SE NON SBAGLIO, mi sembra di aver sentito, ieri sera sul Tg2, la luminosa notizia che la lingua italiana è stata riscritta, per legge, in una regione che parla una lingua propria che è impastata di tutto, dal punico in giù: la Sardegna.
Notate: io la Sardegna la amo. Non perché ci vado in ferie come i Vip, ma perché ci fece il militare mio padre, a Fertilia, vicino a Alghero.
Sentire, però, che d’ora in poi, per decreto, s’ha da dire sindaca, assessora, professora, avvocata, giudicia, notaia, dottora, senatora, onorevola e altre amene cazzate (come pure… logicamente, deficienta), mi fa venire in mente la famosa battuta del padre che aveva fatto studiare il figlio all’università e che, riprésolo di notte alla stazione del suo paese, si sentì chiedere, dal “somaro acculturato”, se quella che brillava in cielo in quel momento era la stessa luna che splendeva Bologna.
La battuta fu: «Poveri miei quattrini, come li ho spesi male!».
E quanti quattrini spesi male ha buttato via la «cattiva scuola» sinistrizzata dal 68 in giù, auspice don Milani, per arrivare, oggi, alla ministra Giannini della “buona scuola” (buona a far che? Seme di zucca?)!
Lingua de-genere, la scelta. Imposta sull’italiano da una regione che l’italiano non parla perché parla il sardo, che è un’altra lingua. E soluzione finale dei professori che, in questo ultimo quarantennio, sinistrizzati, hanno smesso di fare grammatica e hanno mostrato tutta la loro de-menza etimologica con un “fuor di senno” che si è quagliato, alla fine, nell’idea brillante di un ebetino di Rignano sostenitore (oltre che dell’aumento del debito pubblico democristian-democratico e del referendum) di un orroroso aggettivo osannato da una prof.-maestrina della Cgil la quale, per un “petaloso”, che termina con suffissazione negativa (pensate a: dannoso, morboso, cisposo, moccicoso, merdoso, micragnoso e chi più ne ha più ne metta), ha perfino disturbato l’Accademia della Crusca per farlo accogliere nel dizionario “a secco”, tout court, come la scoperta dell’ultima luna di Giove!
Non avrei mai creduto di venire al mondo in un periodo di rinascita (1947) e di dover crepare in un Medioevo di merda. Sotto ogni profilo: governi non eletti e imposti; parlamenti definiti illeciti dalla corte costituzionale e dal signor giudice costituzionale Mattarella che se n’è fatto poi eleggere presidente della repubblica; leggi elettorali definite porcellum e mattarellum e italicum e quant’altro di… peggioroso.
Dall’ignoranza potremmo anche salvarci, studiando. Dalla de-menza de-genere, mai.
E pensate quanta de-menza nella nuova lingua de-genere – ma solo a metà perché non si ha certo il coraggio di arrivare fino in fondo – simile a un “coito interrotto” secondo la miglior tradizione catto-comunista!
Perché, volendo essere coerenti (cosa che gli itali spirti democratici non saranno mai), per nobilitare le nuove scelte che femminilizzano il maschile, considerato elemento di merda e retrogrado, si sarebbe dovuto giungere direttamente a ribattezzare (stiamo parlando di lingua: quindi nessuno si scandalizzi!) la “fica”, quella cosina che hanno le donne, come diceva anche il Benigni paraculo del Piccolo Diavolo, con il nuovo termine coerente di “cazza”. Se de-genere ha da essere, che de-genere sia in toto.
Del resto, in Francia, per dire “testa di cazzo” non si dice forse «tête de con» in cui “con” discende direttamente dalla “fica” latina (cunnus) che dà origine anche a cunnilinguo, una pratica apprezzabile e ben presente nell’immaginario collettivo masco-femminino?
E per dire «cazzata» non si dice, forse, «connerie» (= ficata)? E perché, per estrema coerenza, non dire «uoma» al posto di «donna»? O ribattezzare i maschi perversi e schifidi con il termine de-genere di “donni” (non dal dominus dantesco, però, ma da «donna» femmina).
Tantopiù le donne, oggi, non servono – nemmeno per celebrare un matrimonio…
Edoardo Bianchini
Buon giorno Direttore, mi consenta, per correttezza penso che se le femmine vengono chiamate come i maschi deve valere anche il contrario e quindi:il Baldi lo posso chiamare Gramigno da ora in poi?