cronache di agrùmia. UNA VOLTA LE SCRIVEVA LA SIGNORA BLIMUNDA, OGGI LE SCRIVIAMO DA “LINEA LIBERA”…

Per Ciottoli e per Benesperi sarà bello aspettare fino al momento in cui sarà possibile pubblicare il malloppone delle intercettazioni telefoniche chieste (e accollate al contribuente) dal duo De Gaudio-Serranti, auspice il luogotenente Maricchiolo di Quarrata. E solo per un furto – perdipiù presunto! – di una chiavA…


Son contento e son giulivo quando béo l’aperitivo


E se il Ciottoli ’un mi vede

’un c’è gente che ci crede


 

Fui sceriffo un dì lontano: ora resto un ciarlatano

 

«Oh – disse Calandrino – è un bel paese, codesto. Ma dimmi un po’: dei capponi che
cuociono che se fanno?». Sono parole che il Boccaccio mette in bocca a uno dei suoi sciocchi prediletti.

Anche Agrùmia (alias Agliana) è stato un bel paese. Le sue cronache sono state scritte dalla Blimunda (alias la professoressa Milva Maria Ceppellini, ricca di profili Facebook fake), moglie di Alessandro Andrea Nesti, prima nemico giurato di Benesperi e Ciottoli, poi riabilitato dalla segretaria/sindaca-di-fatto, la signora Aveta, infine riconciliato dai due artefici della nullafacenza aglianese e dell’inciucio.

Le famose Cronache di Agrùmia, scritte, appunto, dall’aspirante scrittrice di iperurania fama per il suo libellum dal titolo di Ferite, sono state interrotte dopoché il sostituto Claudio Curreli ha deciso – con motivazioni stupefacenti davvero – di salvarla dal dover rispondere delle diffamazioni e degli insulti che v’eran contenuti dentro.

Non è stupefacente che un magistrato la scrimini e, improvvisamente, certi suoi scritti spariscano magicamente dal web subito dopo? Eppure – se ne era accorto Claudio Curreli? – Ella poco prima della cancellazione, si vantata di aver compiuto l’ultima parte delle Cronache stesse. Per fortuna le copie restano perché… scripta manent, cara avvocata Giunti che non sa il latino.

Ora le scriviamo noi, queste cronache, con qualche foto. Foto fresche e non di repertorio, che tirano calci al punto giusto a questa dis-amministrazione aglianese vanto di tre soggetti più o meno politicamente sgangherati. Lo posso dire, procura di Pistoia? I fatti parlano da sé.

Per Ciottoli e per Benesperi sarà bello aspettare fino al momento in cui sarà possibile pubblicare il malloppone delle intercettazioni telefoniche chieste (e accollate al contribuente) dal duo De Gaudio-Serranti, auspice il luogotenente Maricchiolo di Quarrata. E solo per un furto – perdipiù presunto! – di una chiavA.

Che goduria quando arriveremo a vedere in chiaro ciò che davvero è successo nella ridda/ressa/lotteria/estrazione a sorte (e a morte) del comando di polizia municipale di Agliana, non senza risvolti erotico-pruriginosi di Give me your sex / I want your sex: un assalto alla carovana in grande stile come in Ombre rosse di John Ford (1939); o un macello come in Soldato blu di Ralph Nelson (1970) o in Balla coi lupi di Kevin Costner (1990). Povero Ciottoli che, al momento, c’ha da spostare una macchina, è un diesel…

Poi, dopo le mosse a inciucio dei due Fratelli[ni] d’Italia e la divisione del pane e dei pesci (leggi 6 mila euro alla parrocchia tofanèa di San Piero), fresca fresca arriva la bussata al convento degli aglianesi da parte di don Paolo.

Nulla da dire. Ognuno può liberamente impiccarsi con la corda che più gli garba e al sicomoro che più gli aggrada. Ma non è affatto il caso di dimenticare che riaffiora – pur senza volerlo – tutto il gioco di sfumatura, come quando si fa l’arroso e si butta il vino nel tegame che si mette a fumare.

Le storie misericordiose dell’Artioli, della Signori, dei CC di polizia giudiziaria, della moglie dell’Artioli che si offende perché abbiamo scritto delle cazzate del marito (non ultima la storia del fallimento di Paolo Vagnozzi). Si deve continuare o basta così?

Così Agliana darà un futuro a tutti…

200 famiglie a 10 euro al mese – dice il non-correttore morale della Mise – da qui all’estinzione del debito di 300mila euro contratto dalla parrocchia per comprare e riadattare la vecchia sede del regno artiolico.

Il Vagnozzi, con una fattura in riscossione di 450-500 mila euro e la richiesta di appena 50 mila euro avanzata, al tempo, al direttore di banca Artioli, ebbe il trattamento del Vernacoliere e del suo Sommo Proeta: “Con la fia senza patente pigli multa e topa niente”. È agli atti del maxi-processo per bocca della moglie del Vagnozzi stesso, anche se a Corrado non è molto piaciuto.

In altre parole – mi chiedo – perché devo credere in dio, se anche i talleri vanno sempre e comunque ai ricchi, mentre i poveri (aglianesi compresi) se lo pigliano nel toppone o zipèppe che dir si voglia?

Un esempio chiaro. Se Corradino (non di Svevia, ma Artioli) avesse rispiarmato i 450-500 mila euro buttati un tribunali e avvocati per le vicende della Misericordia, oggi don Tofani, suo non-correttore morale, in rosso di 300 mila euro per l’acquisto della sede della fu Misericordia artioliana, non dovrebbe sbattezzarsi in cerca di 200 famiglie da 10 euro al mese: le 300 mila poteva allungargliele magnanimamente Corrado e, all’avvocata Signori, oggi presidentA della Mise, gliene sarebbero sempre rimasti in mano ancora dai 150 ai 200 mila, di euri.

È vero che i conti di don Paolo sono più sicuri, dato che è diplomato in ragioneria commercio estero al Pacini di Pistoia. Ma anche noi, pòeri non-professori, con un pallottoliere in mano qualche calcolo – a volte anche di fegato o di reni – si riesce pur a fare…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


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