CURIA: DON PAUL SERVIRÀ LE COMUNITÀ PEDECOLLINARI

Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia
Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia

PISTOIA. Pubblichiamo due documenti relativi alla corrispondenza intercorsa tra alcuni fedeli della diocesi di Pistoia e il Vescovo Tardelli.

Carissimo Mons. Vescovo,
chi le scrive è un gruppo di “fedeli” della parrocchia dell’Immacolata, persone di varie età, esperienze e mestieri, alcuni parrocchiani da sempre, altri trasferitisi più di recente, altri ancora “approdativi” da quando Padre Paul, appena tre anni fa, ne è stato nominato parroco.

Alcuni ne ricordano ancora “l’apostolato” sobrio e discreto, ma tanto sostanzioso, da lui svolto alcuni decenni fa, quando era ancora Diacono, in una casa famiglia affidatagli dal Vescovo Simone per l’assistenza spirituale e materiale ai malati terminali di Aids, una piaga a quei tempi assai più virulenta ed aggressiva rispetto ai giorni nostri ma, allora come ora, vero drammatico interfaccia del trapasso, spesso lancinante e prolungato nel tempo, dalla vita alla morte.

Così come oggi, ne abbiamo potuto apprezzare l’opera e la presenza riservata ma concreta che, sotto la sua guida, la arrocchia sta attualmente svolgendo a favore dei più indigenti.

Al termine della messa di domenica, abbiamo ricevuto la notizia della sua decisione di trasferire Padre Paul, destinandolo a curare le comunità di Piazza, Cireglio e Campiglio.

Nessuno disconosce il diritto-dovere del Vescovo di esercitare la propria autorità nella Chiesa particolare che il Signore gli ha affidato.

Non possiamo tuttavia nasconderla il nostro sgomento ed il nostro stupore, ed abbiamo deciso di scriverle questa lettera, convinti di esprimere i sentimenti di molti che frequentano la parrocchia dell’Immacolata e che possono anche loro, se si ritrovano con quanto qui riportato, apporre la loro firma.

Sgomento perché verrebbe a mancare una persona, accogliente, profonda, colta, le cui omelie aprono il cuore e la mente, fanno salire le lacrime agli occhi, strappano, a volte, un applauso nella loro, intensa, sinteticità.

Dove le confessioni sono tali perché le si desiderano, le si attendono, si gustano e se ne esce consolati e “redenti”.

Sicuramente anche Padre Paul, come tutti noi, ha i propri difetti ed i propri limiti. Dispiace però di aver appreso, che la Curia Diocesana, ed addirittura la Santa Sede, sia stata investita di lamentele e proteste, e siamo veramente dispiaciuti che, chi le sollevava, non abbia sentito il bisogno e la necessità di esternarle ed affrontarle nella comunità parrocchiale.

Stupore, non solo in quanto ci risulta difficile comprendere il motivo del preannunciato allontanamento di un sacerdote il cui percorso era all’interno della comunità, di fatto appena iniziato, ma anche perché Padre Paul ci ha comunicato la notizia con grande naturalezza e senza,

durante tutto il periodo antecedente (non sappiamo quanto lungo: mesi, settimane, giorni?) far trapelare alcunché, nessun indizio, nessuna particolare emozione, nessun accenno.

Questo, dunque, ci ha ulteriormente stupiti: in un’era nella quale tutti, nessuno escluso, tendono a spettacolarizzare ogni evento, a rendere pubblica ogni notizia, anche la più banale ed infondata, questa incredibile riservatezza ci ha, appunto, sorpresi e, ancor prima e di più, ci ha fatto apprezzare l’uomo ed il sacerdote che, servo della Chiesa, non può che rispondere “sì!”.

Ma, a ben pensare, questo è ed è stato Padre Paul: un sacerdote, e dunque l’uomo più amato e più incompreso, il più cercato e il più rifiutato, il più criticato; quello che, se è santo, viene ignorato, se è mediocre, disprezzato, se generoso, sfruttato. Nei momenti di bisogno ricercato ma, se vengono meno le necessità, dimenticato.

Ed allora se, per usare le parole di Papa Francesco, “Il vescovo è davanti ai fedeli per segnalare la strada, è in mezzo ai fedeli per delineare la comunione, il vescovo è dietro ai fedeli: perché i fedeli tante volte hanno il fiuto della strada “, le inviamo il nostro accorato appello, affinché mantenga Padre Paul al servizio della Chiesa, nel ruolo attualmente assegnatogli che, a quanto sapevamo, era previsto rimanesse tale per almeno altri sei anni.

Spezzare questo percorso, frantumare questa comunità, certamente da qualche tempo in evidente riaggregazione, sarebbe una grave perdita per la Parrocchia e per l’intera comunità diocesana.

Un gruppo di “fedeli” della Parrocchia dell’Immacolata

La chiesa di Valdibure
La chiesa di Valdibure

 

 

Carissimi fedeli delle parrocchie di Valdibure, Immacolata e Santo Moro,

vi scrivo sperando così di poter contribuire a rasserenare un poco gli animi e a vedere le cose con gli occhi della fede.

