PISTOIA. Scoppia in un pianto liberatorio Roberto Fedeli, 61 anni, di San Marcello, ex dirigente dell’ufficio tecnico della Comunità montana Appennino pistoiese.
Si volta verso la porta, abbraccia un amico, esce dall’aula. Assolto perché il fatto non costituisce reato.
Così ha deciso questa mattina, 23 febbraio, il Tribunale di Pistoia in sede collegiale per l’accusa nei confronti del Fedeli di abuso d’ufficio, ex art. 323 c.p.
Un’assoluzione chiesta anche dal pm Luigi Boccia che ha ripercorso rapidamente le fasi dell’istruttoria, chiedendo al presidente Roberto Tredici, con a latere i giudici Magi e Mancuso, “l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
Dubbi sull’esistenza del dolo intenzionale sono emersi anche dalla parte civile, rappresentata dall’avvocato Andrea Ferrini che ha parlato però di “danno all’immagine” con la condanna pecuniaria di Fedeli e la consegna al collegio della nota spese.
Assoluzione per l’abuso di ufficio chiesta anche dall’avvocato di Fedeli, Guido Tesi, oltre ad aver parlato anche di inesistenza di danno nell’istanza di fallimento.
“Mi riprendo un pezzo della mia vita – il commento di Roberto Fedeli, appena uscito dall’aula penale di piazza Duomo- ho sempre vissuto questo processo con la serenità di chi pensa di aver agito bene e per il bene. Ci possono essere tanti momenti importanti nella vita di una persona. Oggi è uno di questi. Di peggio ci sono solo le malattie”.
“Ho passato un’esistenza intera ad occuparmi della montagna –continua Fedeli- non mi sono mai difeso accusando qualcun altro. La responsabilità penale è personale. Oggi mi riprendo la mia vita”.
Il processo era iniziato il 17 marzo 2016 con il rinvio a giudizio di Fedeli da parte del Gup Alessandro Buzzegoli che aveva deciso invece per l’altra dirigente della Comunità, l’ex responsabile dell’area amministrativa Rosa Apolito, 60 anni, anche lei di San Marcello, il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.
La vicenda è quella dei lavori straordinari alla funiva Doganaccia-Croce Arcana: un contratto da un milione di euro, assegnato ad una ditta di Milano, la Ct Crane Team srl, che si vide anticipare dalla Comunità Montana il 30% dell’importo totale dell’opera, senza che – secondo la tesi della procura – ne avesse diritto. Soldi che poi scomparvero, perché l’azienda fallì: per cui la Comunità non ebbe mai la funivia ammodernata ma perse anche quel cumulo di soldi pubblici.
[Alessandra Tuci]