I commenti del Presidente Matteini e dei vice Presidenti Pieretti e Romagnoli
PISTOIA — PRATO. Se la fine del 2021 ha rappresentato un picco di eccezionale entità per i prezzi di energia elettrica e gas, le prospettive per il 2022 e gli anni successivi continuano a rimanere comunque molto preoccupanti per le aziende energivore.
Per il gas metano, dopo il prezzo di 1,20 euro al metro cubo di dicembre, si va verso una media nei primi sette mesi del 2022 superiore a 0,90 euro al metro cubo (elaborazioni Consorzio Gas Toscana Nord su dati della Borsa italiana PSV e dell’olandese TTF, aggiornamento al 25 gennaio).
Per dimensionare l’entità dell’aggravio dei costi per le imprese si consideri che negli ultimi due anni, fino a settembre 2021, queste hanno pagato mediamente il gas 0,20 euro al metro cubo e che il prezzo storico degli ultimi 15 anni nei contratti a prezzo fisso è variato da 0,14 a 0,35 euro al metro cubo.
Pur considerando che le quotazioni di borsa sono nel caso del gas metano molto volatili, le prospettive appaiono quindi a tinte fosche.
Pesanti gli aggravi anche per l’energia elettrica: il 2021 ha visto costi di 125 euro al megawattora, per il 2022 la previsione è di 214 euro al megawattora, andando poi a scendere negli anni successivi fino agli 93 euro nel 2025 (elaborazioni Consorzio CEIR su dati European Energy Exchange, aggiornamento al 25 gennaio).
Una discesa che, allo stato attuale delle previsioni, porta i prezzi a livelli comunque ben superiori a quelli consueti: nel decennio 2011-2020 infatti il costo dell’energia era stato in media di 56,4 euro al megawattora.
Il territorio Lucca-Pistoia-Prato è particolarmente colpito da questi aggravi. Nelle tre province di riferimento di Confindustria Toscana Nord le attività energivore — individuate secondo i criteri fissati dalle “Nuove linee guida sugli aiuti di stato all’energia e all’ambiente” dell’Unione Europea pubblicate alla fine dello scorso dicembre — interessano 2.343 unità locali con 22.314 addetti che rappresentano il 23% del totale delle persone impiegate nel manifatturiero.
Si può cogliere il profilo fortemente energivoro dell’area Lucca-Pistoia-Prato nel confronto col dato toscano complessivo: la media regionale annovera fra le energivore l’11% delle imprese e il 14% degli addetti. Fra questi ultimi, più della metà (il 52%) fa riferimento ad aziende energivore dell’area Lucca-Pistoia-Prato.
La concentrazione nel territorio di Confindustria Toscana Nord delle attività energivore toscane non sorprende considerata la caratterizzazione fortemente manifatturiera delle tre province e, soprattutto, la presenza massiccia dei due settori più spiccatamente energivori, il tessile (energivoro il 76% delle imprese del settore ubicate nel territorio) e il cartario (energivoro il 69% delle imprese del settore ubicate nel territorio), cui si aggiungono con una densità significativa anche la gomma-plastica, il lapideo e la metallurgia.
“Incrementi dei costi di queste dimensioni rendono realistico, anzi già oggi reale, quello che in altri momenti sarebbe sembrato improponibile: imprese che chiudono interi reparti perché produrre non conviene più dato che i costi superano i ricavi — osserva con preoccupazione il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini —. Per quanto si possa spingere il mercato ad accollarsi la maggiorazione dei costi, questo in molti casi non è attuabile e gli oneri rimangono del tutto o in gran parte in carico al produttore.
Gli effetti economici e occupazionali di questa situazione, potenziali e in parte già in atto, sono di drammatica evidenza. Una situazione su cui si profila anche uno spettro che, se si concretizzasse, sarebbe di impensabile gravità anche per gli aspetti energetici, oltre che per molti altri: quello di un possibile conflitto in Europa orientale.
