PISTOIA. Il Comitato Wwf Pistoia e Prato ha in programma una rassegna cinematografica di approfondimento sui cambiamenti climatici. Le proiezioni, a ingresso gratuito, si svolgeranno nell’arco di un mese il venerdì sera alle 21 presso l’auditorium della ViBanca di Pontelungo, in via Provinciale Lucchese 125/a.
I venerdì della rassegna sono: 13, 20, 27 novembre e 4 dicembre, rispettivamente con le proiezioni di: L’alba del giorno dopo (The day after Tomorrow), Usa 2004; Chasing Ice (documentario), Usa 2012; The age of stupid, GB 2009; Il Re della Terra, Usa 2012.
Ogni proiezione verrà anticipata da una breve presentazione a cura del Wwf (per qualsiasi informazione è possibile contattare il 3356954210 o scrivere a pistoia-prato@wwf.it).
L’iniziativa del Wwf costituisce un’indubbia occasione sia per esplorare virtualmente i meandri più sperduti della biosfera dettagliatamente documentati da alcuni dei film della rassegna (la calotta polare, la Lousiana terra selvaggia, la martoriata Nigeria, i ghiacciai alpini in arretramento e non solo), sia per avere un’idea dell’impatto dei cambiamenti climatici.
Ogni giorno abbiamo notizie dei profughi ambientali e le istituzioni europee martellano sulla necessità di sviluppare politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Per mitigazione si intendono le azioni atte a ridurre la causa delle emissioni climalteranti (cioè i gas ad effetto serra, come l’anidride carbonica CO2, il principale, rispetto a cui si contabilizza il Gwp, global warming potential, potenziale di riscaldamento globale di ogni gas) o i sistemi di cattura delle emissioni stesse (esistono, ma sono costose, numerose tecnologie di estrazione della CO2 dai fumi e di confinamento, in forma liquida, negli oceani a 3000 metri, dove rimane per stabilmente).
Ricordiamo che i gas ad effetto serra (sei sono quelli monitorati) hanno un ruolo fondamentale nella regolazione del bilancio energetico terrestre, bilancio energetico che dipende appunto dalla concentrazione di questi gas. Concentrazione che ha raggiunto un valore mai registrato ad una velocità non prevedibile rispetto agli ultimi 650 mila anni.
Per politiche di adattamento si intendono tutti gli interventi su sistemi naturali o umani in risposta agli effetti dei cambiamenti climatici, in modo da ridurre la vulnerabilità dell’ecosistema e degli spazi urbanizzati. Si parla spesso di resilienza, in merito alla capacità di adattamento al climate change. Le azioni, o cambiamenti da intraprendere, incoraggiati da ogni istituzione, si basano sul principio della responsabilità comune ma differenziata, perché ovviamente non si può pensare che il Bangladesh possa aver causato le stesse emissioni degli Stati Uniti d’America.
La riduzione di gas serra si dovrebbe ottenere con politiche integrate e sinergiche nei settori chiave della nostra società, dall’energia all’agricoltura fino ai trasporti e alla gestione del territorio. I processi industriali più impattanti sono quelli legati alla produzione di acciaio, cemento e ammoniaca, progressivamente esportati da Usa e vecchio continente verso l’Asia: occhio non vede cuore non duole, ma col clima non funziona.
Uno degli esempi più virtuosi su politiche di adattamento e dintorni è il dipartimento britannico dell’ambiente, cibo e agricoltura, ed il progetto Thames Estuary costituisce il miglior caso di gestione del rischio e strategia d’adattamento. Anche il soil sealing, impermeabilizzazione del suolo ha contribuito al degrado dell’ecosistema: per questo si parla di recupero della funzionalità ecologica dei suoli, il bene comune meno rinnovabile e più prezioso.
L’agricoltura biologica, e poi biodinamica e sinergica, si inserisce appunto nella filosofia di arricchire il suolo di sostanza organica e di farne un vantaggioso carbon sink. Paradosso: la zootecnia intensiva produce emissioni al pari delle attività industriali (la digestione delle mucche crea metano CH4, ad alto potenziale di riscaldamento globale) ma non è soggetta al pagamento delle quote di emissione. Si tratta delle quote pensate per far fronte alle esternalità – per gli economisti un fallimento di mercato – che hanno di fatto decretato, almeno in Italia, la chiusura delle centrali a carbone.
Una direttiva Ue del 2001 definiva l’uso di fonti di energia rinnovabile come altamente prioritario per motivi di sicurezza dell’approvvigionamento energetico, di protezione ambientale e coesione economica e sociale. I Pear, piani energetici ambientali regionali dovrebbero rafforzare le linee guida in tema di sostenibilità: quelli della Lombardia e delle Marche, relativamente al contesto nazionale sono all’avanguardia. Il Sustainable Energy Action Plan, Seap, di Pesaro potrebbe essere un riferimento da copiare per molte città, in attesa della riconversione a smart city che, al momento, rimane per la maggior parte dei casi sulla carta.
Curiosità: la Exxon, di cui fa parte la Esso, ha finanziato tra il 1998 e il 2005 campagne di contestazione al riscaldamento globale di matrice antropica con 16 milioni di dollari: su questo sito, Exxonsecret, ci sono tutti i dettagli.