I genitori insegnano la didattica ai docenti; i democratici insegnano la democrazia a suon di insulti, chiamando fascisti quelli che non la pensano come loro; i magistrati (fortunatamente non tutti) insegnano perfino grammatica, stilistica italiana e lingua petalosa dell’Accademia della Crusca e della Semola…
IL CARROZZONE VA AVANTI DA SÉ
CON LE REGINE, I SUOI FANTI, I SUOI RE
Nel mondo antico la preparazione professionale era certa e diretta. Per fare un mestiere occorreva studiare teoria e tecnica.
Luciano di Samosata produsse, ad esempio, un Come si deve scrivere la storia, invitando quelli che ambivano a fare gli storici, come Paolo Mieli, ad adeguarsi a certe regole.
Anche nelle scuole universitarie di giornalismo (Urbino, da me frequentata negli anni 70) si insegavano materie come Teoria e tecnica del giornalismo, cui seguivano le varie specializzazioni.
Oggi tutti insegnano tutto a metà prezzo – stile ordina un Glovo – e specialmente se non sanno farlo.
I genitori insegnano la didattica ai docenti; i democratici insegnano la democrazia a suon di insulti, chiamando fascisti quelli che non la pensano come loro; i magistrati (fortunatamente non tutti) insegnano perfino grammatica, stilistica italiana e lingua petalosa dell’Accademia della Crusca e della Semola. E il più delle volte la fanno… fuori dal vaso.
I giornalisti dell’ordine (quelli attovagliati al desco delle procure) però, non rispettano le famose cinque regole di 10 in amore: chi, come, quando, dove e perché.
Prendo spunto, stamattina, dai due articoli di Martina Vacca (La Nazione) e di Massino Donati (Il Tirreno). E rimprovero loro una colpa grave nell’avere omesso i nomi dei due genii come:
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il pubblico ministero o sostituto che ha formulato il capo d’imputazione del meccanico montano drogatore d’Olanda, e ne ha richiesto il rinvio a giudizio;
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il Gip che ha inflitto magnanimamente gli arresti domiciliari (e tutto il resto a seguire) al malcapitato, dichiarando, come da prassi, che gli indizi di reato erano molti e convincenti.
Secondo il mio modesto parere di piccolo scrivano fiorentino fino dal 1967, quei due nomi (che mancano in generale almeno nell’85% dei casi nelle cronache locali e forse non solo), quello del Pm/sostituto e del Gip, sono fondamentali per l’informazione.
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E lo sono perché la «gente comune», cara a Tom Col, sia a conoscenza delle eccellenze della procura che impacchettano il cittadino e lo spediscono in Geenna.
Ma forse – e voglio essere malfidato come Andreotti – certi nomi si tacciono perché… non sia mai che chiudano i loro rubinetti di informazioni di sottobanco destinate alla stampa! Perché, come ha detto di recente anche dall’avvocato Andrea Niccolai, chi può dare notizie di procura se non i lavoratori della procura stessa?
E non sia mai che il cittadino debba prendere coscienza della facilità con cui, a Pistoia (ma, forse, anche in tutta Italia), prima la gente si arresta e poi si discute.
Magari, poi, in aula, si manda un* sostitut* VPO impreparat*, che così si lavora meno e si fanno meno di quelle figure tanto care a Emilio Fede!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Bella la vita che sene va Vecchi cortili dove il tempo non ha età, i nostri sogni, la fantasia ridevi forte e le paura era allegria!