Ma anche prescindendo da questa prospettiva purtroppo non inverosimile, la situazione è grave per le aziende, molte delle quali già provate dagli effetti della pandemia. Va sottolineato peraltro che, se sono le aziende riconosciute come energivore quelle in trincea, anche tutti gli altri settori, nessuno escluso, risente in maggiore o minor misura dell’aggravio della bolletta energetica. Confindustria sta giustamente pressando il Governo nazionale su questo tema, insistendo su entrambi gli aspetti cruciali della questione: la necessità di intervenire nell’immediato ma anche, e soprattutto, l’avvio di una vera e seria politica energetica, la grande assente dalle strategie nazionali degli ultimi decenni.
Nello specifico del territorio pistoiese sono tessile, carta, vetro e metallurgia a pagare il conto più alto”.
“La gravità della situazione è tale da costituire una sveglia per tutti coloro che fino a oggi hanno voluto ignorare il tema energia o lo hanno affrontato in termini puramente ideologici — aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Tiziano Pieretti, che è anche delegato per l’energia —. È giusto e opportuno lavorare sulla transizione energetica e infatti le imprese si stanno impegnando in questa direzione, anche se guardano con apprensione ai concorrenti di altri paesi nei quali vi è addirittura un ritorno al carbone.
Da noi, viceversa, emergono troppo spesso scrupoli ingiustificati anche verso le tecnologie più pulite: eolico, geotermia, idroelettrico, generazione di energia da rifiuti mediante termovalorizzazione, per non parlare del nucleare, incontrano ostilità preconcette. Occorre puntare sulla produzione nazionale di gas e su tutte le fonti possibili, rinnovabili e non, gestendo l’indispensabile transizione energetica con efficienza e pragmatismo; ripensare la geografia degli approvvigionamenti esteri; riformare il mercato elettrico. Non possiamo perdere tempo.
A Lucca sono energivore 296 imprese, che corrispondono al 22% degli addetti del manifatturiero; nel caso della carta ben tre quarti degli addetti fanno parte di imprese energivore, ma soffrono pesantemente anche metallurgia, gomma-plastica, lapideo, moda. Bastano questi dati per dare l’idea della portata del problema per il nostro territorio”.
“Con 1.600 aziende classificate come energivore e i corrispondenti 12.500 addetti, vale a dire il 28% del totale delle persone impiegate nel manifatturiero, Prato detiene nel territorio di Confindustria Toscana Nord il primato ben poco invidiabile di provincia più esposta alle conseguenze del caro-energia — conclude la vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Fabia Romagnoli —.
A determinare questo quadro è ancora una volta il settore di gran lunga dominante nell’economia pratese: il tessile da solo rappresenta quasi 1.500 aziende energivore, con 12.100 addetti, l’80% del totale del settore. Il tessile-abbigliamento pratese vive ormai da due anni un momento di difficoltà senza precedenti negli ultimi decenni. Da settore manifatturiero più provato dagli effetti della pandemia è passato, proprio nel momento in cui cominciava a risollevare la testa, a settore più marcatamente energivoro e quindi maggiormente colpito dalle impennate dei costi.
Le grida di dolore che si levano dai colleghi del settore sono pienamente giustificate ed esigono risposte, almeno nella misura in cui è possibile darne. Soluzioni immediate in grado di ovviare a questa situazione possono essere solo parziali, ma è indispensabile vengano attuate presto e bene, pena l’insostenibilità del carico aggiuntivo sulle spalle delle aziende: riduzione degli oneri fiscali, sostegni anche sul piano del credito e, non ultimo, assunzione del problema da parte dell’intera filiera e del consumatore finale. Fra gli altri settori, a Prato è la gomma-plastica quella che ha connotati più spiccatamente energivori, ma la bolletta energetica pesa su tutti, dal meccanotessile alla meccanica in generale, dall’elettronica alla metallurgia”.
[confindustria toscana centro]