la «gente comune» è stato soprattutto, appunto, afflittivo all’eccesso: giornalisti arrestati; vigili urbani arrestati; curatori fallimentari arrestati; birboni liberi & sciolti – basti pensare al silenzio su Vicofaro –; indagini carabinieriche “a capocchia”; conflitti d’interesse osceni ignorati – vedi Curreli & signora; o Curreli e immigrati clandestini –; pasticciai tra carabinieri e sostituti ad intortandos homines (questo latino maccheronico lo capisce anche la Giunti e perfino il giudice Gaspari, che ha palesato la tendenza a non leggere nessuna delle carte avute in mano; e che ha combinato, a nostro parere, solo pasticci giudiziari pieni di errori nell’orgia del copia-incolla desunto dai capi d’imputazione trasparenti e luminosi come un’eclisse di luna); favoreggiamenti e protezioni a gratis al mai-comandante Andrea Alessandro Nesti (a nostro parere ambientalmente incompatibile con la procura di Pistoia) e alla di lui consorte Blimunda strettamente amicata con Alessandra Casseri ex segretaria di Giuseppe Grieco. Ma a Pistoia tutte queste circostanze sono solo micro-caccole senza importanza: al palazzo din giustizia terzietà e imparzialità sono dati di fatto garantitamente indiscutibili.
Scrivo questo commento a titolo di espressione delle mie personali opinioni (l’art. 21 della Costituzione è ancora in vigore o è stato cassato?), ma sempre con le carte in mano: roba tale da poter scriminare da ogni tentativo (il più delle volte maldestro quand’anche non malafedoso) di certi sostituti pervicacemente impegnati a tacitare con la violenza giudiziaria le legittime obiezioni avanzate dal popolo da Marchese del Grillo «auschwitzato» (bel neologismo degno del Treccani) onde restare sotto i tacchi degli stivali delle toghe senza diritto di replica.
Di questo tipo di giustizia precotta, uso “zampone Fini”, l’ultimo exemplum mirabile è – secondo la nostra opinione – una recente mossa di Tom Col in relazione al suo profilo Facebook.
Coletta, infatti, aveva postato un’immagine interessante sul suo profilo. Ma sùbito da qualche giorno dopo che noi lo avevamo punzecchiato (vedi da questo link) richiamandolo a un maggior senso di responsabilità, ecco il miracolo: il profilo di Tom Col – che prima era pubblico e ricco di elementi della sua vita, si è svuotato ed è rimasto uno scarno, povero, francescanissimo sipario non più accessibile alla famosa «gente comune».
Ora questa concomitanza sarà pure casuale, ma – liceat! – lascia qualche ombra di dubbio. Tale da riportare in mente, specie – come dice sempre l’avvocato Bonaiuti – a un anzianotto come me, una famosa battuta di cui ci parlò, in tempi assai migliori, il professor Raffaello Melani in Gl’irrevocati dì (da Viridarium, Inediti, Pistoia 1986, a cura del canonico Amerigo Bucci).
Il mio compianto maestro di latino e greco, faro del vero Liceo Forteguerri, scriveva: «In un manifesto elettorale fatto affiggere a Pistoia da un candidato notoriamente becco con paradisiaca rassegnazione, nel quale costui aveva, per imprudenza, garantito ai suoi potenziali, rari elettori: “la mia vita è un libro aperto”, che è anche il nome del monte notissimo del nostro Appennino, nella notte seguente l’affissione fu impressa, a stampino, un’aggiunta, che, sfruttante il nome del monte vicino, diceva: “e un corno alle scale”».
Che voglio dire con questo? Che chiudere il profilo pubblico, per Tom Col, pochi giorni dopo la nostra tiratina di orecchie, non è stato proprio bello.
Forse perché fa sùbito pensare – anche se la procura condanna i suoi perseguitati perfino per i soli pensieri, come Dio – che il nostro procuratore capo avesse cose da nascondere e di cui vergognarsi.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Siamo convinti che anche Pistoia avrebbe bisogno di una bella passata di ispettori nordici (da Carlo Nordio, non da Nord). Una passata non di pochi giorni, ma di parecchi mesi: perché Sarcofago City, secondo noi, sta navigando da troppo tempo senza timone e senza rotta precisa