MONTAGNA. Il Comunicato stampa congiunto dell’Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia e dell’Associazione Comuni Dimenticati, sul vulnus della fusione dei Comuni di Abetone e Cutigliano imposta dalla Regione Toscana contro il volere della comunità di Abetone.
Ormai hanno calato la maschera
Svegliati Piccola Italia che si vuol cancellare
Ormai il dado è tratto, ormai hanno rotto gli indugi, svelato i veri e nefasti obiettivi. Se con le Unioni dei Comuni e con l’associazionismo obbligatorio si era voluto nascondere, sotto un tappeto di ipocrisie, il vero ed unico obiettivo, ossia lo smantellamento e la cancellazione dei piccoli comuni italiani, oramai non ci sono più dubbi e sono usciti allo scoperto.
La Delrio prima, le varie e caotiche norme regionali poi, una diversa dall’altra, in una gara al massacro dei piccoli da parte delle varie regioni, la pdl Lodolini, di marca Pd, che propone la soppressione dei comuni sotto i 5.000 abitanti, ci offrono un quadro terribilmente chiaro che obbliga tutti i cittadini e gli amministratori di questa Italia che si vorrebbe cancellare ad indignarsi, a ribellarsi, e soprattutto a resistere ed a contrattaccare.
Ad Abetone si è assistito ad una sospensione della democrazia, indegna per uno Stato di diritto. Si è assistito ad una palese violazione dell’art. 1 della nostra Costituzione, delegittimando il popolo, quella comunità, dall’esercizio di quella sovranità che le è propria ab origine.
Ad Abetone si è piegato la legge e la Costituzione alla volontà di pochi a dispetto del pronunciamento di quella società civile che quelle montagne le abita, le ama e che quotidianamente decide di continuare a viverle, curarle, tutelarle.
Sappiano i cittadini e gli amministratori di Abetone che godono del nostro totale sostegno e della nostra totale vicinanza. Sappiano quegli amministratori di essere stati investiti, con l’esito di quel referendum, del dovere più nobile per un pubblico amministratore: il rispetto e l’attuazione della volontà popolare.
Sappiano quegli amministratori che rischiano di passare alla storia e da essa di essere giudicati come il primo ente in Italia ad essere accorpato in maniera coatta ed in antitesi alla volontà della sua gente.
Non possono, a fronte di tutto ciò, che decidere di adoperarsi per cercare di fare tutto il possibile, quanto in loro potere, per ripristinare lo status quo ante e per dar seguito e voce alla popolazione ed alla sua volontà.
Continuiamo a ribadire con forza, in ogni sede, che è in atto un processo di smantellamento della nostra architettura istituzionale che avrà l’unico merito di cancellare municipalità millenarie a fronte di risparmi che si riveleranno inesistenti se parametrati al vuoto di democrazia e di presenza statale in luoghi che si trasformeranno in riserve indiane, che saranno condannati all’estinzione.
Non siamo contrari alle fusioni volontarie, alle sinergie volontarie, a comuni e comunità che decidano liberamente di mettersi insieme. Siamo contrari a processi che si propongono di piegare coattivamente la volontà di comunità e cittadini che esistono e resistono da molto prima e con molta più storia e gloria rispetto a quegli enti che ne vorrebbero decretare la morte.
Proponiamo da mesi, di fronte all’oggettivo fallimento della Delrio e di questo processo non processo di riorganizzazione istituzionale, di sedersi ad un tavolo e di scrivere, collegialmente e congiuntamente, un patto istituzionale che possa coniugare buon governo, contenimento dei costi, risparmio, con la doverosa tutela e sopravvivenza dei territori e dei piccoli comuni italiani.
Siamo pronti, siamo i primi a volerci mettere in discussione, i primi a voler governare i cambiamenti imposti dalla storia, i primi a tendere la mano senza ricevere in cambio alcunché se non un silenzio interrotto, più o meno quotidianamente, da tentativi che attentano alla nostra stessa esistenza.
Ci allineiamo alle parole di Matteo Mastrini, vicepresidente di Uncem Toscana, il quale afferma che “Il percorso da seguire è diametralmente opposto rispetto a quello indicato dalla Regione – sostiene – c’è bisogno di investire valorizzando la montagna e la sua cultura”.
In discussione lo stesso sistema regionale: “La Toscana sta rinnegando la propria tradizione, fatta di qualità ed identità”. La ricetta è chiara: “Alla montagna occorrono sgravi fiscali, defiscalizzazione per le attività economiche e norme specifiche per incentivare i giovani e le imprese”.
Lo stesso diritto a vivere in montagna è in discussione: “La popolazione deve poter esercitare quel diritto di opzione che risiede nella Carta Costituzionale”.
Sulle fusioni a freddo il giudizio è netto: “Ridisegnare la montagna così come le zone pianeggianti dimostra tutta l’approssimazione del legislatore: privare di risorse le zone montane significa trascinare i problemi a valle”.
Un’operazione politica contro la democrazia: “Lo Stato dovrebbe tagliare i tribunali delle acque, i Bacini imbriferi montani, gli Ato e i 138 enti parchi regionali nonché la pletora dei consorzi di bonifica. Sono 500 gli enti sanguisuga che pesano sulle nostre casse per circa 10 miliardi di Euro all’anno. Anziché tagliare queste spese inutili si punta ai Comuni mettendo a rischio la sopravvivenza delle comunità che hanno scelto di vivere in montagna”.
Per tutto questo e per molto altro, per difendere il nostro diritto di vivere dove vogliamo, per tutelare le aree marginali e periferiche del nostro paese, per affermare con forza che la Costituzione ed i diritti in essa contenuti, quale il diritto alla salute, l’uguaglianza tra le persone, il necessario carattere sociale e non economico di alcuni beni pubblici ed universali, non sono in vendita ma altresì impongono al legislatore la loro tutela, il loro rispetto, e soprattutto la loro piena attuazione, l’appuntamento è per il 12 marzo a Volterra, città sede del palazzo comunale più antico d’Italia, dove quest’Italia minore, quest’Italia ormai relegata ad un ruolo di serie B, quest’Italia bistrattata, offesa, derisa, darà luogo ad un enorme mobilitazione nazionale, colma di dignità ed amore per la propria terra, in difesa delle autonomie locali, dei piccoli comuni e dei loro abitanti, in difesa delle minime condizioni essenziali per risiedere nelle periferie della nostra nazione.
Gli echi di quella giornata dovranno risuonare forti e chiari nei palazzi romani.
Combatteremo e non ci arrenderemo di fronte a questa società del take away, di fronte alla concezione degli enti pubblici come società private che devono badare soltanto ai conti ed al rispetto dei parametri, di fronte ad una politica e ad una società civile piegati e fiaccati ai voleri dell’economia e della finanza, di fronte a inermi cittadini relegati al ruolo di utenti, di miseri numeri.
Svegliati piccola grande Italia.
[comunicato]