NELLA SCHIZOFRENIA di stato che, grazie al signor Mattarella, a Conte, ai 5 Stelle, al Pd e a chi più ne ha più ne metta, compresi i 450 testoni strapagati (una vera e propria terza camera, non prevista dall’ordinamento costituzionale, ma ideata dalle zucche sotto vuoto spinto che pretendono di darci a intendere che ci stanno governando), si dice che si dovrebbe tornare in aula per i processi penali all’inizio della seconda decade di maggio.
Non è affatto d’accordo un avvocato penalista, Pamela Bonaiuti, e ci dice perché.
– È d’accordo su una riapertura dei tribunali l’11 maggio seppur con le dovute misure di sicurezza?
No. Quando sento dire, anche da autorevoli colleghi, che i palazzi devono riaprire purché si adottino le precauzioni di protezione onde evitare i contagi mi viene un brivido lungo la schiena. Mi chiedo: quali precauzioni possono essere adottate? Le stesse d’ inizio marzo 2020? Io c’ero in tribunale quando noi avvocati eravamo ammassati fuori dalle aule o peggio dentro le aule.
Ho stampato nella mente in data 9 marzo un processo con 50 imputati e altrettanti avvocati “stretti stretti” ove rispettare la distanza di sicurezza era impensabile. Siamo stati lì tutti assieme per almeno 30 minuti e solo grazie alla sensibilità del presidente del collegio che ci ha “licenziato” il processo non si è tenuto.
Quali garanzie per la nostra salute? L’Oms dichiara che “ non è il momento di allentare le misure e il Gimbe per bocca del suo presidente, dott. Cartabellotta, in linea con quanto dichiarato dall’Oms ha affermato: Se il parametro per la, seppur graduale, riapertura è il decongestionamento di ospedali e terapie intensive siamo quasi pronti; ma se non vogliamo rischiare una nuova impennata dei casi i numeri impongono la massima prudenza, sia perché alcune Regioni e numerose Province sono ancora in piena fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi della riapertura si vedranno solo dopo 2-3 settimane”.
Insomma si rischia, con la riapertura dei tribunali, la salute di chi ci opera e questo non posso accettarlo. Ci sono delle priorità e la salute è la prima di queste
Nel processo penale vige il principio dell’oralità che non è conciliabile con le misure di sicurezza che si pretende di adottare; mi spiega come posso difendere il mio assistito se devo stare almeno 1 metro 1 mezzo distante da lui? Mi spiega come posso fare una discussione e parlare al microfono per 1 ora o più con la mascherina? Non è possibile e contemporaneamente non può essere assolutamente derogato il principio dell’oralità, caposaldo del processo penale. Processo penale che negli ultimi anni è stato massacrato.
– Cosa comporta in pratica questo principio dell’oralità?
Il principio dell’oralità è il diritto dell’imputato ad un processo nel quale la formazione della prova avvenga attraverso contraddittorio fra le parti e facoltà di esame e controesame dei testi avanti ad un giudice. Il compianto Prof. Giuseppe Frigo, che ho avuto il privilegio di conoscere tanti anni fa, ha sostenuto con vigore il principio dell’oralità della prova, che si deve formare in aula, davanti a un giudice terzo, nel contraddittorio delle parti.
– Allora secondo lei quale sarebbe la soluzione da adottare?
Riapertura posticipata a settembre, con termini processuali sospesi per tutta la durata della chiusura, salvo urgenze e per urgenze intendo convalide arresto e interrogatori di garanzia.
Manca completamente una linea giuda da adottare, dobbiamo pretendere che la sicurezza delle misure anticovid sia certificata dall’organo di salute pubblica. Se un magistrato, un cancelliere si ammalano di covid, chi ne risponde? Il presidente del tribunale che, lasciato solo a se stesso, non ha adottato tutte le misure idonee perché le misure idonee sono di fatto inattuabili?
Di cosa stiamo parlando? Se non sono rispettate le misure perché di fatto sono inattuabili, io avvocato cosa devo fare, invoco un legittimo impedimento per ragioni di salute? Dobbiamo essere pratici e attuare scelte di buon senso per garantire la salute di tutti ed il buon senso, secondo me, impone di lasciare chiuso.
Non dobbiamo costringere a lavorare coloro che non possono permettersi di non farlo perché non hanno da dare da mangiare ai figli. Dobbiamo aiutarli con altre misure che non siano l’elemosina dei 600 euro al mese, ma misure più concrete; dobbiamo impedire che siano costretti a mettere a repentaglio la loro salute e quella dei loro cari perché devono portare la pagnotta a casa.
Siamo uno dei paesi con la pressione fiscale più alta di tutta Europa e il nostro stato in un momento come questo costringe i nostri professionisti a lavorare rischiando la vita? Non lo accetto.
Solo l’altro giorno la mia giovane collega di studio, l’avv. Sara Mazzoncini, è dovuta andare in procura e mi ha riferito che non vi è alcuna protezione; addirittura manca anche il gel igienizzante per le mani all’entrata
– Quali sarebbero secondo lei le misure da adottare per aiutare i professionisti?
Abolire il pagamento delle marche da bollo per l’estrazione delle copie degli atti per almeno 2 anni, abolire il pagamento per i prossimi 2 anni della Cassa forense, ridurre l’Iva dal 22 al 10% per almeno 2 anni, consentire l’accesso gratuito per almeno 2 anni a tutte le banche dati, abolire i costi dei parcheggi per gli avvocati per almeno due anni, abolire il costo dei biglietti ferroviari per almeno 2 anni. Permettere l’invio telematico degli atti processuali ed erogare, almeno fino a settembre, almeno 1000 euro al mese a coloro che fanno un fatturato inferiore a 50mila euro l’anno e cassa integrazione per il personale di segreteria.
– A Pistoia come è la situazione?
Secondo me è allarmante. A Pistoia purtroppo le aule non sono in grado di garantire la sicurezza di chi le frequenta. L’unica nota positiva è sicuramente l’impegno della presidente dell’Ordine degli avvocati di Pistoia, la collega Cecilia Turco, che si adopera molto per tutelare la salute dei suoi iscritti tenendoli aggiornati costantemente su tutti gli sviluppi del caso.