(dis)integrazione. BASTA IPOCRISIA: IL CONCERTO PER IDY DIENE È UNA FARSA

Momenti di tensione alla manifestazione per l’omicidio di Idy Diene

FIRENZE. Anche i ragazzini dovevano ficcarci nella loro retorica terzomondista che ha portato le coscienze all’ammasso, i cervelli chiusi in soffitta e un tragico omicidio, che ha avuto come vittima un senegalese, trasformato nell’ennesimo caso nazionale a prova del razzismo che imperversa in Italia. 

Se parlassimo di disonestà intellettuale sminuiremmo la portata della questione: Idy Diene, a differenze di cosa raccontano i soloni fiorentini dell’accoglienza tout court, è stato ammazzato non per razzismo, bensì per una semplice e lucida follia. Roberto Pirrone avrebbe ucciso chiunque altro, e gli inquirenti hanno infatti fin da subito eliminato la pista del crimine razziale.

Ma la comunità senegalese ha voluto interpretarla come meglio riteneva opportuno, creando il terreno fertile utile per il solito spettacolo indegno fatto di violenza e teppismo, abbattendo qualunque cosa si parasse davanti. Biciclette che volavano, vasi lanciati a terra, con Nardella che tentava inutilmente di spiegare che il razzismo non c’entra proprio niente, finendo col beccarsi anche un bello sputo in pieno viso.

Siccome è ora di finirla d’essere sensibili e comprensivi con chi non nutre minimamente rispetto per noi e per gli sforzi che continuamente facciamo, bando alle ciance: in un paese che voglia definirsi normale, una situazione del genere verrebbe immediatamente repressa tramite l’uso della forza, mettendo la famosa comunità senegalese di fronte ad un bivio: o vi uniformate a ciò che le autorità vi stanno dicendo, oppure raccatterete una tal quantità di manganellate che potranno bastarvi per gli anni a venire. Qui invece no: coccole e comprensione.

La pletora di commenti strappa lacrime e la massa di appelli ai sentimenti di accoglienza, di rispetto e di umanità sono l’inutile tentativo di vestire questa situazione (nata da una tragedia, nessuno lo nega) in modo inappropriato: per quale motivo si devono appellare ai buoni sentimenti se si tratta di un omicidio come un altro?

Pamela Mastropietro, vittima della barbarie di alcuni adepti della mafia nigeriana importata tramite barcone, a quanto pare non meritava né fiaccolate né concerti: lei è una delle tante vittime sacrificali costrette ad immolarsi per la giusta causa: riscrivere l’ordine della società e della cultura italiana importando il terzo e quarto e quinto mondo sulle nostre coste.

È una sorta di suicidio? Sì, ma a quanto pare questi sono tempi in cui in molti ambiscono a perire col

Dietro i buoni propositi si celano altri piani

sorriso ebete stampato in faccia. Proprio come con l’eutanasia: si ritiene che la morte sia la miglior soluzione per il malato; dunque l’Italia affetta da odio e pregiudizio deve esser prima macellata e poi venduta al miglior offerente.

Se non credete che sia in corso un vero e proprio progetto di sottomissione all’islam e all’immigrazione afro-islamica, leggetevi il libro di Giulio Meotti “Il suicidio della cultura occidentale” di cui abbiamo già parlato e che in molte sue parti si limita ad elencare numeri, e i numeri non sono contestabili. 

Ecco, il concerto organizzato contro questo presunto ma inesistente razzismo è la miglior prova della perenne menzogna che siamo costretti a sorbirci e che ci viene propinata come slogan: voi siete razzisti, voi siete cattivi, voi avete colonizzato, voi siete responsabili di tutti i problemi, e a voi e solo a voi spetta l’onere di riparare a questi torti inflitti: dovete annientarvi, distruggervi, spaccare le vostra fondamenta per fare posto ad una nuova cultura che noi abbiamo deciso debba essere quella dominante.

Mentre suonate le vostre canzonette piene di buone propositi, tra lumini e peluche e camminate al chiaro di candela, non vi siete accorti di essere irrimediabilmente stonati?

[Lorenzo Zuppini]

Print Friendly, PDF & Email