STRASBURGO-ROMA. Questa volta non è stata necessaria la definitiva pronuncia della Cedu, è bastata la suprema Corte di Cassazione.
L’’ex direttore de “La Stampa” Mario Calabresi non dovrà risarcire nulla alla società Acsel per una serie di articoli pubblicati sul quotidiano torinese 9 anni fa e ora ritenuti non diffamatori in cui si denunciava l’inadeguata gestione da parte della società dell’impianto di depurazione sul fiume Dora.
Lo ha stabilito la 3.a sezione civile della Cassazione con sentenza n. 14389 del 27 maggio scorso, ravvisando l’esimente del diritto di cronaca e respingendo definitivamente il ricorso della Acsel articolato addirittura in 44 motivi, cliccare quì per leggere la sentenza.
Si trattta di una ennesima sentenza tesa a caratterizzare l’orientamento del Diritto che, finalmente, sembra recepire quello della Corte Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) dove, il diritto di critica e di cronaca, sanciti dall’articolo 21 della Costituzione Italiana, sono sacrosanti e bene preservati al rispetto dei giornalisti che li usano in funzione di tutela della comunità democratica.
I giornalisti, lo ricordiamo ancora, sono “cani da guardia della Democrazia”.
Rilevante la specificazione della Suprema corte sul maldestro tentativo dell’Avvocato di Acsel (parte appellante) di rimettere in discussione – ovvero riproporre alla valutazione di merito – alcune questioni che erano impossibili da trattare in sede di appello di legittimità.
La Corte di Cassazione è notoriamente (ma non ancora per tanti giuristi, ci pare) una corte di legittimità, che qualifica solo gli aspetti formali della sentenza appellata e non deve introdurre valutazioni sul “merito” della controversia, non più trattabili, se non a Strasgurgo dalla Corte europea.
Alessandro Romiti
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