UN PROBLEMA dei tanti che rischiano di far affogare il nostro paese (della minuscola non ne parleremo più), si è risolto. Antonio Conte, ex calciatore, ma soprattutto ex allenatore della Juventus con tre scudetti vinti in tre anni consecutivi, è il nuovo commissario tecnico della Nazionale, succedendo alla disastrosa guida di Prandelli.
La nomina – e relativi festeggiamenti, che faranno traboccare proclami: il sergente Conte renderà dura la vita agli azzurri, molto dura –, dopo qualche tentennamento, è diventata fortunatamente ufficiale perché la Figc, che non era disposta, per deontologia e sensibilità, a dare alla new entry Conte più di quanto non avesse dato all’esodato Prandelli, è stata provvidenzialmente soccorsa da uno sponsor, che ha così sanato il gap tra domanda e offerta.
Non si è ancora capito perfettamente come stiano le cose, ma sembra che il contratto biennale, che ha sottoscritto il nuovo commissario tecnico, si aggiri attorno ai 5 milioni di euro all’anno!
Il nostro calcio, dopo l’avvilente prestazione mondiale in Brasile, aveva urgentemente bisogno di risollevarsi e chi meglio di un uomo così vincente come Antonio Conte avrebbe potuto rialzare le sorti del battello azzurro alla deriva?
Qualcuno potrebbe obbiettare che il nostro paese, alla deriva, non sta andando solo per quello che riguarda il mondo del calcio; anche in altri settori non ce la passiamo affatto benino: ma da una parte si doveva pur iniziare a rimettere a posto le cose e abbiamo deciso di farlo da quella più delicata, il calcio.
Che non è sport, come qualcuno potrebbe pensare, dunque passatempo, aspetto ludico della vita, angolo di distrazione, ma elemento portante e decisivo per le sorti di milioni e milioni di italiani che pur ignorando l’inno di Mameli, oltre che essere disoccupati, sottopagati, sfruttati, derisi, malserviti dalla macchina pubblica, poveri per abbeverarsi a quella privata, presi per il culo sistematicamente da una classe politica che peggiora di legislatura in legislatura, potranno, ai prossimi Europei e poi anche ai Mondiali, sventolare orgogliosamente il tricolore.
Un tozzo di pane, per ora, non manca a nessuno e se Conte riuscisse a farci divertire come ai bei tempi, il più e il meglio, siamo onesti, sarebbero fatti!
Egregio Scardigli,
Lei, nel Suo servizio, usa una evidente ed amara ironia, ma purtroppo, le cose stanno proprio così. Io, peraltro, sono da sempre appassionato di calcio e juventino fino al midollo; in tale veste, pur con tutta la gratitudine che noi “gobbi” (come ci chiamano a Firenze) gli dobbiamo, non mi è piaciuto per niente il modo in cui Conte ha lasciato la Juve, portandosi per di più dietro Angelo Alessio e Massimo Carrera; poi non mi è piaciuta per niente la vicenda Tavecchio (tutti hanno parlato del discorso su chi mangiava banane, ma nessuno ha speso una parola sul fatto che l’amico avesse avuto in passato tre o quattro condanne a qualche anno di galera per volta per reati fiscali e simili); infine, il fatto che la maggior parte dello stipendio di Conte sia pagato dalla PUMA, cosa che, anche se non ce lo diranno mai chiaramente, lo renderà condizionabile.
E allora, che fare? Purtroppo niente, almeno per ora; evidentemente questo è un mondo che, in barba alla recessione, disoccupazione, per qualcuno anche miseria, continua a muovere un sacco di soldi, direttamente o indirettamente, ed è evidente che, magari senza neppure rifletterci, siamo noi che, in qualche modo lo continuiamo a foraggiare; perchè, è ovvio, che se una azienda leader nell’abbigliamento sportivo può permettersi di cacciare fuori, mettiamo, tre milioni per contribuire allo stipendio del C.T, prevede quasi per certo che ne ricaverà almeno il 50% in più; da chi? Da noi cittadini-sportivi-tifosi (il che non sarebbe per niente male, se il quarto aggettivo della serie non fosse, guarda caso, coglioni).
Piero Giovannelli