PISTOIA. Anche la seconda serata del Festival, ha tenuto. Va bene, non c’era il pienone dei Negramaro, ieri sera, ma tutto sommato, anche a Robert Plant è stata riservata un’accoglienza dignitosa.
L’ex cantante dei Led Zeppelin però, seppur orfano dell’amico batterista John Bonham e attualmente privo dell’amico chitarrista vivo Jimi Page, nonostante si sia presentato a Pistoia forte dei Sensational space shifters, la formazione con la quale, nel prossimo settembre, inciderà un Cd, ha esageratamente ricalcato le orme, indelebili, tracciate, dal 1968 al 1980, in compagnia dei suoi indimenticabili amici di cordata precursori dell’hard rock.
Sting – proveremo a condurvi lungo i binari delle nostre considerazioni -, una volta consumato il rito funebre di quel meraviglioso trio, ha dato vita alla seconda metà della propria carriera artistica inaugurando una stagione semplicemente straordinaria, forse addirittura più bella di quella folgorante e indispensabile alla storia e alla cultura del rock and roll battezzata con i suoi colleghi poliziotti.
Anche Paul McCartney, chiuso il leggendario capitolo dei Beatles, non ha voluto interrompere la propria creatività e anche se non è riuscito ad essere fertile e innovativo come il connazionale in divisa, si è correttamente e sideralmente allontanato dal sound scolpito con i suoi tre amici di Liverpool, inaugurando una linea musicale decisamente easy, ma per nulla evocativa dei suoi irripetibili trascorsi.
Corre voce che gli AcDc, in virtù della malattia che ha colpito la chitarra elettrica della band, nonché il loro padre spirituale, siano fortemente intenzionati a chiudere qui il loro meraviglioso viaggio. Anche i Queen, dopo la morte di Freddy Mercury, non si sono permessi il lusso, folle e sacrilego, di volerlo rimpiazzare con un’altra ugola.
Robert Plant invece, al di là di qualche doveroso omaggio riservato ieri sera al pubblico pistoiese con l’esecuzione di alcuni motivi dei Led, ha occupato buona parte dell’esibizione con i nuovi brani che comporranno la nuova registrazione e che sono, soprattutto questi, uno spudorato tentativo di disegnare qualcosa di nuovo sulla carta velina appoggiata sulle note di quello scritto con Page e Bonham.
La voce, comunque, nonostante l’età, l’operazione all’ugola e il drammatico incidente occorsogli, in gioventù, sulle strade della Grecia, conserva ancora, intatto, gran parte del fascino che lo immortalò seduttore incallito e rovinoso masochista. Peccato che abbia dato specifiche e tassative disposizioni circa il veto assoluto di fotografarlo direttamente sotto il palco, nemmeno dalle macchine sofisticate e autorizzate dei vari addetti ai lavori. Anche per i fotografi ufficiali, muniti di braccialetto, tessera al collo con tanto di qualifica, non è stato possibile, nemmeno nei tre brani iniziali, immortalarlo; si sono dovuti accontentare di riprenderlo di striscio, dai lati del sottopalco, gimkanando tra casse, microfoni e fasci di luce intermittenti.
Il pubblico delle prime file, però, non conosceva i suoi diktat e si è sbizzarrito con flash e quant’altro, a perpendicolare.
Contento Plant, contenti tutti!