cobas. DOPO LE ELEZIONI DEL 25 GIUGNO

Carlo Dami dei Cobas

PISTOIA. Il primo dato da mettere in evidenza nelle recenti elezioni pistoiesi è il livello di astensione che ha battuto ogni record rispetto a tutte le elezioni comunali precedenti (ad esempio al ballottaggio Berti-Capecchi del 2007 votò il 61,24% degli aventi diritto). Il 25 giugno la percentuale dei votanti è stata del 49,51% (al netto delle schede bianche e nulle, del 47,96%): una percentuale che, se si fosse trattato di un referendum, avrebbe reso nulla la consultazione.

L’altro elemento da sottolineare è che la sconfitta del centro-”sinistra” non è stato un risultato inaspettato e, a questo proposito, enormi sono state le responsabilità di tutta la classe dirigente che ha amministrato Pistoia negli ultimi cinque anni. Un ceto politico che ha perso ogni contatto con la società reale, lasciando enormi spazi alla crescita della destra.

Una destra che, in una fase di recessione economica e sociale, ha saputo intercettare non solo la pancia della piccola borghesia locale, ma è stata in grado di far crescere il proprio consenso anche fra i lavoratori e i disoccupati delusi dalle politiche del centro-”sinistra” sia a livello nazionale che locale.

Infatti quando Bertinelli fu eletto sindaco nel 2012 sembrò rappresentare, agli occhi di molti, un elemento di discontinuità rispetto al ceto politico di “sinistra”, ottenendo già al primo turno una percentuale del 59,05%. Nei trascorsi cinque anni è invece emersa la totale inadeguatezza politica dell’ex sindaco e di tutte le “forze” che lo hanno sostenuto, che hanno dissipato in poco tempo tutto lo spazio che erano riuscite a conquistarsi nell’immaginario collettivo.

Riprendendo il dato dell’astensione, è curioso (ma non troppo!) come pochi analisti politici abbiano dato peso ad un risultato che, invece, è di primaria importanza per i soggetti che si pongono il problema del superamento dello stato di cose presenti. Non si tratta qui di fare l’apologia dell’astensionismo che non può essere ricondotto ad una lettura univoca, tuttavia non è difficile leggere in questo dato un’ulteriore crescita del disinteresse verso qualsiasi forma politica che si presta alle compatibilità istituzionali e del rifiuto di ambedue le forze conservatrici che si sono confrontate nel ballottaggio del 25 giugno (“due destre”, come le ha definite Tomaso Montanari nel recente incontro al Brancaccio).

L’unico rischio reale che corriamo in questo momento è che il malcontento che si è indirizzato verso l’astensione e, in parte, nel voto alla destra, non solo sia difficile da convogliare verso una trasformazione del presente, ma che – in assenza di una strada alternativa da percorrere – regredisca su posizioni oscurantiste. Saranno in grado i soggetti che nella nostra città operano in organismi di base di indicarne una e di spingere il malcontento in avanti e soprattutto verso l’alto dove operano i poteri istituzionali, economici e sociali? E soprattutto, chi dal basso cerca un cambiamento reale e non solo di facciata, dove si posiziona dopo queste elezioni comunali?

Il primo passaggio necessario sarà senza dubbio quello di cercare di superare la disgregazione delle soggettività antagoniste presenti a livello cittadino, impegnate perlopiù a mantenere i propri fedeli piuttosto che a cercare di costruire pratiche sociali e un pensiero per far crescere nuove aggregazioni dal basso. È infatti di primaria importanza, in questa fase, mettere a confronto esperienze, risorse, idee e ipotesi di lavoro da far diventare pratiche sociali in una rinnovata capacità di tenere strettamente connesse solidarietà e conflittualità.

Per fare questo è necessario superare (non annullare) vecchie e nuove identità politiche, stando – senza paura di contaminazioni – in mezzo alle mille contraddizioni che popolano il nostro presente, unica via per capirle e per superarle. Si tratta oggi di porsi al livello alto della crisi economica e sociale che attraversa la nostra città e di porre, dentro i conflitti sociali, il problema della trasformazione radicale della nostra realtà locale. Per fare questo occorre però meno ideologia e tanto lavoro di base quotidiano, premessa indispensabile per costruire quei passaggi teorici e pratici in grado di mettere nell’angolo il ceto politico di destra e di “sinistra” che governa Pistoia.

Il dato elettorale apre grandi spazi ai movimenti di base. Infatti il ballottaggio del 25 giugno ci consegna una rappresentanza estremamente fragile dal punto di vista politico e priva di una reale legittimazione popolare (basti pensare che Tomasi rappresenta solo il 26,03% dell’intero corpo elettorale). Se le soggettività antagoniste presenti nel nostro territorio non sapranno riempire questi spazi mettendo in campo una nuova conflittualità sociale, sarà inevitabile l’occupazione di questi spazi da parte dei poteri locali (oggi di destra, ieri di “sinistra”) sempre attenti a rovesciare la propria debolezza in elemento di forza, disgregando ulteriormente il tessuto sociale.

Le ultime esperienze locali dovrebbero aver insegnato, a coloro che non si accontentano di un cambiamento di facciata, che per fare questo è necessario costruire comunità e nuove relazioni sociali, stando alla larga dagli sciacalli, dai politicanti e dai soggetti che mettono avanti il proprio individualismo rispetto ai percorsi collettivi. La costruzione di questa nuova soggettività sarà inevitabilmente un processo di lunga durata, ma è impellente iniziare questo percorso se i soggetti antagonisti presenti a livello cittadino non vogliono essere travolti dall’alleanza che i poteri locali di destra e di “sinistra” intrecceranno per conservare il loro ruolo.

È necessario inserirsi in questo vuoto di potere riappropriandoci della politica per abolirla come forma separata dalla nostra vita quotidiana. Per fare questo è però necessario diventare sempre più abitanti delle contraddizioni concrete presenti nella molteplicità degli spazi sociali che queste elezioni hanno messo in evidenza.

La politica dal basso è fatta di tempi e luoghi determinati che gli attori di destra e di “sinistra” cercheranno di ricondurre all’interno del teatrino istituzionale che si rappresenta dentro il Palazzo di Giano, il cui ruolo politico è sempre più quello di dividere i cittadini secondo interessi particolari nel tentativo di sterilizzare i conflitti sociali per ridurne la complessità e così poterli indirizzare a proprio vantaggio.

Il re è nudo! Riprendiamoci la città!

Carlo Dami
Portavoce Cobas Pistoia

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