La tragica e “insostenibile leggerezza dell’essere” è determinata, a Pistoja, dalla predisposizione, quasi genetica, del locale “antico panajo” che impastava per gli eserciti romani in transito verso il Nord, nei confronti del potere. Bottegaj affetti da ruffianaggine commerciale: il cliente ha sempre ragione
E IL CITTADINO SE BEVE TUTTO
SI LEVA LA SETE CON IL PROSCIUTTO
Detto fra noi e solo come battutaccia irriverente di quelle che tuttavia possono illuminare una vita come un coup de foudre, nella gerarchia del potere di Pistoja il rapporto tra panaj (di qualsiasi estrazione sociale) e Terzo Piano di Coletta è quello che passa dinanzi ai nostri occhi, per pochi istanti, nell’incontro del Marchese del Grillo con Aronne Piperno l’ebanista, che ha da riscuotere il conticino per i lavori effettuati su alcuni mobili del nobile.
Il marchese può essere visto come la procura; il povero malcapitato Piperno incarna alla perfezione il perseguitato dall’ingiustizia istituzionale delle cosiddette «autorità costituite»; e la figura dell’amministratore del marchese è lemblema-simbolo della pistojesaggine (Bergoglio) in carne ed ossa.
La pistojesaggine si inchina, sempre e comunque, a prescinderre, alla volgare rozzezza della sopraffazione, esattamente come l’amministratore dai ricciolini sulla fronte si china a sostenere viscidamente le tesi del nobile Onofrio, che non paga il Pipero perché: primo ha sbattuto un ginocchio nell’armadio restaurato dal falegname – anche se il Piperno che c’entra?
Poi – peggio ancora – il Piperno è un giudeo; e i suoi antenati hanno costruito la croce su cui fu inchiodato Cristo e… il marchese può essere, o no?, ancora un po’ incazzato perfino dopo secoli del deicidio di quasi duemila anni prima?
L’amministratore culilinguo, asseconda le tesi bislacche di Onofrio né più né meno dei confettaj conformisti di Pistoja – molti dei quali perfino nobilmente e orgoliosamente alumni (= allevati) dal glorioso, quando caduto in basso, Liceo Forteguerri.
Il dramma della “poistojesaggine doc” non è quello della mediocre e vacua ruffianeria moccicosa che s’inchina a magistrati indegni che rifiutano di intercettare la Lucia Turco o che, come Curreli e sua moglie, lavorano nello stesso palazzo d’ingiustizie non perché legittimo e consentito, quanto perché ciò, pur noto a Roma e altrove, è volgarmente, indegnamente, impunemente, vergognosamente, disonorevolmente tollerato dai nostri valorosi organi in cancrena dello stato di Mattarella.
La tragica e “insostenibile leggerezza dell’essere” è determinata, a Pistoja, dalla predisposizione, quasi genetica, del locale “antico panajo” che impastava per gli eserciti romani in transito verso il Nord, nei confronti del potere. Bottegaj affetti da ruffianaggine commerciale: il cliente ha sempre ragione.
E per cosa, in fondo, se non per un misero piatto di lenticchie rifatte, segnate dall’etica del «non svegliamo il can che dome» tradotto in «carezziamo i magistrati per il verso del pelo altrimenti graffiano»?
Se la pistojesaggine è questa, bella la mia sinistra antifascista che ha ininterrottamente sempre sulle labbra le briciole di una Costituzione insanguinata ma inutile e nulla.
Insanguinata per liberare il popolo da Benito e consegnarlo poi – molto più pericolosamente – a un potere, quello giudiziario, al quale la sinistra ha messo in mano i propri coglioni e quelli del popolo che, con le idee democrtiche di un Baffino D’Alema, può andare a farsi massacrare in guerra perché… finché c’è guerra c’è speranza.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
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E ricordatevi – teste il Pm capo Coletta – che a Pistoja la procura sbaglia “solo” per il 23%.
Un tasso da BCE della Lagarde, quella tucana!