CASO LAING. FRANCESCA BIANCHI E «I CONSIGLI FRATERNI NON RICHIESTI»

Francesca Bianchi
Francesca Bianchi

PISTOIA. Francesca Bianchi , “iscritta e dirigente del partito” nonché presidente dell’assemblea regionale del Pd, è intervenuta ieri sulla propria pagina fb sul caso Laing e sullo stato di salute e di reale democraticità del suo partito.

Nel post e nel suo lungo ragionamento tiene però a precisare che quella è la posizione di una iscritta anche perché, riferendosi alla vicenda della candidata pistoiese esclusa, non crede “che il caso di Simona Laing, nonostante la vergogna delle telefonate che ha ricevuto, sia da ridurre ad un accidente da sottoporre agli organi di garanzia”.

Piuttosto – secondo la Bianchi – deve “essere trattato come un avvenimento squisitamente politico, ponendoci di fronte in maniera inequivocabile a quello che è il partito che vogliamo, quello in cui crediamo, quello per cui lavoriamo e per cui trascuriamo, per scelta e non per obbligo, altre cose della nostra vita quotidiana”…

Ecco il testo integrale del post:

“Ho pensato, ripensato e pensato ancora, prima di decidermi a scrivere questo post. E non perché non abbia le idee chiare o perché tema chissà quale ricaduta o ritorsione o quant’altro.

No, proprio no.

Per fortuna sono una persona libera e che non ha nulla da perdere e nessuna paura a prendere posizioni chiare, nette, inequivocabili. Ho pensato tanto solo perché vorrei provare a non sbagliare nemmeno una virgola o una parola, per non essere fraintesa o strumentalizzata o chissà.

Il caso di Simona Laing, esclusa dalla lista proposta dalla direzione provinciale Pd di Pistoia, così come altri episodi di esclusione o di prevaricazione o di elargizione di “consigli fraterni non richiesti”, legati non necessariamente a questa tornata elettorale, ma in cui mi sono imbattuta in diversi momenti della mia seppur breve vita politica, mi costringono ad un’amara constatazione, sullo stato di salute e di reale democraticità del mio partito. E sottolineo mio, perché ne sono figlia più che legittima, proprio come Simona Laing.

Io non difendo la candidatura di Simona Laing.

Non sono in grado di dire se la sua competenza, il suo radicamento sul territorio, la sua capacità di attrarre consensi e fiducia siano superiori o inferiori a quelli di una delle altre tre candidate che il Pd Pistoiese ha scelto.

Mi sono fatta la mia idea seguendo le varie rassegne stampa, ma non ho elementi di conoscenza diretta e mi piace parlare solo di quello che so.

No.

Io difendo il Pd.

Lo difendo dal diventare teatro di una lotta tra bande che si spartiscono pezzettini di potere, ora alleandosi, ora facendosi la guerra, senza nemmeno avere l’accortezza di salvare un minimo le apparenze, tanto si è convinti del proprio status di intoccabilità politica. E a chi mi dice che queste cose ci sono sempre state, rispondo che allora è arrivata l’ora di cambiare, ma davvero eh, non solo a parole!

Se ci sono sempre state, è bene che d’ora in poi non ci siano più.

Sarebbe forse arrivato il momento di realizzare quello statuto che per me continua a essere vangelo.

O sarebbe il momento di smetterla di prenderci in giro e di dirci chiaramente che ormai i partiti, tutti, sono questo: comitatucoli elettorali e gruppetti di interessi per i quali, più o meno, conta solo spartirsi qualche briciola di potere e mantenere il proprio status quo.

E dico qualche briciola perché, sia chiaro, una politica così debole finisce per non gestire né comandare un bel niente, ma semplicemente abdica al suo ruolo, alla sua funzione, diventando serva o, nel migliore dei casi, mero strumento dei potentati.

Non è così?

Perfetto.

Simona Laing: ne parlerà Il fatto Quotidiano?
Laing: ne ha parlato, oggi 16 aprile, Il Fatto Quotidiano

Allora ditemi che Simona Laing è stata esclusa perché ci sono motivi, racchiusi nel regolamento, che fanno preferire tutte e tre le altre candidature femminili alla sua, nell’ottica del miglior risultato elettorale possibile per il partito e della miglior composizione del consiglio regionale.

Oppure ditemi che abbiamo partorito un regolamento zoppo, muto e cieco, che dà indicazioni e parametri di valutazione del tutto disattendibili, e che dà il via libera alle autocandidature, ma che poi in realtà, negando le primarie e quindi il confronto reale e diretto tra aspiranti candidati, consente o in qualche modo obbliga a gestire quelle stesse autocandidature con accordi fumosi, con i soliti caminetti, con l’imporsi di questo o di quel potentato sull’altro, con il compromesso e la prevaricazione.

Delle due l’una, tertium non datur, almeno per me.

Tengo a dire che tutto questo lungo ragionamento lo faccio da iscritta e da dirigente del mio partito, non da presidente dell’assemblea regionale.

E questo perché non credo che il caso di Simona Laing, nonostante la vergogna delle telefonate che ha ricevuto, sia da ridurre ad un accidente da sottoporre agli organi di garanzia, ma debba essere trattato come un avvenimento squisitamente politico, ponendoci di fronte in maniera inequivocabile a quello che è il partito che vogliamo, quello in cui crediamo, quello per cui lavoriamo e per cui trascuriamo, per scelta e non per obbligo, altre cose della nostra vita quotidiana.

E allora la domanda è:

Vogliamo che il partito democratico sia identificato come un insieme di interessi gestito da pochi con la spartizione di cariche e poltrone con il vecchio manuale Cencelli, oppure vogliamo che il Partito Democratico affidi alla partecipazione di tutte le sue elettrici e di tutti i suoi elettori le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più importanti cariche interne, la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali?

E vogliamo che Il Partito Democratico promuova la trasparenza e il ricambio nelle cariche politiche e istituzionali? Vogliamo che le candidature e gli incarichi siano regolate dal Codice etico del partito e dalle norme statutarie che, ad ogni livello organizzativo e per ogni ambito istituzionale, rendono gli incarichi contendibili?

Ditemi voi.

N.D.R. – Le penultime non sono frasi a caso. Se vi suonano poco familiari, fatevi un bell’esamino di coscienza, perché altro non sono che gli articoli 3 e 8 del nostro statuto.

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