Vi scrivo come un padre e un fratello cui il Signore ha affidato il non facile compito di provvedere al bene di tutto il popolo. Comprendo benissimo il dispiacere e anche il dolore che può aver suscitato in voi la mia decisione di inviare don Paul come parroco in altre parrocchie. Tutto però deve restare dentro certi limiti, perché si tratta di cosa normalissima per i sacerdoti, i quali, prima che di una parrocchia, sono a servizio della diocesi, secondo le valutazioni del vescovo. Inoltre, non bisogna mai dimenticare che la comunità cristiana non si edifica attorno ad una persona ma attorno a Cristo Signore, di cui il sacerdote è solo uno strumento e un segno.

Vorrei che sapeste anche – ed è una confidenza – che questo turbamento fino alle lacrime, l’ho provato diverse volte io stesso e con me le persone che di volta in volta mi sono state affidate. Siamo però chiamati – noi sacerdoti e vescovi – ad andare là dove il Signore vuole, secondo le indicazioni di chi il Signore stesso ha messo sopra di noi.

Permettetemi di aggiungere ancora qualche considerazione. La prima è che se il vescovo invia un sacerdote come parroco in qualche parrocchia, ciò significa che lo crede capace di svolgere questo compito e di rappresentarlo presso il popolo di Dio. Don Paul non è stato “allontanato” ma gli è stato chiesto di servire altre persone, altri popoli, degni pure essi di attenzione, di rispetto, di amore e di dedizione.

La seconda cosa che vorrei dirvi e in questo rassicurarvi, è che il vescovo non decide d’impulso, senza riflettere e senza mettersi la mano sul cuore. Le sue decisioni, le mie decisioni, mi sforzo di prenderle sempre in coscienza. Non decido mai sulla base di chiacchiere o dicerie, sia ben chiaro, ma solo cercando il bene generale delle persone a me affidate, sacerdoti e laici, come dell’intera diocesi. In questo momento – e già da un po’ per la verità – c’era un bisogno urgente e indilazionabile: quello delle parrocchie di Cireglio, Campiglio e Piazza. Ho pensato e riflettuto. Ho ritenuto che don Paul potesse fare questo servizio. Gliel’ho proposto e ne abbiamo parlato. Ci siamo presi del tempo. Lui mi ha dato dei suggerimenti che ho valutato e accolto e quindi ha accettato ringraziandomi per la mia proposta.

La terza cosa che mi preme dirvi è che dovremmo sforzarci di vedere le cose con gli occhi della fede e non solo con quelli del corpo. Il bene che uno ha fatto, come in questo caso don Paul, agli occhi di Dio non va perduto. Rimane per sempre, depositato nel fondo del cuore di chi ne ha goduto. Porta e porterà frutto. Ciascuno di noi è solo uno strumento nelle mani del Signore, Chi ci guida e conduce è invece Lui, il Signore che certamente non vi abbandonerà. Il nuovo sacerdote che penserà a voi sarà sicuramente strumento di grazia per voi e i vostri figlioli.

Carissimi, vi invito a non cedere al lamento o alla delusione. Rendete grazie per il bene che avete ricevuto e godete del fatto che di questo bene, anche altri ne possano godere; infine pregate, pregate per le vostre comunità, per don Paul e la sua nuova missione e anche per me.

† Fausto Tardelli

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8 thoughts on “CURIA: DON PAUL SERVIRÀ LE COMUNITÀ PEDECOLLINARI

  1. Buona sera: mi spiace ma proprio non ci siamo caro Vescovo. Lei può dire quello che vuole, ma tutti e dico tutti qui sanno che questo è un allontanamento da una parrocchia dopo soli 3 anni (fatto inusuale) a causa di lamentele fasate sul nulla, di un esigua minoranza di persone, che non ha nemmeno il coraggio di farsi avanti e spiegare a tutti le proprie ragioni, che si parano dietro un anonimato per me personalmente davvero ripugnante, perchè così facendo si sottraggono al necessario confronto col resto della comunità e soprattutto non danno a Padre Paul nemmeno la possibilità di un chiarimento. Lei asseconda questo modus che con gli insegnamenti dei Vangeli non hanno nulla a che vedere. Personalmente non entrerò più in chiesa pistoiese fino a che Lei sarà vescovo e mi auguro che a Valdibure e all’Immacolata facciano altrettanto. E smettiamola di tirare sempre in ballo il volere divino. Io non credo alle sue parole.
    Massimo Scalas

  2. Concordo pienamente con Massimo e come lui, credo, difficilmente rientrerò in Chiesa, all’Immacolata, almeno durante la messa. Anche perché se Don Paul viene definitivamente sostituito da Don Alessio, non avrò più il piacere di partecipare ad una funzione con uno spirito che mi piace. Personalmente credo che Don Paul, a differenza di Don Alessio, sappia parlare alla gente in modo diverso e spesso migliore, credo lo dimostri anche il fatto della numerosa partecipazione alle funzioni dell’uno e non dell’altro. Non entro il merito della mezza dozzina di persone che hanno scritto le lamentele, credo però che, 6 persone non siano una comunità ma solo una conventicola, e che abbiano tanti problemi da risolvere con se stessi prima che con il loro Parroco. Problemi, presumo, entrambi sanabili con l’apertura mentale, il confronto e il perdono, qualora ce ne fosse bisogno.

