PISTOIA. Negli ultimi giorni l’Asl ha ricevuto alcune segnalazioni di lavoratori e datori di lavoro che chiedevano come tutelare la loro salute rispetto al potenziale contagio da coronavirus.
Se infatti la maggioranza delle attività di commercio al dettaglio (ad esclusione della produzione di beni primari) è stata sospesa con il Dpcm dell’11 marzo, numerosi lavoratori si trovano tutt’oggi ad operare senza che siano state messe in atto idonee procedure organizzative e procedurali per ridurne il rischio di contagio da coronavirus.
In particolare le segnalazioni provengono dal settore della sanità pubblica ma anche privata, dove i lavoratori si trovano ad operare anche senza le basilari tutele della salute quali i Dispositivi di Protezione Individuale (in questo caso le ormai note mascherine facciali filtranti p3, visiere, occhiali protettivi etc.), la cui consegna ai lavoratori in caso di rischio grave ed immediato è un obbligo dei datori di lavoro penalmente perseguito dal D.lgs. 81/08 e s.m.i.
Da quanto viene segnalato questi dispositivi di sicurezza, già carenti all’interno del presidi ospedalieri di Pistoia e Pescia, non sono stati consegnati agli operatori che effettuano le terapie assistenziali a domicilio (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, o.s.s.).
Bisogna pensare, pertanto, che in assenza delle misure precauzionali previste dal Titolo X “rischio biologico” del D. lgs. 81/08, nella scelta tra servizio da garantire e contagi da evitare deve essere data la priorità alla riduzione del rischio di diffusione del virus e quindi è doveroso considerare fortemente di sospendere o riprogrammare gli accessi terapeutici per i pazienti più esposti a rischio, effettuando esclusivamente le prestazioni che risultino non differibili e non derogabili.
Finora, grazie alla capacità decisionale di governo e politica sanitaria toscana, si è assistito a un rimpallo di responsabilità, ma nessuno ha avuto il coraggio (siamo in Toscana, Italia) di assumersi di fermare le terapie domiciliari non essenziali, quindi si va avanti senza alcuna limitazione del possibile contagio. Tanto per il Pd non abbracciare il prossimo è fascioleghismo!
Nel settore dell’industria invece il rischio di contagio è di natura interferenziale, devono essere pertanto messe in atto le misure organizzative e procedurali che possano garantire il rispetto delle distanze durante le lavorazioni.
Tale rischio si presenta in particolar modo quando nel luogo di lavoro sono presenti lavoratori di più imprese e dunque è necessario il coordinamento e la cooperazione dei datori di lavoro all’attuazione delle misure e degli interventi di prevenzione e protezione dal rischio coronavirus con la conseguente redazione di un Documento di Valutazione dei Rischi Interferenziali (Duvri) che raccolga le procedure di lavoro messe in atto.
La suddetta condizione si presenta anche nel comparto edile, dove l’attore principale nella gestione del rischio è il coordinatore in fase di esecuzione dei lavori che deve gestire il rischio assieme alle imprese operanti in cantiere redigendo opportune misure di prevenzione e protezione all’interno del Piano di Sicurezza e Coordinamento (Psc).
In linea generale a scopo precauzionale devono essere sospese le lavorazioni, sia negli stabilimenti industriali e artigianali sia nei cantieri edili, che non garantiscono il rispetto delle misure di prevenzione e protezione previste dal Dpcm del 8 marzo.
Il giorno 11 marzo il Direttore dell’Area Funzionale Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro della Asl Toscana Centro, dottor Maurizio Baldacci, ha inviato alle Procure della Repubblica di Pistoia, Firenze, Prato e Pisa una nota protocollata in cui si segnalava la sospensione dell’attività di vigilanza fino “a data da destinarsi”, “fatta eccezione per situazioni emergenziali legate ad infortuni sul lavoro e segnalazioni di pericolo per la salute dei lavoratori, eventuali deleghe d’urgenza delle singole Procure”.
Ad oggi non sembra che sia pervenuta alcuna risposta da parte delle Procure.
Quello che emerge è che l’attività di controllo della tutela della salute dei lavoratori, che si ricorda è un compito istituzionale delle Aziende Sanitarie Locali come previsto dall’art. 13 comma 1 del D.lgs. 81/08, è ad oggi sospesa.
In merito alle “voci” per cui la vigilanza nei luoghi di lavoro in relazione al rispetto alle disposizioni ministeriali (in merito ad un rischio biologico sanitario) non è competenza del Servizio Sanitario, è opportuno precisare che la vigilanza sul territorio dell’applicazione dei Dpcm “coronavirus” in combinato disposto con il D. lgs. 81/08 nei luoghi di lavoro, essendo tali decreti disposizioni aventi forza di legge, spetta sempre alle Asl territorialmente competenti.