centauri. NON SIATE TEMERARI MA TIMOROSI

Quì giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre, non seppe guidarlo, ma cadde in una grande impresa.

[Le Metamorfosi – Libro II]


Un gravissimo incidente con due centauri morti

LUTTI. La cronaca, non si fa “con e sulla” retorica: lo avevamo già scritto e spiace riscontrare un video postato su di un giornale locale, che presenta la scena dell’ultimo saluto, portato a un giovane morto in sella alla sua motocicletta, con una emozionante, ma paradossale esibizione: gli amici centauri, hanno voluto salutarlo con il rombo dei loro motori, portandoli al massimo dei giri al momento dell’uscita del feretro dalla Chiesa.

E che dire delle altre manifestazioni (celebrative?) che seguono l’uscita di cerimonie funebri religiose con applausi (a chi o cosa?), con i palloncini (per indicare che l’anima è salita al cielo: e dunque la liturgia appena officiata?), l’uso improprio di bare bianche per adulti (specificamente inadeguate per avanzata età del de cuius, magari celebre!), le colorate sciarpe di club sportivi esposte sulla bara (il tifo, può essere riportato nell’evento di un lutto? Perché questo debito di riconoscenza, così tanto profano?) o, per l’appunto, il saluto di roboanti motori, giusto per ricordare, ai distratti come le moto siano potenziali assassine (che hanno appena tagliato una giovane vita)?

Ebbene tutte queste esibizioni sono intrise di melensa retorica, spregiudicata – se non irriverente e offensiva – espressione di una falsa manifestazione di onorabilità in memoria di una persona che si è incontrata con la Nera Signora, non rilevando affatto il contesto di un grande cordoglio della comunità, qual è quello che si esprime sempre, nella morte sopravvenuta per strada.

L’argomento è il risultato di un “pensiero debole” intriso di dabbenaggine, che sembra una dotazione diffusa e prevalente nell’evento di un lutto così grave, per la morte di un giovane ragazzo, un pezzo del futuro della comunità.

Fetonte incendiò la terra con la quadriga dorata

Ci soccorrono quì unici, e ancora una volta potenti, i testi classici che, ne Le Metamorfosi di Ovidio (Libro II) narra di Fetonte, un avventato adolescente che chiede al padre Apollo di guidare il potentissimo cocchio dorato con i cavalli dai piedi alati.

Nonostante il divieto e il suo disappunto, il padre, terrorizzato cederà alla richiesta – per un pegno d’obbligo con il figlio – per poi pentirsene amaramente visto che ne sarà arso vivo, in una straziante narrazione epica della più paurosa corsa.

Fetonte, primo dei centauri, perderà il controllo della quadriga dorata e morirà incendiato dal fuoco delle praterie spaziali, incendiando anche la terra!

Una grande metafora (scritta oltre duemila anni fa) che ci riprecipita con la sua mitica drammaturgia nell’esperienza del dolore umano che si rinnova in ogni famiglia colpita dal lutto per un evento stradale.

Ovunque, si smarcano gruppi di coloro che praticano poco originali celebrazioni (nel lutto, non potrà esserci alcuna originalità, ma solo cordoglio), abusando della commozione popolare per la drammaticità di una morte “inammissibile”, che si esprime in spregiudicate e incresciose manifestazioni di – solo apparente – intento commemorativo, confondendo il pietismo con la pietas umana, unicamente riconducibile al nostro stato di mortali.

L’emozione popolare – fortissima è quella di una pubblica celebrazione di una liturgia funebre – è peraltro una moda davvero disdicevole, per come confligge con la necessaria armonia da ricercarsi solo – per chi crede – nella Preghiera, proprio perché il funerale è celebrato con un rito religioso.

Tornando ai tempi nostri, è di grande pregio l’articolo del collega Riccardo Matesic (www.asaps.it) sulla drammatica ecatombe di motociclisti e scooteristi in atto e che deve essere portata a una inversione di tendenza. Che fare? Restare indifferenti a registrare i morti?

Serve una coscienza critica diffusa fra tutti gli utenti, sperando in una crescente consapevolezza della pericolosità intrinseca dei veicoli a due ruote, biciclette incluse.

Ai centauri, sopratutto ai giovani ragazzi, dobbiamo fare appello: fermatevi un attimo e riflettete. Leggetevi il racconto di Fetonte sul cocchio dorato di Apollo (è disponibile cliccando q), scoprirete l’esempio di una grande lezione di vita, marcata dai miti del classicismo che affascinano e sollecitano l’animo dell’uomo, rendendolo migliore.

Serve forse capire meglio, che gli esercizi di coraggio e di temerarietà sono sempre esistiti anche se, per quanto dir se ne possa, resterà uno stupido gioco con la vita, non solo la propria; questi potranno essere controllati e ridotti nei suoi effetti mortali solo con una maggiore consapevolezza sulla grandezza della vita umana e la paradossale facilità di perderla. In un attimo.

Ai centauri, soprattutto ragazzi inconsapevoli, vogliamo dire dunque di non sentirsi immortali e non essere temerari, ma consapevoli, prudenti e molto timorosi.

Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]


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