DIFFICILE SAPERE «CHI MANDA LE ONDE»

Fabio Genovesi e Nicola Ruganti
Fabio Genovesi e Nicola Ruganti

PISTOIA. ”Sono convinto che se vi rivelassi, ora, come finisce il libro che sto presentando, non lo comprereste e, con molta probabilità, non lo leggereste nemmeno. Per lo stesso identico motivo, alla mia editor, ogni volta che mi chiede a che punto sia con il romanzo, le rispondo che sto scrivendo, ma che non ho la minima idea di dove voglia o possa andare a parare”.

Si è presentato così, nel pomeriggio, nella saletta interna della libreria Feltrinelli di Pistoia, in via degli Orafi, Fabio Genovesi, scrittore fortemarmino, invitato da Nicola Ruganti a presentare il suo ultimo romanzo, Chi manda le onde (Mondadori), uno dei candidati fortemente inquisiti ad aggiudicarsi il Premio Strega. Un’altra storia, parecchio simile, per fantasia e lirismo, ad altre precedentemente già scritte, pubblicate e tradotte in decine di Paesi, dagli Stati Uniti ad Israele. Un quadro, surreale, di una bambina albina fortemente miope che si ostina, comunque, a trascorrere interminabili ore sulla riva del mare, sorella, tra l’altro, di un ragazzo dal fisico scultoreo, abbronzatissimo, inguaribile tombeur des femmes, che poco o nulla hanno, entrambi, a che vedere con un bagnino in pensione, ossessionato dall’idea che i russi, che stanno saccheggiando la Versilia, gli comprimo la casa e che per questo, ad ogni finestra, ha posizionato un fucile.

E molte altre situazioni virtualmente paradossali, ma possibili, perché immaginabili e dunque ascrivibili a romanzo, un puzzle sociale che finisce per comporre un’improbabile famiglia nella quale, seppur a distanza, ognuno vuole bene, a suo modo, al prossimo.

“Non credo che mi possa permettere il lusso di concentrarmi e isolarmi attorno ad un solo personaggio – aggiunge lo scrittore versiliese incalzato dal moderatore di casa  –. Non è possibile. La vita, la vita di un libro, non può in alcun modo attenersi soltanto ai fatti circoscritti da quello che viene suffragato dalla realtà: quello è il mestiere del giornalista (che conosce perfettamente, visto che collabora con il Corriere della Sera e Glamour, n.d.r.). Con i romanzi succede tutt’altra cosa ed è quella che mi affascina di più. Ho iniziato a scrivere questo libro quattro anni fa. Ho iniziato concentrandomi su un bambino alla vigilia degli esami di terza media, che andava in giardino a studiare. Accanto, coperto da una siepe foltissima, un altro giardino, popolato da una famiglia rumorosissima, cafona, in buona sostanza. Con il tempo mi sono affezionato agli altri e ho lasciato, per strada, in balìa di se stesso, quel bambino nato e morto nel giro di un’ottantina di pagine”.

La saletta della Feltrinelli è gremita. Soprattutto da donne, tra l’altro giovanissime. E tutte molto divertite dalle analisi, oniriche e semiserie, di Fabio Genovesi, che scrive esattamente quello che riesce a percepire nella realtà, cioè tutto quello che si può riuscire a ricordare.

“Non so mai quanto possa essere lungo il libro che mi approccio a scrivere – conclude Fabio Genovesi  –, perché non ho la più pallida idea quante sollecitazioni riceverò durante la stesura. Scrivo con la penna. Per me, l’ultimo miracolo, è la televisione: non ho ancora capito come funzioni, ma continuo a guardarla”.

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