  3. Buon giorno Filippo…lei è un inguaribile ottimista….a proposito della banda dei 6….questa è gente che se non ha imparato a confrontarsi sino ad ora…. gente così ce ne è sempre stata e sempre ci sarà: ringraziamo il cielo di non vivere più certe epoche storiche….sennò molti sarebbero già in viaggio su qualche vagone merci, grazie a certe letterine….la cosa triste è che prevalgono sulla maggioranza (e questo è tipico dell’Italia dove tutto va alla rovescia). Invito tutti gli estimatori di Padre Paul a passare dal sostegno morale a quello concreto. Lasciamo le chiese vuote: che ci vada il Vescovo a dir messa per quei 6, noi a casa! Coi nostri figli a insegnare loro a non fare queste cose e a leggere le parole di Cristo per quello che sono: e sono semplici, perchè destinate a persone semplici.
    Massimo Scalas

  4. Anch’io concordo con Massimo, indipendentemente dal fatto che lui non sia credente ed io sì. Ed è proprio per questo che mi sento di essere anche più esigente e di pretendere, da un vescovo, sincerità, e non questo parlare tortuoso ed ambiguo.
    Non so se il non rientrare più in una chiesa sia il modo migliore. Certo è che il popolo dei fedeli (o meno) fa bene a far sentire la sua voce ed a non comportarsi più da gregge (nel senso deteriore del termine).
    Per quello che conta, mi farò vedere alla messa delle 11 a Valdibure domenica prossima, sperando di essere a tempo per conoscere don Paul.
    Piero Giovannelli

  5. Buona sera Piero…non mi considero un ateo. Sono piuttosto certo che siamo altro che la materia. E penso che le parole e gli atti dei Vangeli siano davvero un compendio educativo per tutti. Pensi al mondo che sarebbe se solo applicassimo i 10 comandamenti…il problema è dare retta alle gerarchie di questa chiesa cattolica, che di vivere con più modestia non ne vuole sapere, che fa continuamente affari con i mercanti nel tempio e fuori e che quando c’è qualche prete in gamba che fa? Lo trasferisce. E quando c’è qualche prete pedofilo che fa? Lo trasferisce (e quasi mai lo consegna alla giustizia) e poi forse, con calma, con molta calma, e spesso anche no, lo riduce allo stato laicale (e non m’invento nulla se persino il Papa ha chiesto scusa alle vittime)…ripeto: via da questa Chiesa…basta baciare gli anelli: siamo nel 2015 e non c’è nulla di divino in certe decisioni. E se provassimo anche noi a far giungere in Italia un po d’Illuminismo? Perchè un conto è credere in un Dio, un conto è credere ciecamente ad un vescovo.
    PS. sulla Nazione c’è un articolo oggi che è davvero allineato: hanno avuto il coraggio di scrivere che in fondo 300 firme pro padre Paul non sono granchè dato che la comunità è fatta da 1500 fedeli….in pratica hanno preso l’anagrafe e li hanno trasformati in praticanti assidui….caro Vescovo: tutti sappiamo che i 300 che hanno firmato sono più o meno tutti quelli che vanno a messa e si danno da fare per la parrocchia e tutti sanno che gli altri 1200 in chiesa non ci mettono piede…da secoli…

  6. Grazie per le ulteriori precisazioni, Massimo. E’ tutto giusto, a cominciare, paradossalmente, dal fatto, che La Nazione, talvolta, è un giornale davvero scadente ed incapace di volare appena alto. In realtà, non ci prendiamo in giro! Trecento firme a Valdibure sono moltissime; non so se a Vicofaro, che in teoria, ha 5.000 “fedeli”, si raccoglierebbero.
    Comunque, alla luce di queste notizie, sono ottimista sul risveglio della gente. Quando, quarantasei anni fa, sempre da Vicofaro, venne trasferito a Pian degli Ontani don Renato Bellini (particolare che ho già raccontato), figuriamoci se si sarebbe potuto parlare di lettere al vescovo, raccolta di firme, o, udite, udite! sciopero della messa; tutti zitti ed obbedienti, e don Bellini (peraltro sempre vivente ed in discreta salute in quel di Vinci) fu rapidamente dimenticato dal popolo di Vicofaro.
    Piero Giovannelli

  7. No ma veramente credete sia un problema di fedeli? Davvero? Se fosse stato un problema dei fedeli di Valdibure, con due parroci nella stessa Parrocchia, non sarebbe bastato mantenere Don Paul solo alla Chiesa dell’Immacolata e tenere Don Alessio a Valdibure? C’è la necessità di fargli cambiare Parrocchia?

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